Gli amanti degli orti

Sono ormai oltre il 40% gli italiani che hanno deciso di coltivare in proprio e a chilometro zero frutta e verdura. Stiamo parlando degli orti urbani, piccoli appezzamenti di terreno dati in affitto o in comodato d’uso a privati e associazioni dai Comuni, o nei giardini delle abitazioni. Una passione, quella della coltivazione, che sta aumentando e non solo per il caro spesa ma per il semplice piacere di portare sulla propria tavola il frutto del proprio lavoro. Ormai anche nelle grandi metropoli come Roma e Milano, ci sono persone capaci di trovare spazio sui balconi per poter dedicarsi alla coltivazione di verdure.

Di recente è stata proprio un’indagine di Coldiretti a mettere in luce questo trend, soprattutto in concomitanza con le restrizioni dettate dalla pandemia. E dallo studio è emerso che il costo richiesto per coltivare 20 metri quadrati è di 250 euro, comprensivi di terriccio, vasi, concime, attrezzi, reti per delimitare le coltivazioni e sementi varie. Una spesa accessibile insomma. Bisogna considerare anche I timori nati dalla guerra tra Russia e Ucrania che hanno seguito a ruota il triennio del Covid, aumentando l’ansia per il futuro.

Anche all’esterno si investe in orti urbani e Bruxelles ne è un esempio con il progetto Lagum finanziato dall’Unione europea che ha per oggetto più disessanta specie di piante che saranno coltivate sul tetto di un supermercato cittadino. Da marzo ad oggi quel progetto ha fatto raccogliere più di due tonnellate di frutta e verdura. Lo scopo è quello di sensibilizzare I residenti e coinvolgerli nell’iniziativa che vuole avere anche un approccio sostenibile. Il progetto durerà ancora 2 o 3 anni, richiesti per la fase sperimentale, prima di diventare una realtà consolidata da esportare su altri tetti europei.

Sicuramente parte della sensibilizzazione a questo tipo di colture sostenibili è dato, almeno in Italia, dal “movimento per la decrescita felice”. Si tratta di un’associazione nazionale che vuole favorire il benessere della cittadinanza attraveso tutto ciò che è a basso impatto ambientale, senza creare sfruttamento degli esseri viventi e che permetta un’equa distribuzione del denaro. Stiamo parlando quindi di lavori utili e tecnologie pulite per ridurre gli sprechi di risorse, come le piccole e medie aziende etiche fanno durante il ciclo della loro produzione. Un tema, questo, estremamente attuale vista la crisi ambientale che inizia a presentarci il conto, piuttosto salato, da pagare. Alla base del movimento ci sono I valori di condivisione delle risorse e di rispetto del pianeta che ci ospita. Quindi non si tratta di ridurre quantitativamente la produzione e il Pil (prodotto interno lordo) e nemmeno si parla di riduzione dei consumi. Più semplicemente si rifiuta ciò che non serve, anzichè lavorare come schiavi per procurarselo. Un approccio pragmatico ed etico che va d’accordo con la passione in crescita per gli orti e la coltivazione domestica di frutta e verdura.

Bianca Folino