“Dottor Smile” è questo il titolo dell’ultimo libro di Cosmo De Gioia che entra a far parte della squadra di autori targati PlaceBook Publishing & Writer Agency. Un romanzo che parla di malattia e sorrisi, di sofferenza e speranza, perché sono le cose in cui De Gioia crede fermamente: tutti noi siamo chiamati a vivere dolori, ma a volte un semplice sorriso apre la speranza di guarigione. E di un futuro migliore. Cosmo De Gioia, classe 1985, è nato a Molfetta, in provincia di Bari e lavora nella grande distribuzione. Appassionato di scacchi quanto di scrittura, coltiva anche un amore per l’astrologia e la fisica quantistica. Lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.
In tre frasi racconta ai lettori chi è Cosmo De Gioia?
Sono una persona a cui piace viaggiare con la mente. Nel passato ricerco gli affetti perduti, nel futuro proietto i miei obbiettivi, nel presente abbraccio tutte le possibilità che mi si presentano. Gioco a scacchi a livello agonistico, un gioco meraviglioso e produttivo che consiglierei a tutti. Amo pormi degli obiettivi, cerco sempre di fare tutto ciò che mi piace fare, mi impegno sempre a guardare le cose sotto un’altra prospettiva.

Com’è nata la passione per la scrittura?
Tendenzialmente sono una persona piuttosto introversa e di poche parole, ma con uno spiccato senso di osservazione critica e pensieri creativi. Nella scrittura spesso trovo rifugio in tutto quello che avrei voluto dire ma non ho avuto la forza di farlo, ma è sopratutto un modo per dare vita a qualsiasi creazione che nasce nella mia mente. Per me scrivere rappresenta un banco di lavoro. Prendo appunti su qualsiasi cosa susciti il mio interesse e curiosità nell’arco di una singola giornata, per evitare che questi mi sfugga dalla mente, la annoto su un pezzo di carta o sul mio smartphone; poi successivamente elaboro il tutto, magari assieme ad altri appunti, e il progetto di un qualcosa comincia a prendere vita. La passione per la scrittura risale ai tempi delle medie, quando sin da allora vedevo delle potenzialità a un livello più alto, anche dietro dei semplici giochi. Da un semplice gioco che crea musiche, ho creato dei cd con suoni inediti fatti a mio piacimento, dal semplice gioco dell’oca, ho creato una mia versione a tema spaziale con le mie regole, un gioco di carte comune l’ho trasformato in uno a mio piacimento, con tanto di immagini poste. Insomma, la creatività scorre da sempre nelle mie vene, la voglia di fare quel qualcosa che all’improvviso entra nella mente e si alimenta solo di costanza e positività. Ho iniziato a scrivere il mio primo libro “In cerca di noi” quando avevo già abbastanza materiale accumulato, doveva solo essere messo in ordine; ma il fattore spronante che mi ha attivato realmente è stato la scomparsa di mio nonno, a cui volevo un bene infinito. Quando cominci a crescere e a perdere dei punti di riferimento importanti nella tua vita, allora cominci a vedere le cose sotto un’altra prospettiva, cominci a dare un peso diverso alla vita, a dare più valore alle cose che lo meritano davvero, a salvaguardarle. Quattro anni fa ho perso mia madre, alla fine il cancro ha vinto su di lei, e per me è stato devastante. Trovare il tempo e la forza per scrivere è diventato sempre più difficile col tempo, a causa degli impegni lavorativi; spesso ho dovuto togliere del tempo alla mia famiglia e fatto diverse ore piccole, pur di persistere in un progetto che doveva essere completato. Alla fine però gli sforzi vengono sempre premiati, e ad oggi continuo sempre a coltivare questa mia sana e bella passione che mi sta dando tante soddisfazioni.
Ci sono autori che ti ispirano?
Sinceramente nessuno. Amo dare libero ascolto alla mia creatività, partendo dalle cose più concrete e reali, fino ad arrivare a quelle totalmente create in stile fantasy.
E come hai scelto il titolo di questo libro?
