Non chiamatelo Amore

di Roberta Recchia e Federica Sanguigni

Com’è tentare di rubare amore a un ladro, ostinandosi perché ci ricambi se non ci ha mai amato? Cosa resta di quel fioco calore, se non stracci con i quali coprire ogni vuoto? Cosa sotto ogni schiaffo, ogni assenza, ogni logoro labirinto di un cuore che, su asfalti rugosi, rifugga il dolore?

Evitiamo di convincerci che di fantasmi siano colmi i nostri mali, che l’affetto sia un peccato perso. Non c’è vita tra le lacrime di follia, nella malinconia funesta, dietro sorrisi atterriti.

Teniamo a mente i pavimenti sui quali siamo cadute, le calligrafie di orgoglio che hanno tracciato marci germogli, per cancellare ogni possibile sogno. Si può scegliere di non restare schiave in un vivere disperato, nella blasfema follia che interrompe, della vita, ogni sinfonia.

Barcollano le colpe, ubriache del passato, e si pentono, a volte, coloro che rubano la mente, atroci memorie. Manca il fiato, crepe grezze assopiscono un cruento oblio, ma si impara a sorridere alla beffarda lama, al tiranno coltello di una sorte bendata.

La semplicità dei sogni è, in fondo, viva oltre il tremolio dei corpi, nelle storie scritte sulle schiene chine, tra sussurri e illusioni, tra trame di funi silenti.

Parole taglienti e vive cancellano ogni illusione, e non fanno sconti, perché la violenza e il dolore non ne fanno ai nostri corpi né alle nostre anime.

Laura fu bambina
che giocava felice
fu ballerina
che come farfalla danzava nell’aria
Laura fu donna
innamorata e sognante
poi fu moglie
e non fu più niente…

E in quel niente c’è tutto.

Viaggi infiniti e intensi attorno alle nostre figure. Studi, ricerche, trattati, libri, fotografie, canzoni. Ciò che manca è il rispetto e la sensibilità. La sensibilità e il rispetto che, sovente, non sono cresciuti perché l’albero era marcio e privo di solide radici. Perché solo il seme ben curato e custodito può dare buonissimi frutti.

Le nostre storie, le storie delle donne violate, straziano l’animo, affondano come lame taglienti nel cuore di chi le ascolta e sfogano rabbia e tristezza, fino a trasfigurarsi nell’arte, fatta di immagine e di poesia. La poesia vera. Quella della vita.

Una poesia che sgorga dal cuore di chi narra in silenzio e di chi ascolta per comunicare. La poesia che attinge sangue e parole dal nostro orribile dramma. Il dramma della violenza. Una violenza che macchia i nostri corpi, i corpi delle donne. Sangue e lividi che segnano, in maniera devastante, i nostri animi stanchi e offesi.

Nel buio della stanza
la disperazione scende dal soffitto
Due occhi
bianchi come opale spento
ti cercano…
Il silenzio intorno
diventa un crepuscolo senza luce
spezzato dal pianto e dal dolore
Poi tutto tace…

È dal caos che rinasce poesia, ricomponendo parole sgretolate dal tempo, graffi incisi ma custodi di sedimenti preziosi, in un domani che sa rinascere in ogni possibile istante.

E allora il coraggio prende forma. Dalle ceneri di un fuoco ostile nascono ali pronte a sollevarci. Nel silenzio di una nuova alba, il richiamo della vita trapassa le mura delle nostre prigioni. Piano inizia un cammino nuovo, di speranza e di (ri)nascita.

Sotto lo smalto le unghie armate
spaccano lo scrigno della tristezza…
Si arrampicano verso la luce.
Il coraggio di un salto
e ti accorgi che anche la luna
può illuminare un nuovo cammino.
Vola adesso
l’universo è un mare lucente
di occhi che si cercano
pieno di mondi su cui approdare.

Versi e opere di Giuseppe Toscano