L’ufficiale e il segreto

“L’ufficiale e il segreto”, è questo il titolo del romanzo si Diego Mencarini che entra così a far parte della squadra di autori targati PlaceBook Publishing & Writer Agency. Mencarini, classe 2000 ha frequentato il liceo scientifico e si è diplomato nel 2019. Nel 2022 ha conseguito la laurea in scienze biologiche e nel 2024 la laurea in biotecnologie vegetali e microbiche. Attualmente si trova in Finlandia per lavoro. Ma nonostante gli impegni è riuscito a coltivare la sua passione per la scrittura e a pubblicare il suo primo romanzo. Lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.

Raccontaci qualcosa di te, chi è Diego Mencarini?

Un ragazzo come tanti, ma a cui non piace gettare via il tempo. Abbiamo una sola vita e quindi va vissuta a pieno, ma senza esagerare e nel rispetto di tutti e tutto. Ogni secondo è unico per cui è giusto che abbia la sua importanza. Mi sono laureato in scienze biologiche e in biotecnologie vegetali e microbiche. Mi piace viaggiare. Infatti, per divertimento o per il percorso formativo di quello che dovrà essere il mio lavoro mi sposto appena posso, ne è la riprova che in questo momento, per seguire dei progetti post-universitari, mi trovo in Finlandia. Sono un tipo curioso, apprezzo la compagnia degli amici e tutta la bellezza che la natura può esprimere. A livello amatoriale pratico diversi sport e mi interesso dei metodi e dei programmi di allenamento. Ho fatto un corso di mixology. Conosco la lingua inglese e tolto ciò che devo fare per “necessità”, tutto il resto in cui mi cimento e mi avventuro è perché mi deve divertire.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?

Scrivere mi ha sempre attratto, l’ho sempre considerato un piacevole passatempo tra i mille impegni della vita in cui ci immergiamo nel quotidiano. Un giorno ho deciso di mandare una lettera ad un amico ma senza usare i mezzi tecnologici. All’inizio trovarmi davanti un foglio bianco mi aveva spiazzato, poi man mano che proseguivo mi piaceva vedere che l’inchiostro delle parole lo riempivano. Ho provato una strana sensazione che mi ha spinto a prenderne un altro e vedere cosa succedeva. Da quel momento, un giorno dopo l’altro, ho iniziato la sfida, anzi come la definisco io la partita a scacchi e, dopo aver delineato a grandi linee la storia del romanzo, mi sono avventurato divertendomi a cercare di adattare, studiare, adeguare alle nuove idee, gli intrecci, i luoghi, i personaggi per sviluppare la trama.

E come hai scelto il titolo?

Sinceramente finché non ho finito la prima “bozza”, immerso com’ero nella storia e negli eventi da far susseguire, non ho mai pensato al titolo. Questa mancanza, nonostante la consapevolezza, comunque ha continuato a persistere anche quando rileggevo il romanzo per cercare di migliorare la prima stesura. Dopo alcuni tentativi, andati a vuoto, ho colmato la pecca optando per “l’Ufficiale e il segreto”. L’Ufficiale, perché dall’inizio avevo deciso che quello sarebbe stato il mestiere che avrebbe avuto il protagonista. Doveva appartenere a quella categoria, in quanto nella mia mente quella figura l’ho sempre vista come una persona carismatica. Il segreto, per un insieme di motivi riconducibili allo sviluppo della trama. Il protagonista è perseguitato da una strana e misteriosa forza che, concatenandosi con le coincidenze degli eventi della vita, lo spinge a fare azioni, specie all’inizio, che non trovavano giustificazioni, ma che, successivamente, lo conduce a scoprire un segreto. Segreto, avvertito solo dall’inconscio, che quando viene svelato, nonostante riesca a calmare l’inquietudine che lo aveva pervaso fino a quel momento, diviene la causa che gli sconvolge nuovamente l’esistenza.

E il personaggio principale?

Per il racconto avevo bisogno di qualcuno che per motivi di carattere e lavoro fosse predisposto al sacrificio. Per questo, ho pensato che quel ruolo fosse adatto ad un militare. La carriera in armi mi affascina, ma dall’esterno vivere quell’ambiente, ritengo che non sia per molti. Secondo me, per fare il soldato bisogna essere inclini a sopportare con spirito di abnegazione le difficoltà presenti nel contesto ed avere la consapevolezza che è necessario convivere con la disciplina e i disagi dovuti alle esigenze del servizio. Tutto questo, che ho fatto conciliare con la pratica dello sport, hobby che impone delle rinunce per raggiungere gli obiettivi, ha generato il personaggio ideale, quello che nonostante le avversità e le sfide che gli si presentano, riesce a contrastare gli eventi perché la sua personalità, già forte di per sé, è forgiata ancora di più dal lavoro e dalla passione.   

Ci sono autori che ti ispirano in questa tua passione letteraria?

Si. In particolare, Dan Brown. I suoi libri sono affascinanti, hanno una trama avvincente, ricca di colpi di scena. Sono un mix di misteri e segreti, di storia, arte, religione e scienza. Secondo me riesce a catturare l’attenzione del lettore sin dalle prime pagine con una scrittura rapida e scorrevole che in ogni momento incentiva a proseguire. Inoltre, ha l’abilità di introdurre di continuo enigmi rendendo ogni capitolo un piccolo puzzle da risolvere e questo, a me, dà la sensazione di essere coinvolto personalmente in quelle avventure.

Perché questa scelta di parlare di vita militare?