In giro ci sono molte persone bene o male benestanti che si lamentano di non vivere una vita ottimale, vivono nella mediocrità, faticano a trovare l’ottimismo e sono privi di sogni. Poi ci sono persone che non hanno nulla nel vero senso della parola e sorridono trovando felicità nei gesti più semplici, e quelli che lottano contro una malattia cercando di opponendo una lunga resistenza, rimanendo comunque ottimisti nei confronti della vita. Negli ultimi anni ho perso anche la mia cara amica di infanzia Angela a causa di questa bestia del male, e i ricordi dell’adolescenza legati a lei hanno contribuito a creare una storia che in qualche modo le rendesse omaggio e parlasse anche di lei. Ho pensato ai suoi ultimi periodi in ospedale, alle sue difficoltà, ho pensato a mia madre e al suo ottimismo incrollabile; ho immaginato storie di molte famiglie e diverse problematiche, al dolore straziante della perdita di un figlio.

Perché hai scelto di parlare di malattie?
Ci sono molte malattie aggressive che ad oggi sono ancora incurabili, agiscono silenziose e quando si presentano non si può fare già più nulla. Anche quando si crede di aver cancellato il male, questo col tempo ritorna, purtroppo. L’esperienza di mia madre mi ha insegnato a sorridere sempre e comunque, ho potuto capire quanto sia importante il fattore mentale quando ci si trova ad affrontare un nemico che vive costantemente dentro di te, non ti lascia mai, e vivi di ansia e preoccupazione. Credo molto nelle potenzialità del sorriso, sono convinto che a suo modo possa incidere in modo positivo su ogni fronte, e credo anche che sia un ottimo alleato affianco ai farmaci per lottare il male in tutte le sue forme. Bisognerebbe, però, insegnare a sorridere, o a farlo più spesso, perché pare che si sia persa questa sana e semplice abitudine, che non costa nulla ma ci arricchisce tanto all’istante.
E perché i protagonisti sono bambini?
Che cosa amano in maniera infinita i genitori? I figli. Per loro darebbero la vita, farebbero di tutto pur di donare sempre amore e felicità, per loro renderebbero la malattia meno pesante. Ho pensato anche al dolore più estremo che un genitore può subire: la perdita di un figlio. Agli occhi di un genitore, indipendentemente dall’età, un figlio rimane sempre un bambino o poco più di un adolescente, la mente viaggia molto facilmente a ritroso nei suoi ricordi, ricordando tutti i bei momenti di quel bambino, la sua scalata alla crescita. Il sorriso di un bambino è potente, contagioso, accarezza il cuore.

Credi ci sia una differenza tra il modo di vivere le cose dei bambini e quello degli adulti?
Credo che abbiamo da imparare anche da loro. La spontaneità, genuinità, voglia di vivere, sono degli ideali troppo importanti che molto spesso si vanno perdendo con troppa facilità ai giorni nostri. Molto spesso la soluzione di un problema risiede in come ci si approccia a livello mentale. Se un adulto può fare affidamento alla sua razionalità ed esperienza, il bambino pur non riuscendo a risolvere un problema, riesce a rimanere allegro e fiducioso delle sue capacità. Un bambino è un pozzo di creatività, un sognatore deciso che sperimenta ogni giorno e si prende tutto ciò che la vita gli offre.
Quanto un sorriso può lenire il dolore?
Veramente tanto. Pensiamo che molto spesso è proprio chi soffre che ci regala quell’ultimo sorriso, quello più importante, ma questo avviene solo se siamo stati noi a seminarlo in precedenza. Se in un qualsiasi ambiente si ride spontaneamente, c’è sicuramente un clima disteso e felice, quanto più avviene di frequente, tanto più siamo sereni e portatori di ottimismo. Quando ridiamo, reagiamo alle difficoltà e prendiamo fiducia in noi stessi, ci ricarichiamo e ritorniamo ad essere guerrieri. È importante sentirsi attivi, vivi, e questo dobbiamo impegnarci ad esserlo noi per primi e poi trasmetterlo a chi ne ha realmente bisogno. La mente può fare grandi cose, e io ne sono convinto; paradossalmente avremo sconfitto il male se solo non permettessimo alla nostra mente di pensare che ci fosse.
E quanto il dolore e la malattia fanno parte dell’esperienza degli esseri umani?
