Poesia e pittura insieme, unite dalla musicalità di un verso. Questo hanno fatto Lorella De Bon e Roberta Vasselli nella loro silloge “Framment-Azioni” edita dalla Placebook Publishing & Writer Agency. De Bon, classe 1968, è un’operatrice olistica che naviga tra la poesia e l’accoglienza degli altri. E’ già conosciuta per aver pubblicato sempre con Placebook la silloge “Identità minerali” e per essere stata selezionata per l’antologia “Donne d’amore” uscita in occasione delle celebrazioni dell’8 marzo. Vasselli è nata a Mestre e spazia tra numerosi interessi artisti che vanno dalla letteratura ai video,dalla pittura alla fotografia. Dal 1998 collabora con musicisti. Abbiamo fatto una breve chiacchierata con loro e la proponiamo ai lettori di Kukaos: R sta per Roberta Vasselli e L per Lorella De Bon.
Perché avete scelto di scrivere un libro a 4 mani?
R: È una sinergia stimolante. Ricordo l’entusiasmo, una scelta di “casualità volontaria”. Nella contemporaneità di un momento storico, in cui il mondo è contaminato da interconnessioni e pandemia, e in cui ogni social app racchiude un altro mondo parallelo di fuga. Era fine luglio 2020, io e Lorella scrivevamo di quadri via WhatsApp. Da tempo, ci eravamo ripetute di scrivere un libro a due. È partito uno scambio entusiasta di immagini, ai quali aggiungevamo la nostra poesia. Così, nell’immediatezza di quell’attimo, stavamo già scrivendo questo libro con naturalezza disarmante. Come sempre, nella stima e amicizia reciproca che ci accomuna da molti anni. Il collante successivo, è stato Alberto Barina della PlaceBook Publishing, che ha portato alla luce il nostro lavoro.
L: Per me è stata una scelta del tutto naturale e spontanea, che Roberta ha accolto subito con entusiasmo. La nostra lunga amicizia e la stima reciproca hanno fatto il resto. Il risultato di questa collaborazione si è poi concretizzato grazie ad Alberto Barina, un amico e poeta di lunga data, curatore della collana “Gli Ippocampi” della PlaceBook Publishing. Insomma, questo libro è nato all’insegna dell’Amicizia.
Ripetereste questa esperienza?
R: La creatività, nei modi differenti di percepire, rende inaspettato il risultato di una condivisione artistico letteraria. Non ne influenza né disciplina il corso, apporta una visione più ampia di genere e significato. Il connubio rafforza il valore poetico, ne delinea un ritratto ad hoc. Non è semplicemente scrivere, ma un erudire del verso. È vergare ogni opera con differenza di mood, e segni caratteriali. Fornendo una visione multifocale. Per ogni quadro, dal significato assoluto che pone l’artista creatore, se ne compone un altro; quello della sensibilità osservatoria di chi riceve l’immagine. La poesia rappresenta la chiave di lettura personale, non la spiegazione. Un quadro è come una poesia: si osserva in silenzio e ci si addentra in quello spazio mai conosciuto prima. Questo tipo di esperienza, va assolutamente riproposta.
L: Ripeteremo, ne sono certa. Le collaborazioni sono sempre preziose occasioni di confronto e di crescita.
Ci spiegate il titolo, ha un significato particolare?
R: Il titolo è il perno su cui si regge la struttura, per me ha valore importante. Non è facile, né scontato trovarlo. Molti fissati su carta e lasciati là. “FrammentAzioni” nasce dai “frammenti”, i quadri vari, che tramutano la visione in “Azione” di scrivere. Il titolo parte da una mia foto scelta per la copertina, e che si prestava al gioco. Sono le nostre schegge di poesie. Sono milioni di particelle che penetrano in chi ammira, esplodendo in immagini, colori e parole. Un’inclusione attiva, che esorta a trovare i molteplici significati nelle varie contaminazioni poetiche.
L: Se ben ricordo, il titolo è scaturito dall’immagine che abbiamo scelto per la copertina. Si tratta di una foto scattata da Roberta, un bicchiere azzurro frantumato. Ecco, quei pezzi di vetro sono le nostre poesie: frantumi che, nell’azione della ricomposizione, restituiscono delle immagini. E quelle figure siamo noi, io e Roberta, sono le opere che abbiamo scelto e utilizzato quali fonti primarie d’ispirazione.
E cosa è per voi la bellezza?
