Bisogna essere amici per scrivere un buon libro a 4 mani? Forse sì, comunque è proprio questo che è capitato a Fabio Pedrazzi e Bryan Torrigiani e al loro ultimo nato, “Lakota”. Pedrazzi è una delle due anime della Placebook Publishing & Writer Agency i cui autori ben conoscono il magnifico stile delle sue copertine, mentre Torrigiani è noto, oltre che per la sua simpatia, per il suo Diego Neri protagonista di “Anime in debito” e di uno dei capitoli della trilogia di Claudia Filippini. Pedrazzi e Torrigiani hanno deciso di unire i propri protagonisti in un unico testo, il loro ultimo romanzo. Li abbiamo intervitati per i lettori di Kukaos.
Perché avete scelto questo titolo?
Lakota nasce come denuncia per la vergognosa situazione dei nativi americani e per farlo abbiamo pensato di utilizzare i nostri personaggi, tanto più che Parabellum terminava portando Alexia Lèvy-Vroelant negli Stati Uniti a causa della morte della madre.Lakota è comunque un thriller con tanta azione e dove si verrà a sapere anche la storia di Night Wolf e quando ha conosciuto Diego Neri.
Com’è stato scrivere a 4 mani?
FP – Per quanto mi riguarda è stata un’esperienza decisamente positiva e ho trovato in Bryan un compagno di viaggio preparatissimo e intelligente.
BT – All’inizio ero un po’ preoccupato. Non essendo portato nell’uso delle nuove tecnologie informatiche a volte inviavo a Fabio i testi che scrivevo nel formato sbagliato e non riusciva ad aprirle. Poi però, con molta pazienza, Fabio mi ha spiegato e non ci sono stati problemi. Per quanto riguarda la continuità e l’uniformità di stile… no! Nessun problema.
Voi siete amici anche al di fuori della scrittura, quanto il vostro rapporto ha condizionato questa storia?
FP – Ti rispondo come fa Massimo (personaggio amico di Diego Neri, presente anche lui in Lakota) quando deve spiegare alla figlia il motivo per cui decide di ritornare negli USA per dare una mano a Night Wolf e Alexia…
Valery lo guardava senza capire bene.
«Che cosa c’entra lo “zio” adesso?»
«Tesoro… tu sai quanto ti voglio bene, non puoi immaginare quanto io e tua madre abbiamo sofferto. Non sapevamo nulla, nemmeno se eri viva o morta… stavamo letteralmente impazzendo, allora… ho chiesto aiuto a tuo zio e lui non ci ha nemmeno pensato mezza volta. Ha lasciato tutto: la sua vita, la persona che ama… è partito e ti è venuto a cercare senza riposarsi un attimo, senza fermarsi, ha messo a repentaglio la sua stessa vita ed è riuscito a strapparti dalle mani di quei figli di troia… scusa il termine… comunque… il punto è che io… io vorrei tanto restare qui con te e la mamma, tu lo sai… ma non posso! Devo tornare laggiù, devo tornare laggiù… e aiutarlo a togliere di mezzo questi stronzi…»
Questo è il nostro tipo di rapporto.
BT – Conoscevo una persona. Era un ex ufficiale della Legione Straniera Francese, un uomo di grandissima esperienza. Lui mi disse: “ricorda… gli amici, quelli veri si contano sulle dita di una mano, tutti gli altri sono conoscenti” Beh… Fabio è sicuramente uno di quelli che si contano sulle dita di una mano…
Per Fabio: com’è nato il personaggio di Alexia?
Alexia-Lèvy Vroelant nasce con IM Imago Mortis nel 2009, il primo libro della serie… e nasce come progetto sociologico che voleva dimostrare quanto la mente è manipolabile attraverso l’utilizzo di un social o di un mondo virtuale. L’esperimento era quello di portare Alexy, un avatar di Second Life, a diventare un personaggio anche fuori dal suo mondo, umanizzandola e rendendola “reale”… di contro Alexia-Lèvy-Vroelant altro non era che l’alter ego della scrittrice del libro: Paola Dejaco… tant’è vero che la prima edizione di IM Imago Mortis uscì a nome suo, con anche un discreto successo… l’esperimento riuscì… Alexy (l’avatar) per due anni divenne una virtual model con tanto di contratto in esclusiva per un’azienda alle porte di Milano, girammo anche uno spot pubblicitario che andò in tutte le sale cinematografiche della Lombardia… e i camion dell’azienda che la prese come testimonial, viaggiarono per parecchio tempo con la sua effige sulle fiancate… ma fu anche testimonial di una piccola azienda di telecomunicazioni, una oreficeria e un negozio di articoli sportivi… a quel punto l’avatar era uscito dal mondo virtuale e l’autrice in effetti non era mai esistita… il “reale” e il “virtuale” si sono ribaltati, creando un altro punto di vista.
