La maschera di ferro

Questa è una delle leggende più intriganti ed enigmatiche della storia francese. Durante il regno di Luigi XIV un prigioniero sconosciuto fu incarcerato in condizioni severe e costretto a indossare una maschera per celare la sua identità, dando vita a un mistero che perdura anche ai giorni nostri. Lo sconosciuto prigioniero fu tenuto nella Bastiglia e nella prigione di Pinerolo. Per tutta la durata della sua carcerazione fu costretto a indossare una maschera che secondo le diverse fonti era di velluto o di ferro. L’identità di questo prigioniero fu oggetto di molte teorie.

Si pensava che fosse il fratello gemello del Re incarcerato per motivi di successione, un nobile decaduto andato in disgrazia al sovrano per motivi di tradimento, il Duca di Beaufort oppositore al Re che da un certo momento in poi scomparve nel 1669, un ex amante della Regina madre a sua volta vero padre del sovrano, un figlio bastardo della Regina avuto da uno dei suoi molteplici amanti, tra i quali anche il Cardinale Mazzarino.

L’uomo con la maschera di ferro, secondo i documenti, veniva trattato con rispetto, gli veniva servito cibo di qualità e riservato un certo comfort, inusuale per i prigionieri dell’epoca, suggerendo gli storici che si trattasse di un uomo di una certa importanza. Egli morì nel 1703 alla Bastiglia dopo 34 anni di prigionia e fu sepolto sotto il nome di Marchioly, nome che non fornì indizi circa la sua vera identità. Nonostante le molteplici teorie la verità rimane del tutto sfuggente.

Restano comunque tre punti fondamentali della vicenda da considerare.
1) Il prigioniero era informato di qualche fatto grave che se rivelato avrebbe creato problemi alle autorità.
2) La vista del suo volto era impedita, quindi doveva trattarsi di qualcuno di conosciuto.
3) Non poteva essere eliminato in fretta col veleno in quanto esistevano motivi politici o affettivi che lo ostavano. A tutt’ oggi rimane dunque uno dei misteri più affascinanti e nel contempo inquietanti della storia che probabilmente non avrà mai una soluzione.

Sonia Filippi