Chi scrive è sicura che alla domanda su chi sia il ragno più velenoso al mondo, tutti risponderanno “la vedova nera”. In realtà esiste un usurpatore silenzioso di questo primato che spetta indubitabilmente all’ Atrax robustus o ragno dei cunicoli, il più letale al mondo.
Questo formidabile predatore appartiene alla famiglia Hexathelidae e si distingue per la struttura massiccia e le zampe potenti. Il suo corpo misura tre centimetri e le zampe possono estendersi fino a sette, otto centimetri. Il suo mantello varia dal marrone al nero e gli permette di mimetizzarsi completamente nel suo habitat naturale. Lo troviamo nell’Australia meridionale e orientale, dove ha la sua casa in ambienti umidi, prati lussureggianti, giardini rigogliosi, tronchi di albero caduti.
È una creatura notturna, preferendo muoversi sotto il manto stellato e diventando particolarmente attivo nelle stagioni calde. Dopo l’accoppiamento, la femmina deposita le uova in una culla di seta che nasconde in un posto sicuro. Rimarrà a guardia del suo tenero tesoro, fino alla nascita dei piccoli. Un vero e proprio esempio di amore materno. L’Atrax Robustus è molto temuto nel regno animale.
Il suo veleno una volta introdotto, si insinua come un killer silenzioso provocando un dolore intenso nel punto di contatto, fino al gonfiore parossistico che può arrivare alle dimensioni di un pallone. Ma non si ferma qui, si diffonde inarrestabile in tutto il corpo, provocando forti dolori addominali e impedendo la respirazione che diventa difficoltosa. Se non viene neutralizzato può portare a insufficienza renale e respiratoria grave, finanche alla morte. Ecco perché è necessario intervenire tempestivamente e non sottovalutarlo. Tuttavia come ogni creatura, ha il suo posto nell’ecosistema.
Un posto d’onore, è infatti fondamentale per l’agricoltura, eliminando gli insetti nocivi, mosche e scarafaggi di cui si nutre. Il ragno del cunicolo perciò, è sicuramente da temere ma è anche un grande alleato per proteggere le nostre risorse agricole. Ogni essere vivente su questo pianeta, merita il nostro rispetto.
Sonia Filippi