Per Bryan: com’è nato il personaggio di Diego Neri?
BT – A dirla tutta, Diego Neri è un po’ come se avesse un padre e una madre. Stavo attraversando un periodo veramente oscuro. Con Giusy… la mia compagna, siamo andati in vacanza in un tranquillo e isolato casolare in Val d’Orcia. Dopo cena, ci sedevamo e parlavamo di questo libro che avevo in mente e quindi anche del principale protagonista. Non è stato difficile, potevo contare sull’aiuto di Giusy, che ha una mente affilata come una lama. Così… tra un Montenegro e una sigaretta è nato Diego Neri. Alcuni tratti, tra cui il nome, sono frutto dell’ingegno e dell’estro di Giusy, altri possiamo tranquillamente dire che sono “farina del mio sacco”.
Qual è stato l’espediente per fare incontrare questi due personaggi?
FP – È stata una genialata di Bryan… ha scritto un capitolo dove descrive un’operazione tra Forze Speciali congiunte avvenuta anni prima, durante la quale Diego Neri e Night Wolf si sono incrociati… con Alexia invece verrà a contatto per caso… poi non posso dire altro
Difficoltà incontrate in questo racconto a due voci?
FP – Da parte mia nessuna, so come scrive Bryan e lui è stato bravissimo a fondere il suo stile con il mio.
BT – No assolutamente nessuna! Non ho nessun problema nel dire che se sono migliorato nello scrivere è grazie a Fabio e a Claudia.
Elementi positivi invece?
FP – È stato un piacere scrivere insieme a lui… oltretutto abbiamo passato giornate gomito a gomito durante la revisione del libro… bellissima cosa.
BT – È stata una bellissima esperienza! In tutto e per tutto.
Da dove traete la vostra ispirazione?
FP – Dopo circa trentacinque anni che scrivo ho sviluppato un mio metodo di lavoro… e ormai i miei personaggi sono “autonomi”… generalmente parto dal titolo, è quello che poi dà il via alla storia, quello che cerco, però, è sempre il tentativo di stimolare nel lettore la curiosità di cambiare punto di vista e la struttura del thriller o del giallo, la trovo utile per questo scopo.
BT – Da quello che considero il mio ultimo rifugio: la mia mente.
Non smetto mai di pensare a ciò che potrei scrivere nei miei libri. Osservo l’ambiente attorno a me… le persone, le cose e i luoghi, ascolto, penso, memorizzo. Collego passato, presente e futuro… esperienze che ho vissuto, ciò che ho imparato, ciò che sofferto… tutto per me è fonte d’ispirazione
A quali fonti vi rifate per le vostre storie?
FP – Dipende cosa intendi per fonti… se parliamo di riferimenti a veleni, sedativi o cose del genere, faccio ricerche su internet o chiedo a Bryan… così come per le armi, è lui il mio riferimento. Per quanto riguarda invece l’ubicazione delle mie storie mi affido a Google maps… controllo sempre i percorsi, le zone delle città, guardo e descrivo, il più possibile fedelmente, i luoghi dove si svolgono le vicende… e quando mi è possibile ci vado di persona… mi ricordo che per IM Imago Mortis, c’era una scena ambientata in un albergo di Lugano… allora abitavo a Milano, un sabato presi la moto e andai a vederlo… fu divertente… lo stesso vale per Roma, che ora conosco abbastanza bene… per le ambientazioni negli USA mi devo affidare a internet, però cerco sempre di documentarmi sulle zone che descrivo.
BT – La prima storia del personaggio di Diego Neri è stata “Anime in debito”, gli altri sono dei prequel, questo vuol dire che quando scrivo devo documentarmi moltissimo. Ad esempio, se penso di introdurre un determinato tipo di arma o di equipaggiamento nello svolgimento di un’azione, devo essere sicuro che in quell’anno, che narra del vissuto di Diego Neri, quell’arma o quell’equipaggiamento esistessero già. Spesso ho intervistato o chiesto delucidazione a persone più esperte di me in quel determinato campo… mi è capitato ad esempio di dover descrivere un’azione in cui era necessario avere un determinato tipo di macchina fotografica e quindi ho chiesto a Fabio… chi meglio di lui! Invece, per documentare i luoghi, come Fabio ricorro a Google maps o street wiev, controllo percorsi, tempistica, morfologia e persino il meteo di quella determinata stagione. Lo so… talvolta sono pure un tantino maniacale. Se comunque, ne ho la possibilità vado di persona, questo aiuta molto.
Bianca Folino