R: La bellezza è soggettiva, ma ha una sua realtà oggettiva. È il mondo senza l’orrore del male, lo sguardo puro di un bambino, le fusa di un gatto, la riconoscenza di qualsiasi animale per averlo salvato. È la fedeltà di un cane. Il volto segnato dal tempo di un anziano che ti abbraccia, la semplicità di un gesto, I prati a primavera, i fiori di marzo che esplodono al sole, lo spazio infinito dell’azzurro del mare, un racconto letto tra le foglie al vento, la libertà assoluta di essere ed esistere. Una poesia di un quadro che non finisce mai.
L: E’ tutto ciò che riesce a infondermi pace. E’ lo stupore, l’emozione che quando arriva toglie il fiato e chiede di essere portata alla luce. E’ la poesia che leggo, una due tre molte volte, e ogni volta mi parla di cose nuove, mai viste prima.
Quale ruolo può avere la bellezza oggi nel mondo?
R: Il mondo ha necessità di svilupparsi attraverso l’armonia di più aspetti: natura, animali, luoghi, uomini. Gli uomini, per ultimo, perché noi siamo di passaggio. Abbiamo l’obbligo di conservare, e non distruggere, ciò che sono i beni collettivi. L’arte sublima l’esistenza, sia essa: foto, musica, scultura, teatro, danza, performance, racconto, quadro, poesia. La bellezza è anche psicologica, va nutrita e compresa. Viviamo di bellezza, ma le azioni di molti sono spesso frutto di intenzioni a fini di lucro e malvagità. Il ruolo della bellezza, quindi, è primario: senza di essa, saremmo privi di qualsiasi aggettivo che riconduca ad un benessere elettivo e d’importanza assolutamente necessario per continuare ad esistere come specie. Se vogliamo che la bellezza salvi il mondo, noi dobbiamo salvare la bellezza.
L: Il suo potenziale è enorme, sarebbe capace di cancellare il Male dalla terra. E’ la vera “arma” segreta che i potenti dovrebbero possedere, ma che invece ignorano. John Keats ha scritto: “Una cosa bella è una gioia per sempre:/ cresce di grazia; mai passerà/ nel nulla; ma sempre terrà/ una silente pergola per noi, e un sonno/ pieno di dolci sogni, e salute, e quieto fiato…”
E la Poesia?
R: La poesia, purtroppo, ha una platea di non moltissimi estimatori, coloro che ne sono attratti “lettori e autori” viaggiano su un canale dedicato. Prevalgono i romanzi, e altri generi, ma il raffronto è improponibile. La poesia è la sintesi, un flash che spettacolarizza in poche righe tutta la potenza della creatività in pochi versi. Eppure, è banalizzata. Spesso sono proprio le case editrici che non la trattano, temendo di non guadagnarci abbastanza. Un concetto errato, che preclude la strada a tanti bravi autori che sanno scriverla. Ho spesso parlato di poesia, è ritenuta un risultato di scolastica elementare, o di livello poco apprezzabile. Sono tanti a non capirne davvero il senso. Assurdo, no?! La poesia non necessariamente parla di amore smielato, che fa venire il diabete; è un colpo rapido, un sentire dentro, l’arte di un pensiero che si tramuta in parole. Un “prodotto” considerato spiacevolmente di “nicchia”, che invece dovrebbe essere masticato continuamente a scuola, nei libri, dentro la testa. Imperversare, per ricoprire il brutto che l’uomo crea nel mondo. E non c’è incentivazione alla poesia, quella con la P maiuscola. Molti allora, restano con l’idea che essa sia addirittura inutile; scrive pensieri che mai nessuno leggerà, esiliati in quei vecchi diari con il lucchetto. Altri invece intasano il web o autoproducono qualcosa che somiglia alla poesia ma non lo è. E con troppa merce non buona, anche il resto risulta ai meno convinti qualcosa di cui poterne fare a meno. Spero avvenga una controtendenza inaspettata. La gente venga educata ed attratta dal saper leggere in modo corretto una poesia, tanto breve per quanto così durevolmente importante.
L: La Poesia sale di diritto sul carro della bellezza e si fa bella. E con la bellezza condivide le poche gioie e i molti dolori. Purtroppo, viviamo in un momento storico in cui l’immagine e il cattivo gusto la fanno da padroni. La Poesia, tra tutte le arti, è quella a cui viene offerta minor visibilità perché non costituisce un importante ingranaggio nel meccanismo perverso dell’economia. Le stesse case editrici, tranne poche eccezioni, non pubblicano raccolte di versi preferendo altri generi e non sempre a tutto vantaggio della qualità. Insomma, è il mercato a fare il prodotto. E il mercato, diseducato alla bellezza e alla poesia, chiede affannosamente altro.
Come può la Poesia farsi azione?
