L’isola d’Agata

“L’isola d’Agata”, è questo il titolo del romanzo di Alessandra Romano che entra così a far parte della squadra di autori targati PlaceBook Publishing & Writer Agency. Romano è giornalista e autrice di libri, anche se preferisce la Letteratura al giornalismo perché quest’ultimo si occupa di realtà e verità in senso stretto mentre la Letteratura permette di evadere da una realtà che spesso risulta stretta al vissuto. Nata a Napoli, Romano si è laureata in Filologia moderna con il massimo dei voti ed è affetta dalla Neurofibromatosi di tipo 2, di cui parla in uno dei suoi romanzi. Proponiamo ai lettori una sua breve intervista.

Presentati ai lettori, chi è Alessandra Romano?

Alessandra Romano è sia autrice di libri che giornalista, ma si sente maggiormente rispecchiata nel primo caso. Perché? Perché non ama la realtà. Nel giornalismo, invece, deve raccontarla, non può in alcun modo ignorarla o modificarla. In quest’ultimo vi sono delle regole che la scrittura di romanzi non ha. Alessandra è i suoi libri, è le parole dentro questi.

Perché hai voluto scrivere questo libro?

Perché la vita non è facile per nessuno, non solo dagli affetti da qualche malattia. Può esserlo anche per degli orfani, soprattutto, se desiderano una famiglia. Lorenzo e Natalia, poi, sono entrati nella mia immaginazione in un momento molto difficile della mia vita e mi hanno aiutato ad andare avanti. A loro devo tutto. Forse devo anche quelle farfalle nello stomaco che in quel momento non credevo avrei mai avuto. Mi sono infatuata della loro storia.

Come hai scelto il titolo?

Avevo pensato che l’orfanotrofio dovesse riferirsi a un luogo felice e l’isola di solito lo è. Con il direttore i bambini riescono, nonostante tutto, a essere spensierati. Per il cognome D’Agata mi informai consultando una lista.

Come hai creato i personaggi, ti sei ispirata a qualche persona reale?

Madonna sono consapevole che ora verrò parecchio presa in giro dai lettori, vabbè per Natalia mi sono ispirata ad Hermione di Harry Potter, in particolare per la fisicità, ma anche per il carattere, per quella saccenza che all’inizio della saga si nota molto in lei. Però la differenza è che quella della maghetta è una pedanteria quasi comica, mentre quella di Natalia ha un qualcosa di oscuro. Per Lorenzo ho preso spunto da Gilbert Blyte della serie Netflix Chiamatemi Anna, principalmente per quel carattere modesto, per la bontà d’animo e la cultura che nasce dal solo amore per essa.

E perché hai voluto ambientarlo a Napoli?

Perché è la mia città. Mi è familiare e per me non ha segreti. Per me Napoli è stupenda.

Male e bene che significato hanno per te?

Il male è tutto ciò che non si fa con amore, il bene sì.

Come promuoverai questo libro?

Pubblicando sempre le recensioni che mi fanno e con dei video su TikTok.

Che messaggio vorresti arrivasse ai lettori?

C’è un detto africano che dice: quando sei al buio fermati e aspetta che arrivi l’alba. Dico ai miei lettori di attendere, perché il bene, anche grazie al tempo, prima o poi arriva.

Com’è nata la tua passione per la scrittura?

Me l’ha trasmessa mia nonna.

Ci sono autori che ti ispirano?

Elena Ferrante e Francesca Giannone.

Questa storia avrà un seguito?

Sì.

Qualche desiderio letterario da realizzare?

Scrivere ancora.

Bianca Folino