Quella casa in fondo alla pianura

E’ appassionato di storia ma anche di ingiustizie che hanno segnato periodi precisi. Davide Bernardin entra a far parte della grande famiglia Placebook Publishing & Writer Agency con il suo libro “Quella casa in fondo alla pianura”. Bernardin, classe 1987, è nato a Feltre e che vive a Bologna. Laureato alla triennale in lingue straniere di Bologna e Granada, e alla magistrale in Letterature euroamericane all’università di Trento, lavora come insegnante di inglese e spagnolo. Nel giugno 2020 pubblica il suo primo libro, un poema intitolato “Viaggio nel tempo – Tirannia, amore e ribellione”. Lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.

Raccontaci chi è Davide Bernardin?

Ho 35 anni, sono un insegnante di inglese e spagnolo e lavoro nella zona di Bologna, pur avendo trascorso gran parte della mia vita a Tonadico, nella valle di Primiero. Amo molto il rock’n’roll classico e orecchiabile, le grandi hit di un tempo, per intendersi. Fino a poco fa, scrivevo anche canzoni, che si rifacevano un po’ alla musica degli anni ’70 e a quella più recente degli anni ‘80-’90. Non sono infatti un grande estimatore della musica degli ultimi tempi, mi piace di più ascoltare quella di una volta.

Mi diletta la lettura di libri contemporanei intimi e avvincenti, dove alla buona caratterizzazione dei personaggi si aggiunge un buon ritmo narrativo colorito di suspense. Se si aggiunge anche un setting storico reale, il libro per me guadagna molti punti.

Riguardo alla passione per la scrittura, sono ormai passato negli ultimi anni dalle poesie alla narrativa. Il romanzo storico è il genere che prediligo, con la storia cerco sempre di mescolare il più possibile la mia fantasia e creatività… entro i limiti, ovviamente. Mi piace infatti che i miei libri abbiano sempre delle basi storiche, e che possano quindi rispecchiare il più possibile la realtà

Come hai scelto il titolo del tuo libro?

“Quella casa in fondo alla pianura” indica quello che è un po’ il nocciolo della trama: la famiglia di schiavi che fugge da un’ignominiosa schiavitù in quella casa in fondo alla selvaggia pianura della Louisiana, dove la legge non è potuta arrivare ed è stato commesso un sopruso inaudito. Il titolo evoca proprio qualcosa di lontano, dà anche una sfumatura di mistero a tutto il romanzo

Cosa ti ha ispirato a scrivere questa storia?

Sono sincero: la storia è nata da un racconto che avevo inventato molti anni fa. Avevo immaginato che una famiglia di schiavi della Louisiana non fosse consapevole che la schiavitù fosse stata abolita. Pensavo fosse solo mera opera della mia fantasia, ma quando l’anno scorso ho scoperto che era successo sul serio sono rimasto allibito. La storia della famiglia Freeman (protagonista principale del romanzo), di fatto, si ispira a una storia vera, quella della famiglia di Cain Wall, schiavi del Deep South ignari per moltissimi anni dell’abolizione della schiavitù. E così accade anche per gli altri protagonisti del romanzo, i Sammarchi (provenienti da Bologna) in primis, le cui storie si rifanno quindi a eventi realmente accaduti: dall’immigrazione a New Orleans di Giovanni (poi ingiustamente incarcerato), alla storia avventurosa nella prima guerra mondiale del fratello Goffredo come soldato del Regio Esercito (dove conosce due soldati irredenti della valle di Primiero, ispirati a loro volta alla storia vera di Guido Taufer, soldato irredento di Imèr)

È una storia vera, come ti sei documentato?

Mi sono molto documentato per scrivere il libro, su questo non c’è dubbio. Ho consultato libri e soprattutto archivi online di foto, immagini, storie, stradari… e anche di leggi. Per esempio, la segregazione tra neri e bianchi a New Orleans richiedeva uno studio storico più approfondito. Le fatidiche leggi Jim Crow, nate dopo la guerra civile, diventavano sempre più ferree e il libro segue passo dopo passo l’evoluzione di queste norme, che segregavano sempre più i neri nella società degli Stati Uniti del Sud (e nel caso specifico della Louisiana). Simile discorso per gli eventi legati alla grande guerra: non è stato per niente facile far combaciare le varie storie in termini di tempo, è stato un lavoro certosino di documentazione e precisione nella stesura della successione degli eventi… ci ho messo molta forza di volontà. D’altronde ho impiegato due anni a scrivere il libro, migliorandolo passo dopo passo

Qual è il messaggio di fondo del tuo libro?

