Quando il gesto si fa sacro

Si chiama Cha no yu, cioè cerimonia del tè ed un rito sociale e spirituale praticato in Giappone e chiamato anche Chado o Sado. E’ una delle arti Zen maggiormente note in Occidente. Non è un semplice consumo di una bevanda ma è molto di più, è un rito che segue regole e comportamenti precisi e che viene svolto in una specifica stanza utilizzando anche specifiche stoviglie.

Il Giappone non è l’unico paese dove si segue questa cerimonia, anche in Cina si usa servire la bevanda seguendo uno specifico rito e una particolare gestualità che si fa davvero sacra. Del resto il tè, come bevanda si è diffuso prima in Oriente e poi in Occidente, addirittura secoli prima che l’Europa la conoscesse. La pianta è originaria della Cina meridionale e veniva usata per scopi terapeutici fin dall’antichità, poi durante il X secolo il tè arrivò anche in Giappone, per opera di alcuni monaci buddisti. Sarebbe stato il monaco Tendai Elisai (1141-1215) a portare il tè in Giappone nel 1191 mentre il monaco Murata Juko (1423-1502) è considerato il fondatore della cerimonia giapponese. Quindi dobbiamo andare nei monasteri buddisti per conoscere le origini di questa affascinante cerimonia. Qui il tè aveva il duplice scopo di mantenere svegli i monaci durante le lunghe ore di meditazione e aiutarli nella ricerca interiore. Del resto sono proprio i monaci a considerarla un’arte, al pari della calligrafia.

La cerimonia ha 4 principi costitutivi: armonia, rispetto, purezza e tranquillità. La preparazione comincia giorni prima rispetto alla data fissata e prima di accedere alla stanza del tè gli ospiti, che avranno un posto assegnato, devono lavarsi le mani. La stanza per la cerimonia è costituita da quattro tatami e può ospitare fino a cinque persone, ma si possono utilizzare anche stanze più grandi nel caso in cui gli ospiti siano di più. L’ospite e gli invitati hanno due entrate separate e le porte sono basse in modo che chi entra debba abbassare il capo in segno di umiltà. Solitamente viene servito un pasto leggero, dolce per contrastare il sapore amaro della bevanda che è il tè matcha, che ha un colore verde ed è preparato per sospensione. Gli oggetti utilizzati durante la cerimonia hanno nomi specifici e sono considerati preziosi. I partecipanti possono scambiarsi delle parole tra loro ma secondo un frasario specifico. Ogni volta che un invitato beve la tazza viene pulita, prima di essere nuovamente usata.

In Occidente il tè richiama la stagione invernale e il freddo, la bevanda viene servita caldissima e spesso anche la tazza è riscaldata. Però l’azione in sé non ha significati particolari, come invece avviene in Oriente, al massimo si ricollega alla metà pomeriggio inglese: il tè è rigorosamente servito alle 17. In particolare in Inghilterra ci sono due riti del tè, l’Afternoon Tea con il Low Tea che è una specie di merenda dove si gustano anche dolci e tartine; l’High Tea è invece accompagnato da un pasto che di solito è la cena. Questa tradizione ha le sue radici nel XVIII secolo, quando gli scambi commerciali dell’alta nobiltà e i loro viaggi portarono la bevanda nel paese. L’High Tea era quello consumato dalla persone comuni, solitamente alla fine di una giornata lavorativa, mentre il Low Tea era quello dei nobili che mangiavano seduti sul divano, anche se ci si doveva vestire in modo appropriato. E fu la regina Vittoria ad istituzionalizzare questa tradizione.

In Oriente invece a seconda del paese abbiamo diversi significati in questa cerimonia che riesce a diventare quasi religiosa e comunque è sempre molto solenne. Il gesto del maestro di cerimonia si fa davvero un momento sacro che affascina lo sguardo tanto che non può essere distolto.

Bianca Folino