Le poesie d’amore del passato

Dopo esserci intrattenuti sui tre grandi poeti del Romanticismo inglese, facciamo un grande salto all’indietro nel tempo. Ce lo consente il sapere che il cuore umano non cambia, non può cambiare.I sentimenti non sono soggetti alle leggi del progresso e della scienza che, al massimo, possono modificare la nostra sensibilità, la nostra modalità di approccio al contesto.  La poesia non ha bisogno di progresso, di scoperte, di invenzioni. La poesia è vicina al cuore ed è lontana dalle leggi della modernità.

Per questo ci emozioniamo ancora sentendo la poetessa Saffo cantare:

Scuote l’anima mia Eros,

come vento sul monte

che irrompe entro le querce;

e scioglie le membra e le agita,

dolce amaro indomabile serpente.

Saffo, Tramontata è la luna

Saffo non viaggiava in aereo, non aveva in casa la televisione, i suoi abiti erano eleganti ma non firmati….Tra la sua vita e la nostra c’è una distanza enorme. Eppure, quando essa parla e si dispera per amore, le sue parole ci fanno fremere ancora oggi, non possiamo ascoltarle rimanendo indifferenti. Proprio il mantenersi nel tempo di quel che di eterno c’è nel sentimento, ci permette di colloquiare a distanza di secoli sulle eterne vicende, a volte tormentose, del cuore umano. Ci permette cioè di capire il tormento dell’amore di Saffo, così come potremmo capire quello di un primitivo, di un analfabeta o di persone del nostro tempo.  La poesia ha grande capacità comunicativa e sa parlare al cuore di chi legge. Sicuramente non ha bisogno di essere corredata da inutili didascalie come accadeva nei vecchi film muti. In questo andare a ritroso nel tempo, propongo due poeti Egizi e un testo di un poeta cinese. Inizio dai poeti egizi, ignoti, il primo appartenente alla XVIII dinastia, vissuta tra il 1580 e il 1346 a.C., il secondo vissuto all’epoca del faraone Ramses II, quindi tra il 1320 e il 1230  a.  C. 

Poeta Egiziano Ignoto (1580 – 1346 a.C. )

L’amore della mia bella

L’amore della mia bella è sull’altra riva.

Un braccio di fiume sta tra noi

e il coccodrillo si tiene su un banco di sabbia.

Entro nell’acqua, cammino sopra i flutti.

Potente è il mio cuore sull’onde

e l’acqua è come terra per i miei piedi,

tanto forte mi rende l’amor suo:

per me fa l’incantesimo sul fiume.

Siamo, evidentemente, in un contesto africano, evidenziato da quel braccio di fiume, dalla presenza incombente del coccodrillo e dal banco di sabbia. E’ un amore in cui si manifesta la forza del sentimento, che rende il cuore dell’innamorato tanto audace da camminare sulle onde come se i suoi piedi si appoggiassero sulla terra ferma.  Il fatto che ci troviamo dentro una cultura diversa dalla nostra, è documentato dalla soluzione poetica del racconto: cosa fa, infatti, la sua innamorata?  Chiama in gioco, questo l’aspetto che voglio sottolineare, quella componente di magia che c’è nell’amore e gli fa l’incantesimo sul fiume. L’altro poeta egiziano, dà invece spazio ad una voce femminile, per raccontare un amore sicuramente più passionale….tanto spasimo per il tuo amore…, ma nel quale emerge la preoccupazione della donna per il suo aspetto, che la deve fare apparire  pronta, cioè sempre attraente agli occhi dell’innamorato.

Poeta Egiziano Ignoto (1320 – 1230 a.C. )

I ricci

Tanto spasimo per il tuo amore      

(quindi c’è dentro questa passione, questo ardore in atto)

che metà dei miei capelli si son sciolti

correndo ad incontrarti.

………………………………………

Vado a rifarmi i ricci

per essere pronta ad ogni istante.