Nel romanzo parlo in particolar modo di discriminazioni razziali, sociali e di genere, che caratterizzavano la società di un tempo, tuttora ancora molto attuali. E quindi di ingiustizie… amo infatti dar voce agli ultimi, a chi purtroppo una voce mai l’ha avuta e non ha potuto prendersi la sua rivalsa. Un ruolo molto importante all’interno dell’opera viene conferito anche alla musica e al canto, che funzionano spesso come toccasana e antidoto contro la cattiveria, la paura e la discriminazione

Però hai voluto fare una sorta di denuncia sociale: i protagonisti sono schiavi in quanto inconsapevoli dell’abolizione della schiavitù?

Sì, certo, voglio di fatto anche denunciare certi soprusi che per ora sono ancora sottaciuti nel mondo. I protagonisti sono schiavi in primis perché costretti a lavorare senza vedere un dollaro in tasca, in secondo luogo (ma non meno importante) perché sono proprio degli schiavi a tutti gli effetti, in quanto inconsapevoli dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Voglio anche denunciare l’America, che con le sue promesse di democrazia, di terra di rivalsa, di libertà ha fatto un po’ acqua da tutte le parti. Se è infatti vero che gli Stati Uniti danno grandissime opportunità che in Italia non abbiamo, è pur vero che se fallisci non hai molte porte aperte… e se sei un “ultimo” fatichi: il divario tra ricchi e poveri è ancora qualcosa di allucinante, in America più che in Europa, secondo me

A tuo giudizio oggi esiste ancora qualche forma di schiavitù?

Ce ne sono moltissime di forme di schiavitù. Ne abbiamo anche in Italia con il caporalato, o anche in altri casi in cui i datori di lavoro costringono a pesanti ritmi lavorativi gli operai, sottopagati in modo umiliante. Ci sono anche casi di schiavitù in famiglia, forse sono addirittura quelli più nascosti, subdoli, più difficili da denunciare: mi riferisco alle violenze, alle minacce che subiscono in particolar modo le donne (ma a volte anche gli uomini). La schiavitù, va detto, accade in realtà un po’ dappertutto, e nei paesi del Terzo mondo senza dubbio è ancora una norma non scritta

Hai già pubblicato un poema. Tra poesia e prosa cosa ti sembra più congeniale al tuo stile di scrittura?

Un tempo lo era la poesia, ora lo è diventata la prosa. Ho fatto anche un corso di scrittura creativa gratuito online, quello del Duca di Baionette, che mi ha permesso di migliorare molti aspetti del mio stile di scrittura, che ha senza dubbio fatto dei grossi passi avanti negli ultimi due anni. Se guardo com’era prima il mio libro (che ho di fatto riscritto), mi metto le mani nei capelli

A quali autori ti ispiri?

“Radici” di Alex Haley è senza dubbio uno dei miei libri preferiti, parla della storia di una famiglia di schiavi nell’epoca della schiavitù in America. La storia principale del mio libro si ispira senza dubbio molto a quel romanzo. Ho letto anche molti libri di Francesco Vidotto, romanzi scritti in modo semplice ma pieni di anima.

Diciamo, però, che ora gli autori che prediligo sono quelli di romanzi storici contemporanei dalla venatura un po’ thriller, dove alla storia si unisce la suspense. Non saprei, comunque, se ci sono proprio dei romanzieri a cui mi ispiro più di altri.

Mi piacciono abbastanza i libri di Donato Carrisi, Livio Gambarini, Ilaria Tuti… ma anche altri autori meno noti, che però hanno pubblicato libri interessanti e ben scritti. Va anche detto che da un po’ di tempo preferisco acquistare sempre libri di autori italiani. Fino a poco fa, leggevo molto anche i libri di Dan Brown… ma sono sincero: mi hanno un po’ stufato, li trovo ormai poco originali e basati sempre sullo stesso pattern narrativo. Devo però anche ammettere che la suspense dei libri di Dan Brown ha influenzato probabilmente anche un po’ i miei romanzi, e pure le storie parallele che caratterizzano i suoi libri.

Posso dire con tutta onestà che comunque preferisco scrivere che leggere, il quale resta senza dubbio uno dei miei passatempi. È in più un esercizio importante per chi vuole scrivere narrativa

Progetti letterari futuri?

Sto scrivendo il seguito di “Quella casa in fondo alla pianura”. Non voglio svelare per ora niente della trama, dico solo che la saga delle famiglie Freeman e Sammarchi continua… nel nome dei colpi di scena

Bianca Folino