“Viaggiare è un po’ morire” recitava un antico detto. Ma a quanto pare non solo, viaggiare è un processo che favorisce l’apertura mentale in quanto ci fa entrare in contatto con altre culture. Ma viaggiare fa anche aumentare l’empatia? Il dicorso è piuttosto complesso e ci sono diversi ipotesi e studi (soprattutto provenienti dagli Stati Uniti) in merito. Vediamo prima di tutto il significato di empatia che è quella capacità di mettersi nei panni degli altri e quindi di assumere un diverso punto di vista dal proprio. Questa capacità, che non sempre è innata ma che può essere appresa e comunque aumentata, produce comportamenti compassionevoli verso gli altri.
Secondo i ricercatori viaggiare ha effetti sui percorsi neurali del cervello ma non è confermato che produca o accresca le nostre capacità empatiche. Chiaramente parliamo di viaggi e non di turismo, dove per viaggi si intende l’incontro con altre culture e persone che vivono in modo diverso dal nostro. Gli studi effettuati mettono in luce come andare in giro per il mondo faccia risaltare le connessioni con le altre culture. E se non tutti gli studiosi sono concordi nell’ammettere che questo incontro con altre persone e stili di vita possa favorire l’empatia, è chiaro che in determinate circostanze possa aprire la via all’empatia. Del resto viaggiare ci aiuta a liberarci anche da alcuni luoghi comuni su popoli e usanze del mondo, soprattutto se non ci facciamo coinvolgere da percorsi squisitamente turistici e ci dedichiamo davvero a conoscere il paese che stiamo visitando.
Ecco, sicuramente il viaggio può diventare un mezzo per un confronto con i propri pregiudizi, consci e inconsci. E nel momento in cui noi stessi siamo disposti a metterci in gioco in tal senso, ecco che anche la nostra mente si apre alla conoscenza, cercando di farlo in modo obiettivo e scevro, il più possibile, dai condizionamenti che ogni persona riceve dalla propria cultura. E’ pur veroche viaggiare non implica necessariamente entrare in empatia con il paese che visitiamo e con le persone che incontriamo. A meno che non parliamo di viaggi particolari, come i cammini dove è implicito che oltre al silenzio si è alla ricerca dell’incontro con l’altro. I compagni di viaggio allora diventano fondamentali come coloro che incontriamo lungo il cammino.
Certo siamo ormai lontani dall’epoca del Gran Tour quando i giovani completavano la propria educazione proprio attraverso un viaggio. Questa era un’usanza che si è sviluppata soprattutto in Europa. E spesso oggi confondiamo il settore turistico con quello dei viaggi. Viaggiare non è certo approdare ad un resort dove non ci si muoverà per tutto il periodo se non per gite preconfenzionate. Viaggiare è rimasto per molti un’esplorazione di paesi ma anche di se stessi in un certo senso. Quindi, se non è stato dimostrato un legame evidente tra empatia e viaggio, non viaggiare potrebbe equivalere a chiudersi in se stessi e ad altre persone e culture. Il viaggio da sempre è sinonimo di conoscenza , del mondo e di noi stessi. A patto che in valigia, oltre alla curiosità, mettiamo anche un certo grado di preparazione sul paese dove siamo diretti e di rispetto per qualcuno che vivrà in modo diverso dal nostro.
Redazione