Giallo Bardonecchia

E’ un giallista convinto della collana “Città in giallo” della PlaceBook Publishing & Writer Agency, Roberto Capocristi, classe 1966 nato a Susa dove tutt’ora vive e lavora in qualità di libero professionista. Scrive moltissimo, per passione certo anche se da sempre sogna la possibilità di riucire a mantenersi della sua scrittura. Sul suo blog pubblica racconti e ha nel cassetto materiale che potrà utilizzare per tre futuri libri, oppure no, a seconda di cosa sceglierà di fare. Ha vinto diversi premi letterari e le sue storie finiscono in modo tale che nessun lettore sia invogliato a chiedere un seguito. Proponiamo ai lettori la sua intervista.

Di recente hai partecipato al Salone Off di Bardonecchia, ce lo racconti?

È stata una bella esperienza. Ho avuto l’onore di aprire la rassegna con la presentazione della trilogia dei miei gialli ambientati a Bardonecchia, i casi di Elettra Keita, appartenenti alla serie Città in Giallo della PlaceBook Publishing. L’ho fatto di fronte a un pubblico attento e interessato. La location, vale la pena di sottolinearlo, è stata il bel Palazzo delle Feste, un elegante e ampio edificio storico al termine di un lungo viale alberato. Al suo interno, oltre al teatro principale (Sala Viglione) e a quello, per così dire, secondario (Sala Giolitti), il Comune mette a disposizione uno spazio espositivo e un’area destinata ai concerti da camera e alle presentazioni, dove ho parlato dei miei libri accompagnato dalla competente e brillante moderatrice Chiara Caratto, che con l’occasione ringrazio ancora.

Per ingentilire l’evento, la brava flautista Fiammetta Piovano ha eseguito alcuni intermezzi musicali. Erano presenti anche il sindaco, Chiara Rossetti e l’assessore, e a sua volta scrittrice, Maria Teresa Vivino.

Roberto Capocristi al Salone Off di Bardonecchia

Perchè hai scelto proprio Bardonecchia per ambientare i tuoi gialli?

È un posto che mi piace, dove ho lavorato e passato qualche periodo di vacanza. Per i valsusini della bassa valle come me e specialmente per i torinesi, rappresenta un’oasi di salvezza quando il caldo dell’estate diventa insopportabile e poi, da casa mia, si raggiunge con tre quarti d’ora di piacevole viaggio in auto fra le montagne o con venti minuti di autostrada. È un paese molto esteso, con una topografia complessa, una spendida pineta accanto al centro storico e ogni attrattiva e servizio possibili. In alta stagione raggiunge i cinquantamila abitanti ma durante la bassa, quando una parte dei suoi tremila e oltre residenti è in vacanza, in mezzo ai grossi palazzi immersi nel verde e i lunghi viali che vanno da una parte all’altra della conca fra le Alpi, l’atmosfera muta, e diviene perfetta per ambientare le storie che amo scrivere. Inutile che vi parli delle montagne intorno, che sono spettacolari.

Ora che hai finito questa trilogia per città in giallo, continuerai a scrivere per la collana?

A giudicare dalle buone vendite e da come sono state accolte le storie e i personaggi dai lettori che ho avuto l’onore di conoscere alla presentazione, direi proprio di sì e anzi, ho già cominciato a scrivere il quarto episodio della serie.

Ci anticipi qualcosa?

Sì. Se i primi tre episodi differivano fra loro nello stile, nell’atmosfera e nel ritmo, e questa era una scelta consapevole, il quarto (dove ho separato con un pretesto la coppia di protagonisti), è scritto in prima persona, dove Elettra racconta ai lettori la storia e le sue sensazioni. L’esigenza di conferire a ogni episodio un diverso taglio d’inquadratura è prioritaria. Voglio che i lettori non si annoino, che non diano mai nulla per scontato. Diciamo che vedo gli episodi come una serie tv, pensata da un unico autore ma affidata, episodio dopo episodio, a registi diversi.

Perchè hai scelto uno pseudonimo per i tuoi libri?

Sono un libero professionista. Ho preferito separare la professione dalla passione e poi porto un cognome troppo, per così dire, “piemontese”, mentre mi piaceva l’idea di chiamarmi con qualcosa che suonasse come italo – americano o al massimo, toscano, qualcosa che desse l’impressione di sciacquare i panni in Arno, non so se mi spiego.

Cosa accende la tua ispirazione?

Normalmente con un’idea che arriva all’improvviso, tipo un caso di cronaca, la scena di un film, una battuta sentita pronunciare in strada o la solita vocina che ti sussurra direttamente nella mente. Dipende dai casi. Poi comincio a scrivere e mi calo dentro un specie di trance e succede tutto il resto.

Nel panorama letterario ci sono tantissimi gialli, perchè i lettori dovrebbero scegliere i tuoi?

Perché hanno la pretesa di essere originali, scorrevoli e scritti con una maniacale attenzione alla qualità della prosa, perché la mira è rivolta alla profondità caratteriale dei personaggi e alla piacevolezza dei dialoghi e poi non mi dispiace, quando possibile, coltivare un certo umorismo o sarcasmo.

Sogni da realizzare?

Lavorare a quattro mani con un regista importante per mettere a punto una sceneggiatura su qualcuna delle mie storie e poi vivere di scrittura, ma questo l’avevo già detto.

Bianca Folino