Il 26 ottobre lo scrittore Carlo Lorenzini, noto con lo pseudonimo di “Collodi”, dal paese da cui proveniva la madre, muore per un aneurisma che lo colpisce sulla porta di casa. Soltanto pochi anni prima aveva scritto l’opera che lo avrebbe reso immortale “Le Avventure di Pinocchio”, la storia di un burattino.
Storia che però Collodi non amava, giudicandola una bambinata e che avrebbe dovuto terminare in modo cruento con la morte del protagonista. Furono le proteste dei bambini a cambiarne il finale. La storia del più famoso burattino d’Italia e forse del mondo intero, è il libro più tradotto, ancor più della Divina Commedia di Dante. Benedetto Croce lo definì un capolavoro, definendo il legno in cui viene intagliato Pinocchio, come l’umanità.
Il libro ebbe dei seri problemi di censura all’epoca, Collodi aveva messo in ridicolo la figura di un carabiniere e non soltanto. Il ritratto del giudice gorilla che imprigiona Pinocchio proprio in quanto innocente, è un affresco pungente della magistratura del tempo. C’è dell’altro. Quando si parla di Pinocchio si parla anche di lettura esoterica, in più punti c’è un chiaro riferimento a “Le Metamorfosi” o “L’asino d’oro” di Apuleio. Il sospetto che Collodi appartenesse alla massoneria non fu mai comprovato. Il nome di Carlo Lorenzini, negli elenchi massonici non venne mai rinvenuto.
Secondo questa interpretazione, il libro altro non sarebbe che il viaggio iniziatico dell’anima, che da meccanica, il burattino di legno, cade nell’animalità, l’asino, per poi liberarsi e diventare un bambino. Il nome stesso dell’opera, sarebbe un chiaro indizio. Pino, ovvero la ghiandola pineale, e occhio.
Esiste anche una lettura cristiana dell’opera. Pinocchio figlio di un falegname, Geppetto è diminutivo di Giuseppe, come Cristo, muore, risorge e si trasfigura. La fata Turchina altri non è che la Madonna e Lucignolo… il diavolo tentatore, Lucifero. L’episodio del pesce cane richiama inoltre il mitico viaggio di Giona nel ventre della balena.
Forse Pinocchio è soltanto una bellissima fiaba o forse davvero nasconde tutti o alcuni di questi significati. È senza dubbio testimonianza della complessità dell’animo umano ma soprattutto un capolavoro della letteratura dell’ottocento. Chi scrive preferisce lasciargli tutta la magia e considerarla “soltanto” una delle favole più belle che sia mai stata narrata.
Sonia Filippi