Le vere origini di Biancaneve

La nuova versione cinematografica del film cult di Disney uscita in queste settimane ha generato molte polemiche, qui però vogliamo parlare della vera origine della fiaba. “Biancaneve e i sette nani” fu il primo film di animazione prodotto negli Stati Uniti, il primo a essere girato completamente a colori, il primo lungometraggio della Walt Disney Productions. Fu portato sul grande schermo nel 1937, diventando successiva pietra di paragone per tutte le edizioni seguenti. Il cartone si basa sull’omonima fiaba dei fratelli Grimm, i quali riunirono oltre cento storie del folkrore popolare tedesco nell’ antologia ” Le fiabe del focolare” tra il 1812 e il 1814. Nella prima versione dei Grimm (1812) è la madre a perseguitare la piccola Biancaneve, soltanto nel 1857 gli autori decisero di rispettare il vincolo della maternitĂ , in quanto ritenuto sacro, con l’introduzione della matrigna. Quella che segue è la versione canonica della fiaba che conosciamo.

Biancaneve è una bambina di sette anni, la matrigna, tuttavia, si sente minacciata dalla sua bellezza. Ordina perciò al cacciatore di ucciderla nel bosco, luogo simbolico origine di paure e oscure presenze, e come prova dell’avvenuto delitto gli ordina di prelevare fegato e polmoni della piccola, che mangerĂ  conditi con sale e olio. L’episodio di cannibalismo non viene mai effettuato poichĂŠ il cacciatore uccide un animale al posto della bambina. Alla fine, sarĂ  la matrigna stessa ad avvelenare la figliastra, dopo due tentativi falliti, con la famosa mela avvelenata. A questo punto i nani la metteranno in una bara di cristallo per preservarne la bellezza. Il passare del tempo non altererĂ  il suo stato, il corpo non imputridirĂ , sembrerĂ  solo che dorma. L’arrivo di un principe che si innamora della fanciulla sconosciuta e vuole la teca al castello, aggiunge tasselli alla fiaba. Non dimentichiamo però che si tratta pur sempre di una bambina di sette anni e che un certo sentore di necrofilia e pedofilia si può certamente percepire.

Il bacio che sembra risvegliare la fanciulla, nella fiaba non esiste, è un’invenzione della Disney, Biancaneve sputa la mela per uno scossone durante il trasporto della bara nel bosco. Alla fine, come tutti sappiamo, i due si sposeranno, la matrigna invitata al loro matrimonio, sarĂ  costretta a ballare fino alla morte, indossando due scarpette arroventate. In realtĂ  il significato profondo della fiaba è un altro. Ciò che la matrigna invidia alla bambina non è la bellezza, ma il suo sbocciare diventando donna e quindi madre, cosa che la donna non può fare. L’assimilazione poi degli organi della bambina, estratti dal cacciatore, altro non è che un “cannibalismo rituale”, si mangiano parti del nemico per assumerne le qualitĂ , nel caso della matrigna, diventare giovane e bella.

C’è da dire che la favola dei fratelli Grimm a sua volta, si basò su uno scritto del 1634, intitolato “La schiavottella” di origine italiana. In questa storia una bambina di sette anni gravata da una maledizione, muore apparentemente, mentre la madre la sta pettinando poichĂŠ il pettine le si conficca nel cranio. La donna la chiude all’interno di sette bare di cristallo, una dentro l’altra e la nasconde in una camera del castello. Il dolore è troppo grande e alla fine muore dopo aver affidato la chiave al fratello, zio della piccola, facendogli promettere che non avrebbe mai aperto la porta. La moglie però si impossessa della chiave, e apre la porta della stanza segreta dove trova una bellissima giovane, la bambina che aveva continuato a crescere mentre dormiva. Pensando che il marito la teneva rinchiusa per avere rapporti con lei, decide di trascinarla fuori e rimuovere il pettine dai capelli della giovane interrompendo cosĂŹ l’incantesimo. Decide di tagliarle la chioma fluente e frustrarla a sangue con quella. Ne fa di lei la sua schiava, picchiandola ogni giorno, al punto tale che la fanciulla decide di togliersi la vita. Mentre racconta la sua storia a una bambola e sta affilando un coltello per compiere l’atto, lo zio la ode scoprendo cosĂŹ l’orrore. Perciò caccia la moglie, cura la nipote e la dĂ  in sposa a un uomo ricco.


Questa quindi la versione originale della favola. Come si può ben osservare affatto dedicata a dei bambini. In realtĂ  le favole erano raccontate intorno al fuoco la sera, a un pubblico di adulti per impartire lezioni di vita: distinguere il bene dal male, punire la vanitĂ  e premiare la gentilezza. Ma anche per esplorare temi tabĂš e parlare dei lati piĂš oscuri dell’animo umano, nello spazio sicuro del “c’era una volta”.

Sonia Filippi

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