Il gioiello della provincia veronese

Pescantina, come già dice il suo nome, accoglie in sé tutto il significato di questo paese che si distende sulle rive dell’Adige, tra Verona e il lago di Garda. Provincia ma nel contempo snodo tra la città e la zona gardesana. Tutto e il contrario di tutto. Quieto rifugio per i suoi abitanti, più di diciassettemila, ma ponte di connessione con la vivace confusione dello specchio lacustre, meta turistica in ogni periodo dell’anno. Pescantina non si può che viverla. Pigramente distesa sull’argine di quel fiume che l’attraversa e che nel passato è stato mezzo di comunicazione col mondo. Rimangono ancora i resti del vecchio attracco, dove le barche transitavano, facendo la spola da un paese e all’altro. Ricordi di un ieri non lontanissimo nel tempo, ma a una distanza siderale dall’attuale realtà.

Come si narra all’inizio di questo articolo, Pescantina deve il suo nome alle estese coltivazioni di pesche, di cui abbonda il territorio. Una su tutte la ” Big Top” , la regina in assoluto di questo frutto. Succosa e pregiata sul mercato ortofrutticolo. Il centro storico è però il fiore all’occhiello del borgo. Con la chiesetta di San Rocco, la piazzetta antistante e le viette lastricate, su cui si affacciano, come occhi ciechi, le vecchie vetrine delle botteghe di un tempo, ora sostituite da attività più moderne. Quei balconi che si affacciano sull’ Adige, conservano però ancora lo stesso fascino di una volta, con le antiche ringhiere in ferro battuto e le vetuste facciate patrimonio culturale, interamente conservate. Qui i muraglioni di contenimento degli argini, hanno ancora tracciate le vecchie misurazioni dell’altezza dell’alveo, che più volte nel passato esondando, le ha allagate.

Come non amare questo paesello, con le quiete passeggiate lungo l’ alzaia che costeggia il fiume. Luogo intriso di magia e mistero, sicuramente l’ habitat naturale di fate e gnomi. L’atmosfera che si respira, checché se ne dica, è proprio quella. Una full immersion tra la natura in tutto il suo splendore e la bella provincia italiana, a volte così poco valutata e apprezzata. E se sbirciate tra i rami degli alberi vi capiterà di incontrare qualche scoiattolo temerario che sbirciando seguirà il vostro cammino.

Paese da cartolina dunque, a misura d’uomo, ricco di fascino e storia con le sue chiesette rupestri, veri gioielli dell’architettura medioevale. Una su tutte quella di San Michele. Meraviglia del XII secolo di origine romanica, con i suoi preziosi dipinti del Trecento e l’altare in fondo alla breve navata, risalente al 1700.

Un alone di mistero aleggia sull’ accesso secondario che si trova a sud del piccolo edificio. Sull’ arco a sesto acuto del portoncino meridionale è leggibile una scritta graffita, il cui significato rimane a tutt’oggi misterioso. ” Sator arepo tenet opera rotas”, la scritta come si può notare è palindroma, cioè leggibile in entrambi i sensi. La parola centrale “Tenet” crea a sua volta proprio una croce palindromica. Il significato reale del graffito è ancora oscuro, nonostante le molteplici ipotesi formulate. C’è chi lo considera una formula magica, la parola “Sator” viene tradotta come “seminatore di parabole”. Ma un fatto è certo: nessuno è a conoscenza del suo reale significato.

Allora…è nata un po’ di curiosità per questo paese? Non vi resta che andare a visitarlo.

Sonia Filippi