L’amore secondo Paul Valéry

Aujourd’hui, nous parlons de Paul Valéry. Il poeta nasce il 30 ottobre del 1871 a Sète, nel Sud della Francia, un paese della Linguadoca tra Montpellier e Bezièrs sulla strada per Perpignan, andando verso la Spagna. Figlio di Barthélemy, un controllore delle dogane originario della Corsica, e di Fanny Grassi, genovese, figlia del console del Regno di Sardegna a Sète. Questo poeta, nasce nel 19esimo secolo e vive gran parte della sua vita nel 20esimo. Siamo quindi a scavalco di un’epoca che si avvicina alla nostra. Dopo aver frequentato il liceo di Montpellier si iscrive, nel 1889, alla facoltà di giurisprudenza. Durante gli anni universitari, si avvicina alla poesia e conosce alcuni importanti personaggi del mondo artistico e letterario, tra cui Stephane Mallarmé e André Gide, mentre più tardi stringerà amicizia con Degas e Renoir. A questo periodo, risale la pubblicazione di alcuni suoi componimenti poetici sulle pagine di una rivista simbolista. Studia la poesia di Mallarmé e l’opera di Edgar Allan Poe: entrambi diventano per lui degli importanti maestri.

La crisi di Genova

Nel 1892 la vocazione letteraria di Valéry subisce un duro contraccolpo: si innamora di una giovane spagnola e contemporaneamente è scosso da una grave crisi esistenziale, che lo porta a ripudiare la scrittura come forma di vanitosa autoaffermazione personale. Il malessere lo coglie nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1892 mentre si trova a Genova. Come lui stesso afferma in un saggio su Poe, i dubbi e le incertezze dei suoi vent’anni, determinano quella che senza mezzi termini chiama “la crisi dello spirito“. Valéry indicò ripetutamente questa notte come la notte della sua vera nascita, l’inizio della sua vita mentale. Ce lo testimoniano i suoi cahiers, quaderni diario nei quali si costringe ad annotare ogni mattino tutte le sue riflessioni, con l’intento di raggiungere il massimo grado di conoscenza e di controllo del suo intelletto. Lo farà per 51 anni, tra le 4 e le 8 del mattino, dopo di che – come scrisse – avendo consacrato queste ore alla via dello spirito, mi sento in diritto di essere sciocco per il resto del giorno, dove per sciocco noi dobbiamo leggere libero da impegni seriosi. I diari, ricchi di importanti riflessioni filosofiche, estetiche, antropologiche e religiose, verranno pubblicati solo in parte dopo la sua morte. Si tratta di un’opera monumentale che consta di ben 261 quaderni manoscritti per un totale di 26.600 pagine. Tra il 1895 e il 1896 scrive “L’introduzione al metodo di Leonardo da Vinci” e “Serata con Signor Teste”, opere in cui tenta di mettere a fuoco il suo metodo filosofico e rivela la sua inclinazione verso la filosofia cartesiana. Nonostante la decisione, presa nella famosa notte genovese, Valéry non abbandona del tutto la poesia, ma se ne tiene a debita distanza. Nel 1894 si trasferisce a Parigi e trova un impiego come redattore al Ministero della Guerra. La sua dedizione al lavoro, gli consente poi di diventare segretario personale di Edouard Lebey, amministratore della più importante agenzia di stampa. Nel 1900, la sua vita privata è allietata dal matrimonio con Jeannine Giobillard, dalla quale avrà tre figli. La sua carriera poetica, invece, riprende quota grazie all’intercessione di André Gide, che gli permette di pubblicare presso la casa editrice Gallimard la raccolta “La jeune parque”, la “Giovane Parca”. Nella cultura greca le tre parche presiedevano i mesi di gravidanza e alla nascita, mentre nella cultura latina sono interamente assimilate alle Moire. Catullo (LXIV, 306 segg.) le rappresenta come vecchie tremolanti che filano lo stame della vita e predicono il futuro con il loro canto. La giovane adolescente, cui è imposto il nome di giovane parca, ha però poco a che vedere con le parche dell’antichità. L’eroina del poema, infatti, è la coscienza o l’autocoscienza. Secondo altri critici, la giovane parca si commuove e, commovendosi, si trasforma in una serie di atteggiamenti sentimentali, spirituali, o corporei, che fanno di lei l’essenza della personalità umana.La raccolta ha un grande successo, e fa da apripista ad altre due pubblicazioni: “Le cimetière marin” (il Cimitero marino) del 1920, pieno di malinconia e di visioni marine, e “Charmes”, del 1922, un titolo che noi potremmo tradurre con incantesimi. Le sue composizioni raccolgono consensi e approvazioni da parte di un numero di lettori sempre più numeroso. Valéry si ritrova in poco tempo a ricoprire la carica di poeta ufficiale della nazione. Il Cimitero marino è un testo abbastanza difficile, che giunge a distanza di 113 anni da I Sepolcri del Foscolo (1807) e precede di 5 anni “Ossi di seppia” di Montale. Un’opera che si interroga su cosa sia la giovinezza e la vecchiaia, su cosa siano le stagioni passate e quelle a venire, insomma si interroga sull’esistenza.

