Inganno

E’ grazie al suo romanzo “Inganno” se Stefano Micheletti, classe 1967, è entrato a far parte della grande famiglia PlaceBook Publishing & Writer Agency due anni fa. Ma molti di noi lo conoscono per la sua presenza nella collana “Città in giallo” per la quale ha scritto 7 episodi ambientati nella città di Varo. Ma è stato nel 2021 quando è uscito il suo terzo romanzo, non in self, ma con la PlaceBook se Micheletti ha iniziato una collaborazione che sta dando ottimi risultati e grandi soddisfazioni, all’autore quanto ai suoi editori. Micheletti vive a Frosinone e attualmente collabora con le Forze Armate fornendo supporto e consulenza per i corsi di pilotaggio di elicotteri. Per gran parte della sua vita del resto ha fatto proprio il militare. Da sempre è un appassionato del genere giallo-poliziesco e da doversi anni ormai ha realizzato il proprio sogno di scrivere dello stesso genere. Proponiamo ai lettori la sua intervista.

Come hai scelto il titolo del tuo libro?

Ho scelto “Inganno” come titolo perché la storia che narro racconta di come diversi protagonisti siano stati vittime di inganni perpetrati da persone a loro vicine che consideravano amiche. A volte fidarsi in certi ambienti può fare la differenza tra il successo e la sconfitta o, come nel caso che racconto nel libro, tra la vita e la morte.

Tu hai scritto libri anche per la collana “Città in giallo”, qual è il segreto a tuo parere del successo che il genere sta riscuotendo?

A mio parere il format stesso della collana. Il fatto di ambientare i romanzi nella stessa città e con gli stessi protagonisti a mio avviso si sta rivelando la scelta più indovinata e che, mi sembra, sia quella che sta facendo appassionare i lettori al punto di aspettare l’uscita del nuovo episodio non appena finito di leggerne uno. Non a caso ho parlato di episodio, perché, almeno io sto conducendo in tal senso la mia serie, i romanzi, che ho ambientato in un piccolo borgo, oltre a essere legati tra loro dai protagonisti lo sono anche in senso temporale. Ho iniziato col primo in cui era primavera per proseguire in estate e così via caso dopo caso, episodio dopo episodio. Allo stesso modo le vicende personali del protagonista principale si snodano in maniera trasversale tra un episodio e l’altro, coinvolgendo la comunità del luogo in cui è ambientato e tutti i personaggi che ruotano attorno ai casi che si affrontano in ogni singolo romanzo. Insomma, alla stessa stregua delle fiction televisive, spero anche la serie di “Città in giallo” possa vivere molteplici stagioni.

In tre frasi come ti definiresti?

Difficile domanda, sono sempre in difficoltà quando si tratta di parlare di me stesso, comunque ci provo. Mi definirei una persona riflessiva a cui piacerebbe non vedere ripetersi le cose che non funzionano, intendo in qualsiasi settore. Forse sarà anche per questo motivo che mi piace raccontare di storie di fatti brutti ma che poi qualcuno, se non li può risolvere almeno fa in modo che chi ne è responsabile non li possa commettere nuovamente.

E cosa vorresti che comunicassero i tuoi scritti ai lettori?

Il fine che mi sono posto fin dall’inizio è sempre stato quello che chi volesse leggere uno dei miei romanzi deve passare qualche ora di svago. Non mi piacciono le letture troppo complicate in cui bisogna metterci tanta concentrazione, quelle le affronto spesso col mio lavoro e, come me, penso che anche il lettore debba avere la possibilità di distrarsi per qualche ora. Per svago devo leggere qualcosa di scorrevole, e questo è lo stile che cerco di seguire quando scrivo. Mi piace poi pensare di far viaggiare con la mente chi mi legge negli stessi luoghi che descrivo. Quando voglio condure il lettore negli stessi ambienti che ho in mente mi soffermo a descriverli il più minuziosamente possibile ma senza esagerare per non diventare pesante; se devo invece caratterizzare un personaggio cerco di far immaginare al lettore non solo come l’ho pensato io fisicamente ma cerco di trasmettere le sue caratteristiche caratteriali in maniera da renderlo riconoscibile tra gli altri.

