Chi si colloca in una fascia di età over 50 (o anche solo over 40 per i più precoci) ricorderà che agli albori della nascita di Internet (fine anni ’90) una delle tematiche più discusse era la pirateria musicale a cui, seppur con risultati meno considerevoli, si aggiungeva quella cinematografica.
È stato soprattutto nei primi anni 2000 però che sono iniziate a vedersi le prime cause legali contro semplici utenti di internet ma anche contro siti o inventori di programmi che permettevano il download di interi cd o film di prima visione. Artisti e case discografiche si posero in prima linea nella conduzione di una battaglia contro chiunque scaricava illegalmente (che a quei tempi significava senza pagare i diritti d’autore) e non furono pochi i siti web chiusi ed i fruitori arrestati. I più colpiti erano ovviamente quelli che scaricavano per poi rivendere ma anche chi faceva il download per solo uso personale rischiava una denuncia.
L’avvio massiccio della pirateria avvenne con l’avvento di Napster , sito che attraverso la connessione con server collocati in svariate parti del mondo consentiva mediante una semplice ricerca di entrare in possesso dei cd di recente pubblicazione ma spesso anche di gran parte del catalogo dei musicisti. Durò qualche anno ma poi venne chiuso e, al suo posto arrivò il più famoso Emule (funzionante ancora oggi) che attraverso il sistema del peer to peer (in pratica la connessione attraverso vari pc personali mediante l’utilizzo di un software apposito) che ricostituì anche meglio la situazione che si era venuta a creare con Napster.
In aggiunta nacquero anche altri siti che oggi chiameremmo “cloud” ma che in realtà erano semplicemente dei “depositi” su server (Rapidshare e Mediafire tra i precursori) che, una volta venuti a conoscenza dell’apposito link consentivano di scaricare anche da qui cd o film di prima visione.
E continuarono sempre più accese le dispute tra i titolari dei diritti d’autore e gli utenti che giunsero alla fine a un accordo sostenendo che se il download era effettuato per fini non commerciali era da considerarsi non perseguibile.
Da circa un decennio hanno però iniziato a diffondersi in modo massiccio nuove piattaforme che improvvisamente consentivano la fruizione di musica di ogni genere in modo del tutto gratuito utilizzando il c.d. “streaming” e cioè l’ascolto in diretta apparentemente senza consentirne il download. Il caso più eclatante è quello di Youtube: collegandosi al sito e senza pagare neppure un centesimo si può ascoltare grosso modo la quasi totalità della musica in commercio e soprattutto anche le famose “rarità” . Con questo termine intendiamo brani mai pubblicati e registrazioni di concerti fatte da privati con smartphone (ma a volte con mezzi anche molto più professionali) che una volta si chiamavano bootleg e da cui a molti appassionati sono derivati diversi guai giudiziari in quanto considerati illegali mentre oggi posso essere inseriti senza alcun problema sulla piattaforma a disposizione di tutti. La circostanza più strana è che per caricare un video registrato ad esempio durante un concerto bisogna fornire i propri dati personali che però a prima vista sembra non interessino a nessuno perché altrimenti chi compie un atto di questo tipo dovrebbe essere perseguitato violando la legge sul diritto d’autore ancora in vigore almeno nel nostro Paese. Ma chi frequenta Youtube sa benissimo che mai nessuno è stato denunciato per questo motivo. Ed è anche falso sostenere che da Youtube non si possano scaricare i video o anche semplicemente la parte audio visto che una semplice ricerca su Google con la frase “free download from Youtube” vi elenca non solo una numerosa serie di software gratuiti e non attraverso i quali si possono “trasferire” nel proprio hard disk tutte le canzoni che vogliamo ma addirittura si viene a conoscenza che si possono “scaricare” anche utilizzando dei siti web senza bisogno di installare alcun programma. Ovviamente la stessa cosa è possibile anche per altre piattaforme. Ed a questo punto sorge la domanda: ma qual è la differenza tra questi metodi ed il vecchio e buon Emule considerato in altri periodi la causa della drastica riduzione dei guadagni dei musicisti ? E la risposta è molto semplice e sta nel fatto che chi si collega alle principali piattaforme per ascoltare gratuitamente la musica (e parliamo anche di Spotify, Apple Music, Amazon , Bandcamp e Mixcloud solo per citare le più diffuse) spesso lascia i propri dati personali (nella gran parte dei casi elencando gusti e abitudini) che probabilmente sono abbastanza redditizi da consentire di pagare le spese di gestione di queste piattaforme oltre a provvedere al pagamento, in misura minima, dei diritti d’autore.
Chi avesse dei dubbi provi a registrarsi su uno dei siti citati sopra e, come d’incanto, vedrà la propria casella email affollarsi di messaggi (a volte nello spam e a volte nella posta in arrivo) in qualche modo ricollegabili alle informazioni fornite in fase di registrazione ma indesiderati e di certo non sollecitati. Emule, a differenza di questi nuovi progetti tecnologici , garantiva invece l’anonimato e non comportava la ricezione di decine email promozionali da parte dei fruitori.
Queste nuove piattaforme digitali non solo hanno cancellato qualsiasi discussione in tema di “pirateria musicale” ma hanno contribuito a modificare sensibilmente la modalità di ascolto della musica. In un altro secolo era frequentissimo essere invitati a casa di un amico per ascoltare in gruppo il disco che aveva appena comprato: La musica era un elemento di aggregazione e condivisione. Oggi, soprattutto tra i giovani, la fase dell’ascolto è stata trasformata in un evento individuale a seguito della diffusione di cuffie di ogni genere che tendono ad isolare gli individui. E si è sempre più consolidata l’idea che il supporto fisico (cd e/o vinile) sia del tutto inutile avendo accesso, tramite anche il più economico degli smarthphone a tutto ciò che si può desiderare di ascoltare in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo.
Purtroppo l’esperienza (e l’età) ci hanno insegnato che quando qualcosa è troppo semplice da fare dobbiamo diffidare. Chi può garantirci, visti gli sviluppi della tecnologia di questi ultimi anni, che tra un decennio avremo ancora la possibilità di accedere gratuitamente a questa enorme discoteca dove ogni suono è disponibile ? Da veri collezionisti compulsivi continuiamo a preferire la via del download (ormai legale) non trascurando, quando possibile, di gioire nuovamente ogni volta in cui sfoglieremo il booklet di un cd o maneggeremo un vinile.
A chi volesse approfondire l’argomento consigliamo la lettura del libro di Simon Reynolds “Retromania. Musica, cultura pop e la nostra ossessione per il passato”.
Carlo Pulici