Banche? Di semi, grazie

Esistono nel mondo banche davvero particolari e sono quelle dei semi, create per salvaguardare i diversi tipi di semi dalle modificazioni generate dalla crisi climatica. Sono state realizzate per preservare la biodiversità in tutto il mondo e anche per garantire la sicurezza alimentare. Si tratta di un sistema di stoccaggio di semi comuni e rari che potrebbe tornare utile in caso il nostro Pianeta fosse messo a dura prova dalla crisi climatica e quindi fosse oggetto di qualche catastrofe biologica. Sono chiamate anche Banche del germoplasma e ne esistono più di mille in tutto il mondo. Esse sono delle vere e proprie reti per lo scambio e la salvaguardia di questi preziosi elementi. I semi sono conservati non solo perché rari, in alcuni casi essi sono anche vulnerabili e quindi vanno in un certo senso protetti. Non sono tutti di uso alimentare.

Alcune di queste banche sono a scopo di lucro ma non tutte, come la Millennium Seed Banck che è la più grande al mondo e che è nata da un progetto internazionale del 2000 nel  West Sussex, quindi nella zona sud-orientale dell’Inghilterra. Qui i semi sono conservati in celle refrigerate che si trovano nel sottosuolo. C’è poi la Svalbard Glombal Seed Vault che si trova nelle isole Svalbard, in Norvegia, nata da un progetto del Fondo mondiale per la diversità delle colture ed è finanziata dal governo norvegese. Il suo scopo è quello di essere una rete di sicurezza per evitare la perdita del patrimonio genetico tradizionale delle sementi. La struttura è a prova di incidente nucleare o aereo.  E la Global Crop Diversity Trust che si dedica alla conservazione dei semi di colture a livello globale che sono fondamentali per l’alimentazione umana, come orzo, avena, piselli, patate, riso, mele, fagioli e via dicendo. Questa banca opera secondo un trattato sottoscritto da più di 30 paesi.

La banca dei semi a Svalbard

Anche in Italia esiste una banca dei semi, progettata dalla Società Botanica in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente. E’ una vera e propria rete di banche di germopalsma per la conservazione di semi della flora italiana. Esistono anche altre banche in Italia oltre a quelle della rete ufficiale, come la Banca di Pietracuta gestita da Civilità Contadina o quella del Lazio nata all’interno del progetto Orti erbe spontanee, o ancora quella in provincia di Lecce, cioè la banca  dei semi salentina.

Nel mondo c’è anche una donna che si sta battendo in favore della preservazione dei semi ed è Vandana Shiva, attivista indiana ambientalista che si batte per cambiare i paradigmi dell’agricoltura nell’alimentazione. Si impegna in senso ecologico in quanto è una delle maggiori esponenti del vegetarianesimo e sta divulgando il concetto che gli allevamenti intensivi sono tra le cause maggiori delle emissioni di Co2 e quindi della crisi climatica che stiamo vivendo.

Vandana Shiva

Vandana Shiva si batte per mantenere la biodiversità considerata vera e propria ricchezza a rischio per le attività delle multinazionali che sono orientate a raccolti ad “alto rendimento”, cioè monoculture che alla lunga desertificano il terreno e all’uso di concimi e fertilizzanti chimici che nuociono all’ambiente.

C’è chi ritiene il modello proposto da Vanda Shiva impraticabile a livello globale in quanto si chiederebbe all’intero mondo di ritornare ad un periodo pre industriale. Ma lei stessa sostiene che quando i sistemi dimostrano ampiamente di non funzionare, come il nostro (soprattutto quello occidentale), forse vale la pena fare un passo indietro. La sua battaglia sul fronte dei semi è anche quella di evitare assolutamente l’utilizzo di Ogm, ovvero organismi geneticamente modificati. Quelle di Vandana Shiva potrebbero sembrare posizioni radicali, eppure meritano un’attenta riflessione soprattutto alla luce degli attuali fenemeni atmosferici violenti che stiamo vivendo.

Bianca Folino