Poi, spero di riuscirci, cerco di far passare almeno un messaggio positivo nonostante mi trovi ovviamente sempre a parlare di delitti e ingiustizie o prepotenze, dato appunto il genere “giallo” che tratto.

Hai partecipato al Salone di Torino, com’è andata?

Oserei dire meravigliosamente bene. Una realtà unica, una vetrina incredibile, un tassello importante per la mia crescita come scrittore. Toccare con mano l’ambiente che fino a pochi anni prima era per me sconosciuto e che comunque ho poi conosciuto sempre a distanza. Distanza che in questa occasione è stata azzerata, soprattutto quella che mi divideva con le persone con cui ho avuto a che fare direttamente e indirettamente. Mi riferisco agli altri scrittori del mondo PlaceBook ma soprattutto ai suoi due pilastri portanti, Claudia e Fabio. Inutile dire che l’incontro di persona fornisce uno scambio bilaterale immensamente più ampio che non la telefonata o la videoconferenza. Infine una parola la spendo volentieri anche per voi, perché il salone è stata l’occasione anche per conoscere personalmente Bianca, la curatrice della rivista Kukaos Magazine. Insomma bella esperienza soprattutto umana.

E più in generale stai avendo riscontri positivi dai lettori dei tuoi libri?

In genere ho avuto finora belle soddisfazioni. Quando mi capita di ricevere un complimento da qualcuno che ha letto uno dei miei “gialli” mi sento quasi in dovere di continuare su questa strada. Strada che ho intrapreso praticamente per scherzo, da un vecchio desiderio che se mi permetti vorrei raccontare. Tutto è iniziato passando davanti alla libreria che ho in casa. Osservando i libri sistemati nei vari ripiani mi sono detto: “come sarebbe bello ci fosse tra loro un libro tutto mio”, capisci? Mio nel senso scritto da me. L’idea come era venuta se n’era anche andata, per rifarsi viva qualche anno più tardi. Sai quando si combinano diverse situazioni assieme? Mi era balenata un’idea, avevo del tempo a disposizione e mi sono messo a scrivere, così, per provare. Le scene mi venivano in mente una dopo l’altra e le descrivevo in sequenza. Avevo iniziato in una direzione e poi, deviazione dopo deviazione, mi sono ritrovato in un’altra e alla fine avevo in mano il mio primo romanzo del genere giallo-poliziesco. Adesso per realizzare il mio sogno dovevo trovare chi mi pubblicasse, non semplicemente una tipografia ma qualcosa di più, un modo per vederlo pubblicato.

Sinceramente mi sono vergognato di mandare in giro il manoscritto per farlo valutare temendo di essere respinto in malo modo, per cui decisi di procedere con uno dei circuiti di self publishing. Ottenuto il prodotto ne ho regalato delle copie a conoscenti e amici. Ma è stato il vedere che il libro ha venduto qualche copia e soprattutto il ritorno in termini di critica che ho ricevuto, che mi ha dato la carica per intraprendere a capofitto questa meravigliosa esperienza, che io considero un hobby ma che tratto come fosse qualcosa di più. Allora è stato il momento della seconda pubblicazione per arrivare successivamente poi a incontrare, nel mio cammino appena iniziato, la PlaceBook & Writer Agency con la quale la mia prima pubblicazione è per l’appunto INGANNO. Da qui in poi è stata come una marea senza fine. Concludo dicendo che quando Fabio Pedrazzi e Claudia Filippini mi hanno chiamato per propormi di far parte del loro progetto “Città in giallo” ho accettato ancor prima di capire di che cosa si trattasse e adesso, arrivato all’ottavo episodio pubblicato, ma già sto lavorando ai successivi, sto vivendo una specie di simbiosi con i miei personaggi.

Come li promuovi?

Purtroppo non dispongo di grandi possibilità e mi do da fare con una pagina Facebook e altri social simili, confidando sul passaparola e magari con qualche presentazione, come la grande occasione del Salone di Torino.

