Torna Davide Bernardin con un nuovo romanzo edito da PlaceBook Publishing & Writer Agency, “La collina del sole”. Si tratta di un sequel, cioè dell’ultima puntata di una trilogia di romanzi storici iniziata nel 2022 con “Quella casa in fondo alla pianura” e proseguita l’anno successivo con “L’aquila oltre il fiume”. Davide Bernardin è nato a Feltre (BL) e vive a Bologna. Amante del rock’n’roll classico e orecchiabile – e della lettura intima e avvincente – ha trascorso gran parte della sua vita a Tonadico, nella valle di Primiero (TN). Laureato alla triennale in lingue straniere di Bologna e Granada, e alla magistrale in Letterature euroamericane all’università di Trento, lavora come insegnante di inglese. Proponiamo ai lettori una sua breve intervista.
Come hai scelto il titolo del tuo nuovo romanzo?
Il titolo “La collina del sole” si rifà a dove sono ambientate una parte delle scene all’interno del romanzo, da Leon che come Buffalo Soldier combatte sulle colline toscane, fino a Ludovico, che avrà modo di “salutare” la fine della guerra proprio su una collina. Le loro storie sembrano lontane, ma in realtà più di un filo conduttore le unisce.

Questo in realtà è un sequel, ovvero l’ultima puntata di una storia che hai iniziato a raccontare diverso tempo fa, ci racconti com’è nato tutto?
“La collina del sole” è l’ultimo libro di una trilogia di romanzi storici intitolata “Il volo della libertà”, ambientata tra America ed Europa fra 1906-1945. Tutto è partito da un racconto che avevo scritto molti anni fa, e che poi ho ripreso in mano più o meno 5 anni fa. Nel 2022 ho pubblicato “Quella casa in fondo alla pianura” e nel 2023 “L’aquila oltre il fiume”. E ora eccoci con “La collina del sole”.
Il razzismo è una questione ancora aperta?
Purtroppo sì. È una delle tematiche del mio romanzo. Una parte dei protagonisti infatti sono afroamericani, e soffrono molti episodi di razzismo. Una questione però ancora attuale… questo è anche uno dei motivi per cui il romanzo parla anche di argomenti legati al giorno d’oggi.
A tuo giudizio, ci sono soluzioni in merito?
Credo che, in parte, la situazione sia migliorata, anche se sentiamo parlare di episodi di razzismo molto di frequente, e non solo in America. Ricordiamo che nel passato c’era la segregazione razziale (vedasi per esempio gli Stati Uniti e il Sud Africa), e che per fortuna ha trovato la sua fine ormai da anni. È pur vero che la discriminazione razziale c’è ancora, anche nei paesi citati… ma non è comunque paragonabile a quella di un tempo. Penso che trovare una soluzione che abbatta del tutto il razzismo sia molto difficile, ma senz’altro ci sono dei modi per ridurlo. Certo è, che finché governano presidenti che senz’altro non sono poi “tanto contro” il razzismo (è un eufemismo), la situazione difficilmente andrà migliorando.

Dove ti sei documentato per scrivere questa storia?
Innanzitutto, mi sono documentato attingendo informazioni ai libri che ho letto. Su di tutti, un diario di guerra scritto da un Buffalo Soldier che aveva combattuto sulla linea gotica, e a cui si rifà la storia di Leon. Ho avuto modo di consultare poi documenti online, e infine voglio ricordare il preziosissimo contributo di mia nonna Emma, i cui racconti sono stati fondamentali per rendere la ricostruzione storica di Primiero la più attendibile possibile.
Per romanzarla, come hai fatto a immedesimarti?
Ho cercato di capire cosa potessero provare i miei personaggi vivendo durante la seconda guerra mondiale, cercando di differenziare bene le loro storie e i sentimenti che sentivano dentro di sé, rifacendomi ovviamente al contesto storico di riferimento. Daniel e Sarah vivevano in America (che non era zona di guerra), a New Orleans, la città del jazz dove la segregazione razziale dettava ancora legge. Si trovavano senz’altro in una situazione diversa rispetto a Leon (il figlio di Daniel), che invece era sul fronte di guerra in Italia e rischiava di rimetterci la pelle. Discorso non tanto diverso per Goffredo, che non combatteva, ma viveva in una città (Bologna) che veniva pesantemente bombardata dagli Alleati, ed era sotto stretta sorveglianza dei tedeschi. E infine Ludovico, che abitava a Primiero, dove i nazisti vivevano piuttosto in pace con la popolazione.
In un mondo devastato dalla guerra, ha senso parlare ancora del periodo delle Grandi guerre a tuo giudizio?
Senz’altro ha un senso. Prima di tutto, per gli appassionati di storia e romanzi storici, a cui piace leggere libri di questo tipo… e sono comunque in tanti. In più, parlare di quelle epoche, potrebbe avere uno scopo ancora più importante e pratico: aiutare a far capire di non commettere gli stessi errori, soprattutto a chi prende le decisioni nel mondo. Smuovere le loro anime, per non arrivare più a quel punto… certo è, che questo, è un altro discorso.

Tu sei un’insegnante, quanto del tuo lavoro, anche in termini di esperienza, porti all’interno dei tuoi scritti?
Innanzitutto, buona parte delle vicende nei miei romanzi è ambientata in America, e una piccola parte in Inghilterra. Il mondo anglofono è senz’altro ben rappresentato, anche con alcune parole evocative in inglese che ho voluto lasciare, per dare un sapore ancora più storico al romanzo. Si nota, forse, la mano di un insegnante di inglese, o di chi comunque ha avuto a che fare con il mondo anglofono. E poi, credo, che anche le tematiche come il razzismo e la discriminazione ritornino pure all’interno del mio lavoro da prof, dove a volte educo i ragazzi a comportarsi nel modo corretto a scuola.
Che messaggio vorresti arrivasse ai lettori?
Vorrei che il romanzo arrivasse dritto ai loro cuori, e che lasciasse in qualche modo il segno. Penso che queste siano tra le cose più importanti per autori di narrativa.
Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
Sì, un romanzo ambientato in epoca risorgimentale in Italia. Ma non voglio svelare altro.
Bianca Folino