Il Levistico, antico sedano di montagna

Ho visto coltivare il sedano di montagna alcuni anni or sono, in un orto della piccola contrada di Stadolina, ubicata a quota elevata sulle pendici solatie dell’alta Valle Camonica. Non avendolo precedentemente incontrato in altri orti alpini, ne sono stato piacevolmente sorpreso, proponendomi di farmi donare i semi da introdurre nel Giardino dei Semplici del Monastero Cluniacense di Capo di Ponte dove, da molti anni, svolgo la funzione di curatore scientifico. Ora il Levistico, grazie alle cure e alla donazione della gentile ortolana, cresce vigoroso accanto al Rabarbaro e al Rosmarino. Questa ombrellifera, ossia pianta che ha i fiori portati come su un ombrello, è molto simile ad un normale sedano; ne differisce per la forma della foglia meno dentata e per il colore più cupo.


Originario della Persia, il Levistico è giunto in Italia dalla Germania in epoche remote, spontaneizzandosi nelle vallate alpine, dove vegeta da 700 fino ai 1500 metri, nei pressi delle malghe o centri abitati. Come tutte le specie vegetali che fanno parte della nostra dieta è stata addomesticata dall’uomo per mezzo di continue ed opportune selezioni. L’introduzione nell’orto avviene in primavera per seme o per divisione dei cespi dalle piante madri. Nel caso si provenga da seme, conviene preparare piantine di 10-15 cm da trapiantare in seguito in terreno ben zappato. Il Levistico era conosciuto dagli antichi romani come componente delle salse acri, per accompagnare le carni e il pesce. Il suo uso è stato in seguito quasi dimenticato e il sedano di montagna fu confinato in piccoli orti famigliari o in quelli più vasti dei conventi benedettini, affiancato ad altre specie officinali.


Interessante apprendere che questo vegetale compare, insieme ad altri settantadue, già nel “Capitulare del villis”, un documento dell’VIII secolo dove si disciplinavano le coltivazioni nei pressi delle città dell’impero romano. In questi ultimi anni è stato riscoperto nella preparazione di piatti dal sapore antico, dove sostituisce la tradizionale battuta di sedano e prezzemolo. Trova frequente impiego nel minestrone e per dar sapore a stufati, brasati, bolliti e frittate. Come del maiale, del Levistico non si getta nulla, anche la radice può essere grattugiata e utilizzata come condimento, mentre i semi aromatici possono essere aggiunti al pane in sostituzione del cumino. Nelle antiche pratiche erboristiche si attribuivano al Levistico numerose proprietà terapeutiche tutt’altro che superate: se ne facevano decotti per favorire l’eliminazione dei liquidi nei tessuti e quindi per combattere gotta e malattie del ricambio. Non va utilizzato in gravidanza o da coloro che soffrono di patologie renali o cardiache. Si tramanda che gli infusi aiutassero soprattutto la digestione e calmassero i dolori di stomaco.


Questa specie quasi sconosciuta ha quindi numerose proprietà lenitive e forse da queste deriva il suo nome: dal termine latino “Levare”, cioè togliere o alleviare. Ho sentito sostenere che le sue foglie, messe nei sandali, aiutavano i pellegrini medievali a rendere più tollerabile il mal di piedi nei lunghi viaggi per raggiungere la Terra Santa o la tomba di San Giacomo a Santiago de Compostela. Non posso confermare se questa pratica davvero funzionasse come sollievo per i piedi dei viandanti, ma conoscendo il profumo aromatico che la pianta emana sono certo potesse risultare più utile ai compagni di viaggio dei pellegrini nel mascherare gli olezzi che scaturivano dai sandali o stivali dopo giornate di cammino.

Enzo Bona