Il titolo “Il cimitero marino”, è suggerito dal cimitero di Saint-Charles a Sète, che dopo la morte del poeta fu battezzato cimitero marino per ricordare la sua poesia. E’ un cimitero che si appoggia sulle balze di una collina e tutto si protende guardando verso il mare aperto. Altri cimiteri marini famosi, sono quelli di Bonifacio in Corsica, di Saint Tropez in Francia e di Monastir in Tunisia. La sua nuova condizione di poeta famoso, gli procura una serie di riconoscimenti professionali e sociali, tra cui l’elezione nel 1925 all’Académie française, massimo riconoscimento per un letterato francese. Lui continua a pubblicare una serie di opere e intanto si accumulano le nomine a cariche sempre più prestigiose: ottiene il ruolo di presidente della commissione incaricata dell’organizzazione dell’Esposizione Universale del 1936 e al Collège de France istituiscono una cattedra di poetica apposta per lui. Quanto poco invece questo poeta sia conosciuto o letto in Italia, nonostante fosse figlio di un’italiana e fosse amante dell’opera di Leonardo da Vinci, è documentato da due libri presi in prestito nel 2019 dal Sistema bibliotecario (37 biblioteche che comprendono anche centri importanti): Cimitero marino è stato preso in prestito una volta nel ’95 e una volta nel 2003. La giovane parca soltanto una volta nel 2003, probabilmente da uno studente. Fatta questa precisazione, che ritengo del tutto negativa, entro nel vivo della sua poetica con la lirica:

I Passi

Nati dal mio silenzio,

posati santamente,

lentamente, i tuoi passi

procedono al mio letto

di veglia muti e gelidi.

Persona pura, ombra

divina, come dolci

i passi che trattieni.

Trattiene i passi, perché, come aveva detto nella prima strofa, sono passi che procedono lentamente. L’amore ha i suoi tempi, ha bisogno di una sua lentezza. Poi, proprio perché vede la sua donna come un’ombra divina, si rivolge agli dei. Per restare nel tema metaforico dei passi, dice indovino i grandi doni che mi attendono sopra tutto ciò che è costruito su quei piedi nudi, intendendo… quando potrò godere di quel tuo corpo adorato…Ne sottolinea infatti la condizione, “nudi!”

Se da protese labbra,

per acquietarlo, all’ospite

dei miei sogni prepari

d’un bacio il nutrimento, siamo ai preliminari dell’amore

non affrettarlo il gesto

tenero, dolcezza

di essere e non essere:

Ancora questa impressione, di dolcezza, di lenta e studiata delicatezza, se ti prepari a baciarmi, a nutrirmi con un bacio, non affrettare questo gesto, trattienilo. Tutto è vissuto come in un sogno, dolcezza di essere o non essere.

io vissi dell’attesa

di te, il mio lento cuore

non era che i tuoi passi.