R: Mentre nasce, la poesia, è già una potente azione. È protesta, proclamo, amore, liberazione. Parla schietta d’orrore, incomunicabilità, malattia mentale, ambiente, socialità. Del dolore dell’anima, o della gioia. Dell’abisso della depressione, del mare o del nostro vivere da “viandanti a tempo” a volte con gli occhi chiusi. Perché si può vedere senza osservare. Il male più grande è non sapere cosa c’è al di sotto delle parole, rimanendo eternamente superficiali. La poesia scarnifica, con azione dirompente, scava, fino alle ossa: arriva dritta, come un proiettile, al cuore passando per stomaco e testa.
L: La parola è già azione. Nell’atto di scrivere diamo una forma concreta a ciò che prima era nascosto. Diamo una possibilità di comprensione all’incomprensibile. Il gesto del “dare visibilità” è proprio della parola scritta. Il problema, semmai, risiede nella lettura. In Italia troppe persone scrivono, molte si incensano inopportunamente, pochissime leggono i versi altrui, la maggioranza ignora la Poesia. E “chi non si aspetta la poesia, neanche la riconosce” ha scritto Celan.
Che importanza hanno per voi i ricordi e la memoria?
R: I ricordi sono lo scheletro sui quali cresciamo. Noi fuori, loro dentro. Restano per sempre, si stratificano assieme alle cellule nervose che sono i cassetti che apriamo quando ci serve qualcosa. I cassetti sono la memoria. Noi siamo un assemblamento di tante azioni e pensieri, un puzzle perfetto e sincrono di parole e memoria. Chi saremmo senza identità? Come scriveva Pirandello: “Uno, nessuno centomila”. Una continua crisi identitaria che non ci rappresenta e che ci rende invisibili al mondo. Un grave attacco all’esistenza è perdere sé stessi nel labirinto del tempo. Perché, come accade nel morbo di Alzheimer non si ritorna più.
L: Sono l’ossatura attorno alla quale far crescere il proprio presente e il futuro. Belli o brutti che siano, i ricordi costituiscono un enorme serbatoio al quale attingere, e non solo a favore di scrittura. Chi perde la memoria viene privato della propria identità. Un’immagine può aiutarci a comprendere l’importanza del passato: una statua di Matsuo Basho. Poeta giapponese del ‘600 e gran camminatore, è stato raffigurato nell’atto di camminare in avanti, ma la sua testa è leggermente volta all’indietro, a suggerire di procedere nella vita senza dimenticare chi siamo stati, cosa abbiamo fatto e chi abbiamo incontrato.
In questo libro avete legato i vostri versi ad alcuni quadri, l’arte è sempre universale?
R: L’arte dovrebbe essere sempre universale, lo è, con alcuni ostacoli creati dalle differenze di lingue. La traduzione, per differenze di sintassi e grammatica si traduce nel percepito di chi interpreta. Ritengo comunque importante il “viaggio” che intraprende una poesia tradotta, anche se può perdere nel passaggio l’originalità. I quadri dopotutto sono universali, esposti come le poesie ad una personalizzazione. Ciò che comunicano, possono arrivare diversamente. Il fulcro resta sempre l’opera primaria. “L’Urlo di Munch” è la rappresentazione di un dolore, il dolore in versi si traduce in input, chi riceve trasfigura mentre è inondato da sensazioni ed emozioni potenti.
L: Sì, l’Arte utilizza un linguaggio universale, che è quello delle emozioni. Ma la Poesia trova un ostacolo proprio nello strumento che le permette di esistere: la lingua. Le traduzioni, infatti, non possono rendere esattamente il “sentito” del poeta, ma devono affidarsi a chi, attraverso il proprio sentire, cerca di rendere al meglio lo spirito originario. Mi piace pensare che una poesia tradotta è una poesia nuova, che va a sommarsi a tutte le poesie che nascono ogni volta che una persona legge dei versi: un patrimonio inestimabile.
In che modo il connubio tra arti diverse può essere vincente?
R: Si vince quando s’interagisce a 360 gradi, quando gli altri s’immedesimano in noi e viceversa. Ritengo estremamente importante la collaborazione tra artisti di generi differenti. Tutto aiuta a crescere e comprendere, a evolversi ed erudirsi anche laddove pensiamo di non farcela. L’interattività è alla base di una crescita consapevole e dinamica. È estremamente importante che più elementi s’interfaccino. Mostre di quadri con performance poetiche, letture di poesie con danze classiche o moderne. Credo siano formule vincenti, che apportino forza e maestosità. Lo spessore del quale possiamo avere bisogno, per dare più inclusività e peso all’importanza delle parole scritte e lette.
L: In qualsiasi modo, basta che di connubio si tratti. Come nella vita, la solitudine può essere positiva per un limitato periodo di tempo, ma poi è necessario incontrare gli altri per allargare gli orizzonti, crescere e costruire la propria identità.
Bianca Folino