Di Sicilia e di Spagna, di Conti e di Re

Ricorre quest’anno il secentesimo anniversario della morte del conte Bernardo Cabrera, spagnolo di nascita, siciliano di adozione, anzi ibleo, uomo dalla vita straordinaria, di grande ingegno e tempra, vissuto nell’ultimo scorcio di un Medioevo che vide la rinascita del mondo conosciuto e la scoperta di uno nuovo, ma che nel territorio della Contea di Modica, dove lui visse e morì, continuò a mantenere le sue regole e le sue leggi non scritte, in un regione a profondissima vocazione agricola dove i lavori nelle campagne continuarono ad esser svolti di “suli in suli”, da sole in sole, dall’alba al tramonto, sette giorni su sette. Ricostruire la vita di Bernardo Cabrera, intrecciata con le vicende storiche e politiche del tempo, richiederebbe una trattazione ben più lunga e prolungata. In questa sede ci si limita a dare solo qualche indicazione di massima per raccontare di un uomo, della sua lunga permanenza in Sicilia, delle sue avventure e della sua ricerca personale di potere, del quale fuori dal mondo ragusano poco si conosce.

Bernardo IV, visconte di Cabrera, nasce in Spagna, il giorno di san Lorenzo del 1352 nel castello di Hostalric. Appena dieci anni dopo, il nonno, Bernardo II, accusato di tradimento, viene imprigionato e decapitato, e, mentre il figlio e i nipoti fuggono dopo aver perso possedimenti, titolo e ricchezze, tocca a Timbor de Fellonet, nonna di Bernardo, ristabilire lo status ante, con la determinazione che solo una donna può avere: lei, in un mondo di uomini, ricerca la verità, rende giustizia al marito morto, ne ottiene la riabilitazione e rientra in possesso dei beni confiscati. Uomo freddo e calcolatore, uomo del suo tempo, seppe destreggiarsi tra feudatari, re, regine in fuga, ed ebbe la grande fortuna di trovarsi al momento giusto al posto giusto, il che gli permise di dimostrare le sue peculiarità e la misura davvero notevole delle sue capacità.

In un mondo complesso storicamente, fatto di lotte intestine tra fazioni diverse, tradimenti conclamati e altri più o meno nascosti, Bernardo visse in prima persona il passaggio dall’età normanna a quella sveva, complicato dalla forte presenza aragonese in terra di Sicilia, dove la cacciata degli Angioini, nei giorni dei Vespri Siciliani, aveva precluso all’isola qualunque contatto con il Regno di Napoli, il Papato, il mondo di Giotto e di Dante, quello delle Università di Napoli e Salerno e con il mondo svevo che aveva consacrato giuristi e amministratori competenti. In questa grande confusione, Bernardo Cabrera, sempre fedele alla Corona di Spagna, trova il suo momento quando viene nominato da Pietro I d’Aragona Ammiraglio della flotta spagnola con l’intento di recarsi in Sicilia, abbandonata alla più completa anarchia per le discordie tra i baroni, per ristabilire con un intervento militare l’ordine. Nonostante il rinvio di anni, Bernardo arriva in Sicilia nel 1390, ne riconquista il territorio in nome del nuovo re Martino I e, per le benemerenze acquisite, gli viene concessa l’investitura della Contea di Modica e anche i territori di Ragusa, Modica, Scicli, Chiaramonte, Biscari (oggi Acate), Comiso, Monterosso, Giarratana e Spaccaforno (l’odierna Ispica).

Sanluri – Castello

In pratica, geograficamente, l’area che oggi corrisponde alla maggior parte della provincia di Ragusa. “Sicut Ego in regno meo e tu in Comitato tuo”, la formula che ne sancisce l’investitura e che gli permise di diventare così il primo feudatario in terra di Sicilia, Almirante, Maestro Giustiziere e Capitano Giustiziere di Palermo. Si sposò con Timbora d’Aragona e da lei ebbe tre figli, Bernardo V, Timbora e Sancha. Di lui si conoscono anche sette figli naturali. Rimase legato alla Contea di Modica nonostante le vicende che lo portarono lontano per qualche anno dalla Sicilia, al seguito del Re Martino I, morto in Sardegna per malaria, o, come ci tramanda un cronista dell’epoca, per sfinimento dopo giorni d’amore con la bella di Sanluri, donna hermosissima, “di forme leggiadrissime tanto perdutamente di lei si invaghì, che egli trovò nell’abuso il termine dei piaceri”. Bernardo ritornò in Sicilia, dove visse fino al 1423, quando l’epidemia di peste che imperversava sull’isola ne causò la morte.

Tra le sue volontà, Bernardo aveva lasciato scritto di voler essere seppellito nella sua Contea probabilmente per rimarcare la sua posizione politica o, anche, se vogliamo dare una connotazione più romantica, per amore verso una terra che tanto gli aveva dato. I suoi resti, quelli del figlio Bernardo e della moglie, vennero traslati nel Duomo di san Giorgio dopo il terremoto del 1693. Questo sta ad indicare di quale importanza fosse ancora, dopo due secoli, il Casato dei Cabrera, al punto tale che persino dopo una catastrofe così grande i sopravvissuti si premurarono di cercarne i resti nella Chiesa distrutta di san Nicola e di trasferirli nella sagrestia del Duomo di San Giorgio, dove riposano. Due curiosità prima di chiudere: a Ibla, la strada di snodo che conduce dalla parte degli Archi a quella della Piazza porta il nome dei Cabrera, mentre a Pozzallo la torre massiccia e possente che si trova accanto al mare ne ricorda le sue vicende. Ancora: lungo la strada che da Ragusa porta a Modica, una roccia a forma di capra (animale che si ritrova nello stemma di famiglia) racconta di una leggenda nata dopo la morte del Conte. In questa mia terra dove la fantasia accompagna da sempre i giorni degli abitanti, si racconta che proprio sotto quella roccia è stato seppellito il tesoro favoloso dei Cabrera: per trovarlo occorre seguire un rituale contorto e confuso , che nessuno fino ad oggi è riuscito a portare a termine. E il tesoro dorme ancora là, tra sterpi e pietre, in attesa che qualche coraggioso o meglio qualche fortunato riesca ad impossessarsene.

Adriana Antoci