Vivere nell’attesa di un amore, al punto che il suo lento cuore non viveva che per quei passi. Per avere una sensibilità di questo tipo, bisogna nutrire un sentimento ugualmente intenso. Certamente Valéry conosceva l’amore, al punto che in uno dei suoi tanti aforismi scrisse: L’assoluto dell’amore, quindi il sublime, le vette più alte, si riconosce dall’inquietudine incessante di chi ama. Nel periodo dell’occupazione nazista, lavora come amministratore al centro universitario di Nizza, ma il suo netto rifiuto a collaborare con il regime provoca la sua rimozione dall’incarico. Continua a intrattenere rapporti e scambi di opinione con importanti esponenti del mondo culturale del periodo, tra cui il filosofo Henri Bergson. Proprio la relazione intellettuale instaurata con quest’ultimo testimonia l’indipendenza di Valéry, in quanto Bergson è ebreo. Il silenzio a cui lo condannano i nazisti, finisce al termine del secondo conflitto mondiale, quando il poeta francese prende di nuovo la parola in pubblico in occasione del 250 anniversario della nascita di Voltaire, parlando della recuperata ragione dopo tanti anni di degenerata follia. Il giudizio storico sulla sua figura di uomo, non è però ancora definitivo.

Dal 1938 al 1945 Valéry, ha una relazione con Jeanne Loviton, nota come Jean Voiler negli ambienti letterari. Questa donna era nata nell’aprile del 1903 ed è morta nel luglio del 1996. Era un’editrice, scrittrice essa stessa e avvocato francese. Sposata con Pierre Frondaie, era conosciuta come une grande seduttrice all’interno del mondo letterario francese, tra il quale poteva contare molti amanti, compreso il nostro Curzio Malaparte autore dei romanzi Kaput e La Pelle. La relazione con Jeanne dura più di sette anni. Quando inizia, il poeta ha 67 anni, la sua musa 35. Valéry dedica a questa donna versi arditi e colmi di eros, di amore assoluto e di ossessione erotica. Durante questo legame, l’innamorato Valéry le invia migliaia di lettere che contenevano, tra l’altro, circa 150 poesie. Con Jeanne ritorna all’opera poetica abbandonata vent’anni prima: sonetti, odi, elegie, madrigali, canzoni, ballate che costellano queste lettere d’amore. Jeanne gli aveva dimostrato che la poesia non è soltanto la capacità di fraseggiare, di trovare il giusto modo di mettere parola dopo parola, ma è la capacità di esprimere il sentimento che il poeta ha dentro. La poesia è pura emozione. Sono poesie che, pur non rivaleggiando con i capolavori del passato, rivelano tuttavia la capacità del poeta di infondere nei versi la perfezione dello stile che aveva affinato con le opere in prosa.

I critici parlano di versi che non possono sostenere il confronto con le grandi raccolte di Valéry, “La giovane Parca”, “Il cimitero marino” e “Charmes”, opere della maturità artistica. Sono sicuramente versi che grondano un erotismo senile, un erotismo di cervello, vista l’avanzata età del poeta, scomparso nel 1945, quando mancavano pochi mesi al compimento dei 74 anni. Paul Valéry muore infatti a Parigi poche settimane dopo la fine della guerra, il 20 luglio del 1945. Il presidente francese Charles de Gaulle richiese per lui funerali di Stato, dopo i quali venne sepolto a Sète, nel cimitero marino che aveva celebrato nel suo poema. Dopo la sua morte, furono pubblicati anche alcuni estratti dei suoi diari, i Cahiers, ai quali – come ho spiegato – consegnava quotidianamente l’evolversi della sua coscienza e le sue relazioni con il tempo, i sogni, il linguaggio.

Franco Rizzi