L’imprenditoria è donna?

Dubai sembra essere diventata il paradiso per le donne che vogliono diventare imprenditrici. Dai punti vendita di cibo fino alle consulenze, dai negozi fino ad imprese più impegnative, sono sempre di più le attività aperte dalle donne in questo paese. Di recente una donna ha aperto cinque negozi in città dedicati al dettaglio multimarca della moda, un’altra ha invece un’impresa che produce pannolini biologici e sostenibili, fondata nel 2017 e che in questi cinque anni si è espansa in 14 paesi. Ma anche fare carriera qui sembra più facile per le donne, rispetto per esempio alla nostra Europa. Gli emirati sembrano più inclusivi quindi. Secondo l’azienda di analisi dei dati Magnitt, nel 2021 a Dubai le aziende gestite da sole donne hanno ricevuto l’11 per cento dei finanziamenti di venture capital, rispetto alla media internazionale che si attesta intorno al 3 per cento.

In Nord America e Europa invece la disparità di genere sembra ancora farla da padrone. In 6 paesi europei le donne che avviano imprese sono meno della metà degli uomini, in Slovenia, Grecia, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Turchia. Le difficoltà per le donne sono molte, in Italia come nel resto del mondo e la strada verso la parità sembra ancora piuttosto lunga, anche se in Asia la situazione sembra aver avuto un miglioramento. Il nostro paese è in linea con il resto dell’Occidente dove solo un’attività su cinque è guidata da una donna. Anche nelle startup il panorama non migliora. Negli Stati Uniti il 71 per cento delle nuove imprese non ha donne nel team di lavoro e il 57 per cento non ne ha nelle posizioni di vertice. Nello stesso settore in Italia la presenza femminile è ancora più ridotta. E questo anche se recenti ricerche sostengono che le donne sono più adatte ad individuare i bisogni del mercato. Ci sono diverse proposte di miglioramento di questa situazione, dalla formazione alle possibili normative che incoraggino le donne a fare imprese.

Nel 2018 il Word Economic Forum ha pubblicato un rapporto sul global gender gap (il gap di genere) concludendo che sarebbero occorsi 108 anni per eliminare le differenze di trattamento tra uomini e donne in campo lavorativo. Nel 2020 quel divario si è chiuso al 68 per cento. Oltre a ciò esiste una vera disparità salariale tra uomini e donne che nel 2019 risultava essere quasi il 51 per cento e nello stesso anno i leder aziendali al femminili erano solo il 34 per cento. I dati forniti dal Global Enterpreneurship Monitor (Gem) hanno sottolineato come Asia e Africa stiano facendo meglio dell’Europa per ridurre queste differenze.

Ci sono anche dati relativi al nostro paese diffusi da Unioncamere e Infocamere che attestano come a fine 2017 il 21,86 per cento delle imprese produttive fosse a conduzione femminile. Sicuramente un aumento c’è, basti pensare che rispetto al 2016 sono state iscritte alle Camere di commercio 10 mila imprese femminili in più in un anno e quasi 30 mila in più rispetto al 2014. Inoltre tra il 2014 e il 2017 c’è stato un aumento del 17 per cento delle società di capitali condotte da donne. Le donne imprenditrici sono aumentate soprattutto in Sicilia, Lazio, Campania e Lombardia. Nelle start up la situazione peggiora e sembra proprio che una leadership femminile abbia maggiori difficoltà ad affermarsi in un’azienda giovane. Appare evidente che la strada per la parità di genere nei luoghi di lavoro sia ancora lunga, come del resto anche dal punto di vista culturale.

Bianca Folino