Cosa ispira le tue storie?

Talvolta dei piccoli episodi che vivo in prima persona o di cui vengo a conoscenza li uso come spunto per poi “ricamarci” sopra un’intera storia. In alcuni casi mi ispiro invece a mie personali esperienze professionali. Il libro in cui ho attinto maggiormente dal mio passato è appunto “Inganno”. A partire dalla copertina, con l’immagine di un elicottero, che tra l’altro ricopre un ruolo importante nella storia, per continuare con alcune operazioni che descrivo. Questa è stata anche una sfida con me stesso, descrivere una parte di un mondo a persone che non ne fanno parte senza utilizzare un linguaggio tecnico ma fruibile e al tempo stesso aderente alla realtà. Da alcuni riscontri che ho avuto forse ci sono riuscito e questa è la più grande soddisfazione che ho avuto.

E i tuoi personaggi?

Inizio con l’immaginarmeli fisicamente. Quindi li descrivo perché mi piace pensare che chi legge possa essere in grado di immaginare la stessa persona che ho immaginato io. Poi cerco di descrivere per i protagonisti anche le loro caratteristiche non prettamente fisiche, legate al carattere e alle altre caratteristiche tipiche di ciascuno di noi come la calma, il nervosismo, l’irritabilità e così via. Non disdegno nemmeno inserire qualche pillola di comicità come una virgola inserita tra descrizioni decisamente più cupe e drammatiche.“Omero è nuovo questa mattina e niente può essere così vecchio come il giornale d’oggi”.
La frase del saggista e scrittore francese Charles Péguy ben si addice non solo al vate cieco ma anche ad un’altra grande eredità culturale che abbiamo ricevuto dal mondo greco, il corpus delle tragedie e commedie che raccontano di eroi e di dei, di miti e leggende. In realtà, scoprire le origini della tragedia, termine che potrebbe indicare o il canto dei capri o il cambiamento di voce degli attori durante la recitazione, non è così facile ed è stato a sempre uno dei temi che più hanno affascinato gli studiosi. Aristotele e la sua Poetica sono la fonte primaria. Ma il filosofo aveva a disposizione materiale che ormai è andato perduto e quindi i documenti sulle fasi più antiche del teatro nell’Attica sono per noi inaccessibili

Ci sono altri autori che consideri mentori?

Beh, più di uno sicuramente, a partire da quelli che mi piace leggere, primi fra tutti come genere Patricia Cornwell o Tom Clancy. Invece come modo di scrivere Wilburn Smith è quello a cui maggiormente mi sono ispirato. Senza però scordarmi degli sconosciuti, di cui mi sono se“Omero è nuovo questa mattina e niente può essere così vecchio come il giornale d’oggi”.
La frase del saggista e scrittore francese Charles Péguy ben si addice non solo al vate cieco ma anche ad un’altra grande eredità culturale che abbiamo ricevuto dal mondo greco, il corpus delle tragedie e commedie che raccontano di eroi e di dei, di miti e leggende. In realtà, scoprire le origini della tragedia, termine che potrebbe indicare o il canto dei capri o il cambiamento di voce degli attori durante la recitazione, non è così facile ed è stato a sempre uno dei temi che più hanno affascinato gli studiosi. Aristotele e la sua Poetica sono la fonte primaria. Ma il filosofo aveva a disposizione materiale che ormai è andato perduto e quindi i documenti sulle fasi più antiche del teatro nell’Attica sono per noi inaccessibilimpre piaciuti i “gialli” italiani e in cui un po’ mi rivedo.

Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole avvicinarsi alla scrittura?

Semplicemente di farlo se questo lo gratifica. Io mi rilasso e provo un senso di benessere quando scrivo e questo voglio venga percepito da chi legge.

Progetti letterari futuri?

Tante idee che frullano in testa. Ho un paio di progetti iniziati da qualche mese che ho per il momento sospeso ma non escludo di riprendere. Nel frattempo la collana di “Città in giallo” mi assorbe episodio dopo episodio.

Bianca Folino