L’Arnica montana

E’ un rimedio naturale per botte e slogature. Stiamo parlando dell’arnica montana. Dopo un inverno asciutto con temperature basse, seppure non bassissime al punto da gelare l’acqua dei fiumi, come accadeva 50 anni fa, i primi sintomi della primavera si fanno sentire. Con essi anche le prime fioriture di bucaneve e veroniche timidamente azzardano nel mettere corolla, ben consapevoli che una gelata notturna potrebbe compromettere il loro sforzo vegetativo. Ci avviamo quindi verso quella che per un naturalista è la più bella stagione dell’anno. L’inverno passato sui libri e le piante essiccate non fanno altro che rendere più acuto il desiderio di rinascita e di passeggiare tra i boschi o lungo il fiume. Durante queste escursioni può accadere di inciampare in sassi o radici e procurarsi delle “botte” fastidiose nonché dolorose, oppure slogarci caviglie e talvolta, rovinosamente cadendo, anche i polsi.
Un rimedio antico, ma ancora validissimo per attenuare il dolore causato da queste piccole disavventure, è l’Olio di Arnica, estratto da una piantina erbacea che cresce sui pascoli alpini.

Una delle prime notizie sull’uso terapeutico di questa specie si deve a Santa Hildegarda von Bingen, monaca Benedettina vissuta nel XI secolo dopo Cristo, che la raccomanda per il trattamento di contusioni ed ecchimosi. La santa, oltre che essere una figura di riferimento per le consorelle, era coltissima; ci ha tramandato, emendandolo da imprecisioni, il vasto sapere dei protomedici arabi, greci e latini. Nella sua opera “De arboris” discute le proprietà di circa duecentocinquanta piante, di cui molte segnalate da lei per la prima volta. Curioso tuttavia che il grande Pierandrea Matthioli, medico-erborista del principe vescovo trentino Bernardo Clesio vissuto nel 1500, citi l’Arnica nei testi medici, confondendola, però, con un’altra specie. Bisognerà attendere, verso la fine dello stesso secolo, il botanico tedesco Jakob Tabernaemontanus per trovare l’Arnica impiegata come rimedio contro le ferite e descritta come “panacea lapsorum”, toccasana dei caduti.
Sorgono ora due domande spontanee.


Come si riconosce l’Arnica e come si prepara l’olio terapeutico. Alla prima si risponde facilmente. E’ necessario recarsi su un pascolo alpino dove la pianta fiorisce nel mese di luglio, preferibilmente su substrato acido. Gli steli della piantina portano fino a tre fiori delle dimensioni di grosse margherite color giallo polenta. Le foglie sono sempre opposte, caratteristica che la distingue da altre specie della stessa famiglia (Asteraceae) e che vegetano nei medesimi ambienti, quali il Doronico o la Crepide. Un’altra particolarità è la presenza alla base della pianticella di una rosetta di foglie ovali ben appressate al suolo, foglie tempo fa utilizzate, dopo essicazione, come tabacco da alcune genti alpiche.


Appreso diligentemente come si riconosce l’Arnica, magari accompagnati per la raccolta da qualche amico che ha esperienza, rimane la risposta alla seconda domanda. Esistono molti metodi per preparare l’Olio di Arnica, ma preferisco riferire solo quello da me utilizzato perché sperimentato efficacemente da almeno quarant’anni. Si raccolgono quaranta fiori ben asciutti (non 39 ne 41), si mettono in un fiasco senza paglia esterna, si tappa bene e si espone per quaranta giorni al sole. Inutile dire che i giorni devono essere assolutamente quaranta. In questo periodo si deposita sul fondo del fiasco un olio denso e dorato, che infine andrà filtrato e raccolto in una boccetta di vetro (evitare plastica). L’olio ora è pronto e per l’utilizzo va diluito, prima dell’uso, con acqua distillata. L’utilizzo è intuitivo. Ne vanno spalmate con un batuffolo di cotone alcune gocce sulle “botte” o slogature e mai sulle ferite aperte in quanto potrebbe causare irritazioni. Ultimo avvertimento. Quando aprirete il fiasco per recuperare l’olio indossate un paio di occhiali. A volte all’interno del fiasco si creano dei gas che immediatamente fuoriescono e rischiano di causarvi una fastidiosa irritazione agli occhi, cosa che è accaduta al sottoscritto durante la prima preparazione del magico prodotto medicinale.

Enzo Bona