Il romanzo non parla di vita militare, bensì descrive le difficoltà che qualsiasi uomo o donna potrebbero avere. La scelta del tipo di mestiere che avrebbe dovuto fare il protagonista l’ho stabilita, come ho già detto in precedenza, perché i soldati per antonomasia svolgono un lavoro particolare. Inoltre, ci sono altri elementi di questo contesto che mi servivano e che ho sfruttato in pieno. Ad esempio, per esigenze di servizio, chi serve la Patria, spesso, per periodi di tempo più o meno lunghi, deve restare lontano dagli affetti famigliari. Affetti che, per vicinanza e per ragione, devono rispettare e condividere il distacco. Quindi, questo mestiere, rispetto a molti altri, influenza particolarmente non solo la sfera personale di chi lo svolge, ma anche quella di chi lo circonda. Per cui, assegnare il lavoro di militare al protagonista, ho ritenuto fosse la cornice ideale per la storia che volevo raccontare.

E quanto pesano i segreti sulle vite a tuo giudizio?

Quando si parla di segreti si intendono emozioni ed eventi non condivisi e custoditi nel proprio intimo a cui poi ognuno di noi assegna un valore. Pertanto, situazioni o esperienze similari o magari addirittura uguali, hanno sicuramente un peso e un’importanza differenziata tra una persona ed un’altra. Quindi, determinare quanto pesa un segreto nella vita, secondo me, è molto difficile perché dipende da molteplici fattori, i primi dei quali sono il carattere e l’indole di un individuo. Pertanto, più si è spensierati, tranquilli e sinceri nel vivere, meno pesante è ciò che si fa. Viceversa, più si è egoisti e ambigui e maggiore sarà la difficoltà di rapportarsi o svelare ad altri il proprio operato ed è questo che poi costringe le persone a vivere nell’ansia. Comunque, pronunciare o leggere la parola segreto, di per sé crea e innesca suspence, vederla sul titolo del libro spero che catturi l’attenzione del lettore incuriosendolo sul mistero che avvolge il protagonista.

Questa è la tua prima esperienza editoriale, ce la racconti?

È stata divertente, impegnativa ma anche emozionante. Fin dall’inizio l’ho concepita come un gioco. Ti trovi di fronte al foglio e inizi a riflettere su quali pedine devi spostare, come le devi spostare e al modo di come farlo. Questo gioco però, non poteva essere solo per me, ma doveva coinvolgere piacevolmente anche quelli che avrebbero voluto partecipare. Pertanto, ho stabilito la regola che il romanzo doveva catturare l’attenzione in modo trascinante e spassoso e, quindi, l’avventura, spero di averla resa intrigante. È stata faticosa per due motivi. Il primo, le interruzioni temporali dovute ad esigenze del mio quotidiano. Dopo ogni sospensione, specie quelle più lunghe, quando mi rituffavo nel racconto ero costretto a rileggere quello che avevo scritto in precedenza per evitare contrasti con il progredire della storia. Il secondo, per essere fedele alla mia regola. Infatti, spesso mi è capitato che nonostante avessi delineato i contorni dei capitoli, ho riscritto interi paragrafi, perché avevo letto o visto qualcosa in televisione che mi dava l’idea di essere più interessante di ciò che avevo pensato io. Un’esperienza veramente emozionante perché al di là di quanti avranno il piacere di avventurarsi nella lettura del romanzo, comunque ho raggiunto un obiettivo personale che non pensavo di conseguire, pubblicare un libro.     

Stai già scrivendo qualcosa di nuovo?

Si, tra un impegno e l’altro, ci sto lavorando. La fantasia non mi manca, ma il tempo come diceva qualcuno è tiranno. Inizialmente, avevo pensato di raccontare esperienze che riguardano episodi diciamo “particolari”, legati a ciò che non si spiega facilmente con le regole della fisica o della chimica”, ma, per ora, quest’idea l’ho accantonata. Preferisco dedicarmi a qualcosa di meno complesso. Il nuovo romanzo, sempre se quello che mi sono ripromesso nello scrivere, cioè cercare di coinvolgere il lettore in maniera accattivante, non mi porti ad alterare la trama che ho ideato, sarà ambientato come il primo in Italia. Partirà da una delle nostre splendide isole per poi spostarsi nelle Alpi. Per il momento il racconto è incentrato sulla vita di un giovane a cui, per la brama di potere di un arrivista, viene tolta la paternità di una scoperta, poi si vedrà se cambierà e cosa cambierà. Per adesso non ho nient’altro da aggiungere, neanche il possibile titolo, perché è l’ultimo step che metto in cantiere.

Sogni da tirare fuori dal cassetto?

È banale e, sicuramente ridondante, sentirsi rispondere voglio vivere una vita oltre che felice divertente, ma a differenza degli altri io lo farò. Mi sento fortunato, perché apprezzo ciò che ho e quello che riesco a costruirmi. L’impegno e la fatica non mancheranno mai e, quindi, sono sicuro che i traguardi, senza affannarmi nel desiderarli, arriveranno e saranno sempre al massimo di quello che è stato l’impegno profuso. Comunque, oltre questo mio modo di essere e pensare, perché sono un tipo pratico e diretto, considerando che i sogni sono una merce di cui tutti possono disporre, non nego che ne ho uno legato agli studi universitari che ho fatto e ai progetti di lavoro che seguo e un altro, per rimanere nell’argomento dell’intervista, è quello di vedere proiettato al cinema il film ispirato al romanzo. Come vedi mi accontento di poco!  

Bianca Folino

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