I capelli, i ricci in particolare, sono immagine,  metafora concreta di tutto ciò che la donna,  allora come oggi,  può offrire al suo uomo,   ovviamente non solo sul piano fisico, ma anche su quello spirituale in termini di dolcezza, di affettività, di condivisione. Chiudo con il testo di un anonimo cinese, quindi appartenente a un tipo di cultura completamente diversa, vissuto intorno alle’8oo a.C. L’800 a. C. è un secolo importante nella letteratura, una pietra miliare, perché sono gli anni in cui Omero compone l’Iliade e l’Odissea. Omero però raccontava fatti avvenuti nel 1200 a. C., quindi circa 400 anni prima, in quelle che furono a tutti gli effetti delle preciviltà. Il testo cinese si intitola Preghiera a Ciong, nel quale vedremo come una giovane donna preghi il suo innamorato di non accostarsi troppo ai confini della casa, di non scavalcarne il muro e di non entrare nemmeno nel giardino. Perché tutto questo? E’ ciò che lei desidera realmente? Certamente no, in una situazione di totale dipendenza familiare e in un contesto sociale nel quale la figura della donna è l’anello più debole, lei ha solo paura dei parenti, dei fratelli e delle malelingue dei vicini. Leggiamo questo inno d’amore, espresso sotto forma di preghiera, nel quale la paura della donna ha una doppia matrice: sicuramente teme per sé, ma soprattutto nutre il presentimento che qualcosa di male possa succedere al suo innamorato.

Anonimo cinese (8oo – 600 a. C.)

Preghiera a Ciong

Io prego Ciong

che non si accosti troppo alla mia casa,

e che non rompa i rami ai nostri salici:

non per amore dei rami dei salici

ma perché ho paura dei parenti.

Ciong è adorabile,

ma il cruccio dei parenti è ben temibile!

Io prego Ciong

che non scavalchi il muro,

e che non rompa i rami ai nostri gelsi.

Non per amore dei rami dei gelsi

ma perché ho paura dei miei fratelli.

Ciong è adorabile

ma i motteggi fraterni son terribili!

Io prego Ciong

che non penetri dentro dal giardino,

e che non rompa i rami al nostro sandalo.

Non per amore dei rami del sandalo,

ma per via delle lingue dei vicini.

Ciong lo devo adorare,

ma lingue maligne fan tremare!

Segnatevi le tre frasi chiave di questo testo, una per strofa: nella prima il cruccio dei parenti è ben temibile. Nella seconda i motteggi dei fratelli son terribili, i motteggi quindi le frecciatine, le punzecchiature…e infine, nella terza,  le male lingue fan tremare.  Sono le tre paure della ragazza ed è straordinaria la tecnica con la quale ce le comunica.  Le mette in campo, facendole precedere da una frase ripetuta al negativo come un ritornello, non per amore: non per amore dei rami dei salici, dei rami dei gelsi e dei rami del sandalo.  Il sandalo è una pianta, di origine indiana, da cui si ricava un’essenza molto usata in profumeria e per la produzione dei bastoncini di incenso che a volte bruciamo nelle nostre case. Notate poi come nel penultimo verso delle prime due strofe dica: Ciong è adorabile, mentre nella terza dice qualcosa di più: lo devo adorare. Nonostante un contesto non favorevole sente questo come un dovere.              

La mia è probabilmente soltanto un’impressione, ma mi pare di sentire raccontare qualcosa di già accaduto, sotto altri cieli, in altre culture. Un’impressione che comunque mi tengo dentro, ma che mi induce a porre alcune domande. Accadeva solo in quelle culture?  Accadeva soltanto in tempi passati o accade ancora oggi?  Quanti amori sono stati rovinati dalle male lingue? In che modo è cambiata e sta cambiando la libertà della donna in certi ambiti della nostra società? Quanto influisce in questo cambiamento il processo inarrestabile della globalizzazione? Sono tutte domande che io vi consegno e che, in un’eventuale ripresa del testo, potrebbero essere occasione di riflessione.

Franco Rizzi

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