Puoi rimanere freddo e distaccato da tutto ciò che ti circonda, ma poi quando improvvisamente quell’evento drammatico e inaspettato ti colpisce direttamente, allora la musica cambia. La vita è imprevedibile, le sorprese possono essere felici o molto dolorose e purtroppo non siamo noi a decidere il quando e come debbano accadere. Impariamo ad apprezzare le cose più piccole e a trasformarle in grandi, perché l’imprevedibilità della vita potrà metterci a dura prova se non sappiamo reagire. La sofferenza è uno status emotivo che ci accompagna a vita, se solo ci aiutassimo l’uno con l’altro, anche minimamente ma concretamente, tutto il mondo girerebbe meglio.
Che messaggio vorresti arrivasse ai lettori?
In primis, vorrei che chiunque leggesse “Dottor Smile” si sentisse un po’ più sollevato, alleviato dai sui pensieri negativi e ritrovasse l’ottimismo perso. Considero questo libro come una sorta di terapia, dagli effetti minimi e fievoli rispetto ad una malattia o un lutto, ma su quel poco ci conto molto. Ho scritto questo libro immaginando ogni singola scena nella mia mente come se fosse realtà, un film, ma non drammatico, di gioia e speranza. Mi sono sforzato di creare una storia inventata ma che potrebbe essere realtà per molte persone, ho cercato di trasmettere quante più emozioni possibili affinché il lettore si immerga totalmente, arrivi a vedere e sentire con i miei stessi occhi. Quello che mi sento di dire è: “Abbiate la forza per andare sempre avanti, sforzatevi di ridere sempre, siate sempre curiosi e…ponetevi degli obbiettivi realizzabili”.

Stai già scrivendo qualcosa di nuovo?
Attualmente sto completando un nuovo libro, non manca molto, si tratta di un manuale, ma non vi dico di più. Subito dopo mi preparerò a raccogliere materiale per scrivere un quarto libro, sarà a tema scacchistico, tra manuale tecnico e autobiografico; voglio mettere in campo tutta la mia esperienza acquisita e il mio sapere, al servizio di tutti coloro che si approcciano per la prima volta a questo gioco stupendo, o che vogliano migliorarsi. Poi ci sono i progetti, diversi cantieri aperti di cui ho già scritto i potenziali titoli, trame e persino raccolto materiale fotografico che possa aiutare l’ispirazione. Tra questi ci sono: “Ludvic”- “Il venditore di sogni” – “A un passo da te” – “I giardini dell’eden” come progetti futuri. “Fiori d’arancio” e “Tout la mound to la rue” come progetti più vicini. Insomma, è un cantiere aperto che promette di sfornare tante belle storie, il tempo alla fine mi potrà dare torto o ragione, il fattore imprevedibilità ci metterà del suo, soprattutto gli impegni lavorativi e la stanchezza, ma io nel frattempo continuo a coltivare questa mia passione come ho fatto fino ad ora, perché il solo scrivere mi fa stare bene.
Qualche sogno da tirare fuori dal cassetto?
Amo molto scrivere i miei obbiettivi annuali direttamente sul calendario della mia scrivania, affinché siano ben visibili ogni giorno; ne scrivo sempre pochi ma che siano il più possibile necessari e soprattutto potenzialmente realizzabili. Devo dire che fin ora sono in linea con il mio progetto di vita, diversi obbiettivi sono stati raggiunti, altri sono stati posticipati, ma penso possano essere ancora realizzati. Quando ero un ragazzino volevo diventare un calciatore, lo desideravo realmente, purtroppo mi sono fidato delle persone sbagliate e non ho saputo approfittare delle poche occasioni che mi sono presentate, poi di colpo mi sono ritrovato ad aver esaurito il mio tempo e il treno della vita si è allontanato ormai definitivamente da me. Oggi ho imparato a crearmi il futuro con le mie mani, a non sprecare il tempo invano, a sfruttare ogni possibile opzione che possa dare un cambiamento alla mia vita. Mi piace avere diverse strade aperte a mia disposizione che mi facciano sentire vivo e attivo, le mie passioni sono una di queste, la scrittura è sicuramente quella che mi sta dando più soddisfazione. Ma…c’è un obbiettivo bello grande a cui sto puntando, un sogno che spero non rimanga tale, non posso dire di più, se non quello che il disegno del mio progetto è in linea con l’obbiettivo finale!
Bianca Folino