G20 Cop26, il fallimento del pensiero

I grandi della Terra, così si fanno chiamare, eppure le riunioni del G20 in Italia e del Cop26 in United Kindom si stanno rivelando un fallimento, soprattutto del pensiero umano e della capacità di trovare strategie efficaci per uscire dalla crisi climatica. Al di là dei proclami dal G20 non è ermersa nessuna valida idea o progetto. Più in generale in Italia attualmente non si fa che parlare di incentivi per il passaggio alle auto elettriche, come se il problema clima fosse riconducibile al solo trasporto su gomma. Ormai sappiamo che così non è: non è certo l’auto l’unica responsabile della crisi che ogni giorno si fa sentire sempre più urgente, con episodi davvero disastrosi, come il recente allagamento di Catania o quello del trapanese. Peraltro pensare a veicoli elettrici vuol dire istituire un sistema di colonnine per la ricarica del quale ora il Paese sembra sprovvisto.

Spostandoci in Uk le cose non migliorano visto che l’ipotesi emersa dal Cop26, che sembra essere la più innovativa, riguarda l’energia nucleare pensata come “ponte”, come un tramite verso altre soluzioni. Niente di più vecchio e obsoleto. E certo in questi anni questo tipo di energia non ha aiutato il Pianeta ad uscire dalla grave situazione climatica nella quale si trova, tutt’altro. Nemmeno l’ipotesi di un probabile accordo Usa-Cina ha avuto il potere di risollevare le sorti di Gaia. La verità è che quelli che si fanno chiamare potenti della Terra non sono in grado di pensare fuori dagli schemi, cosa di cui ci sarebbe un gran bisogno data la situazione. Non è corretto nemmeno sostenere che se Cina e India, essendo i Paesi più inquinanti, non fanno nulla per cambiare rotta, allora tutto è inutile. Inziamo noi e iniziamo anche dal nostro privato.

Il paradigma secondo il quale produrre vuol dire consumare risorse e inondare il Pianeta di scorie non funziona più e non è adatto. Bisogna davvero cambiare rotta e in fretta, i tempi stringono. Anche pensare o proclamare che le aziende devono riciclarsi è cosa utopistica: che ne facciamo dei macchinari che non si usano più e dove trovare i fondi per investire nei nuovi attrezzi? La soluzione non è sicuramente nel solco del percorso seguito fino ad ora e nemmeno pensare di tornare ad un prima, causa di quanto avviene oggi, può essere una valida via d’uscita. Occorre qualcosa di nuovo, che tenga conto della gravità della crisi climatica che stiamo vivendo.

Non ci rimane molto tempo, potremmo tranquillamente parlare di meno di un decennio. E se nel 2030 la temperatura del Pianeta supererà l’1,5 gradi centigradi stabiliti dal Protocollo di Parigi allora faremo i conti con un ventennio successivo che ci porterà all’estinzione della specie Umana. Non del Pianeta o di altre specie, ma della nostra. Detto ciò, ci si aspetterebbe una maggiore criticità dagli organi di stampa che sembrano invece, con le dovute eccezioni, non voler prendere una posizione.

In un piccolo paese della Brianza, un signore ogni domenica esce e raccoglie le carte lasciate nelle vie dall’incuria di alcuni cittadini. Non lo fa per avere riconoscimenti o compensi economici, ma solo perché sa che ha un ruolo attivo per un possibile cambiamento. Sono comportamenti del genere che possono fare la differenza e darci ancora un pizzico di speranza.

Bianca Folino