Divorzio all’italiana

Il divorzio in Italia è una realtà legale fin dal 1974, ma per chi ha deciso di sposarsi in chiesa non basta andare da un avvocato. Occorre annullare il matrimonio e per questo la Sacra Rota è ancora in auge. Per la chiesa cattolica il matrimonio è un sacramento perpetuo e non può essere sciolto per nessuna causa, ad eccezione della morte di uno dei due coniugi, così come recita l’articolo 1141 del Codice di diritto canonico. Ma quando questo sacro vincolo proprio non funziona allora gli sposi possono decidere di far ricorso alla Sacra Rota per avere l’annullamento.

Prima del 74, anno in cui il referendum ha confermato la legge Fortuna-Baslini sul divorzio, i coniugi anche se non credenti avevano solo la possibilità dell’annullamento, ma dovevano rivolgersi al Tribunale noto come “Sacra Rota” appunto istituito con bolla papale nel 1331 da Giovanni XXII.Il tribunale ecclesiastico è composto da una giuria di prelati uditori scelti dal Papa e ha l’autorità per dichiarare nullo il sacramento del matrimonio. Una cosa diversa dal divorzio legale quindi. Le competenze della Sacra Rota non sono limitate solo a questo, ma si estendono a tutti quei casi riguardanti il diritto canonico.

Un matrimonio può essere annullato secondo alcuni requisiti: malattie mentali, minore età, bigamia di uno dei due coniugi o vocazioni ecclesiastiche. Contrariamente a quello che si crede il diritto canonico non condanna la sterilità, ma l’impotenza sì, in quanto il matrimonio deve essere comunque “consumato”.Anni fa ci volevano tempi lunghissimi per avere l’annullamento di un matrimonio ma dal 2015 il tribunale ecclesiastico è stato riformato da Papa Francesco che ha voluto rendere le procedure più rapide suddividendo l’iter in ordinario (1 anno) e breve (30 giorni). Il costo per annullare il proprio vincolo matrimoniale va da 1.600 a 3.000 mila euro. Ma c’è anche il gratuito patrocinio per gli indigenti, per rendere accessibile l’iter a tutti.

Il termine “rota” risale al sedicesimo secolo e ci sono diverse ipotesi sulla sua origine. Qualcuno fa risalire il nome alla tavola in cui sedevano gli uditori che era rotonda, o dalla forma della sala dove si riunisce il collegio. O ancora c’è chi sostiene che nella sala, sul pavimento si ci sia una lastra circolare di porfido che simboleggia il potere divino. Altri dicono invece che il nome deriva da uno scaffale circolare, dotato di ruote, dove venivano sistemati i documenti relativi ai procedimenti.

Redazione