Il domatore di arcobaleni

Ormai lo conosciamo tutti, Gianluca Piattelli, lanciere arcaista (premio letterario conferitogli dall’omonima associazione) e presenza costante nel salotto della PlaceBook Publishing & Writer Agency. Lo abbiamo intevistato in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, “Il domatore di arcobaleni”. Una serie di racconti dove il colore la fa da padrone e non solo, è la stessa luce ad essere protagonista. Piattelli, classe 1972, è nato a Pistoia ed è, come lui stesso si definisce, “un artigiano con la passione della lettura”. Il suo primo romanzo si intitola “Il paese fantasma” ed è del 2014, a seguire Lunarmalia e tutti gli altri libri targati Placebook, fino all’ultimo di cui abbiamo parlato con lui. Per chi volesse approfondire la conoscenza dell’autore: www.gianlucapiattelli.altervista.org.

Com’è nata l’idea di questo libro?

Stavo attraversando un periodo privo di ispirazione letteraria. Non mi veniva in mente una storia corposa con i personaggi e l’intreccio della trama che da sempre fa da apripista ai miei romanzi. Però avevo delle idee, piccole storie da raccontare senza contorno di complessità. Così ho cominciato a lavorare su quelle, stilando una specie di trama per ciascuna e cercando di trovare un filo conduttore. Sono venute fuori dieci storie sospese tra la quotidianità e l’inusuale, la cruda realtà e il fantastico. Ho cercato di creare personaggi aggrappati alla terra ma capaci di spiccare il volo in qualsiasi momento.


E del titolo?

L’idea del titolo è nata pensandomi come autore e coordinatore delle storie stesse. Ho quindi vestito i panni di un domatore, sono entrato nella gabbia cercando di ammaestrare quella belva feroce che è la magia, usando la penna come frusta. L’ho usata in ciascun racconto, inserendo a mio piacimento quell’attimo di distrazione dalla realtà che cambia inevitabilmente il corso degli eventi. La rifrazione della luce crea arcobaleni che tramutano il cielo in uno spettacolo.


Questa non è la tua prima opera, preferisci scrivere racconti o un romanzo?

Sono tuttora indeciso. Il mio genere letterario d’esordio è il romanzo: adoro la sua architettura, lo sviluppo della trama, i colpi di scena. Ma scrivendo questo libro mi sono accorto quanto ci sia di fascinoso in un racconto: la velocità di svolgimento, il suo carattere episodico, la libertà di non dover approfondire.

Le cose inaspettate di cui tratti, raccontaci qualcosa di più, come possono per esempio cambiare le nostre vite?

La trama del destino è composta da tre elementi: libero arbitrio, ineluttabilità e caso. Quest’ultimo è l’inaspettato che arriva all’improvviso e stravolge il destino, cioè la trama ordita con cura dal libero arbitrio e dalla ineluttabilità. In questi racconti, il caso è qualcosa di magico che non sta né in cielo né in terra, il trucco di un illusionista. E sa mutare il destino in meglio, o in peggio, a seconda di come lo si interpreta.

Quanto è importante per te la magia?

Non credo nella magia, la realtà è una base solida a cui mi appoggio. Mi piace, di contro, inserire l’incanto nelle mie storie perché solo in questo modo posso esplorare un mondo che risiede al di là, nel non percepito, oltre la normalità del presente, la quotidianità, la banalità delle cose attorno.


E per il mondo?

In un mondo dove la realtà ha raggiunto vette di orrore inenarrabile, trovo che rifugiarsi ogni tanto in una piccola oasi di stupore e di magia sia assolutamente indispensabile.


Nel tuo libro la magia è una sorta di luce, credi che sia necessario illuminare il nostro vivere?
Certanente. Dovremmo illuminare la vita con i sogni (intesi come forma di magia portatile) al fine di scrivere la nostra storia personale.


Che significato hanno per te i colori?

Sono magici. In natura il colore non esiste, noi lo percepiamo così perché l’occhio assorbe dalla luce una radiazione elettromagnetica e la invia al cervello, il quale la trasforma in un colore. Non si tratta forse di un inganno? Di una magia?


E l’arcobaleno?

È poesia nel cielo, il ponte immaginario che collega questa vita all’aldilà, l’inesistente che si manifesta. Impalpabile eppure visibile, inafferrabile ma concreto, è un luogo fatato dove tutto può accadere.

Hai già in cantiere un nuovo progetto letterario?

A dire il vero, no. Mi sto impegnando nella promozione dei miei libri tramite firmacopie nelle librerie. A maggio ci sarà il Salone del libro di Torino, un’occasione di visibilità che cercherò di sfruttare al meglio.

Bianca Folino