Rachel prima di Greta

Che stiamo vivendo una crisi climatica grave è cosa sotto gli occhi di tutti. Gli ultimi episodi, piuttosto drammatici sono stati un campanello di allarme purtroppo ascoltati più da chi li ha vissuti in prima persona che da chi dovrebbe porre rimedio agli accadimenti prima che sia troppo tardi. E forse avremmo dovuto dare ascolto a Greta Thumberg piuttosto che tacciarla di manipolazione da parte dei genitori o di esagerazione delle sue proteste. Tra l’altro con ogni probabilità pochi sanno che non è stata nemmeno la prima a lanciare un allarme sulla questione clima. Le radici dell’attivismo ambientalista sono molto più lontane e affondano un terra statunitense con Rachel Carson.

La casa dove viveva Rachel Carson

Nel 1962 Carson pubblicò “Primavera silenziosa” un saggio divenuto un classico che fu il manifesto del movimento ambientalista negli Usa. E’ proprio grazie alla biologa americana (1907-1964) che il focus dell’attenzione pubblica è stato posto sull’emergenza dei cambiamenti climatici. A lei dobbiamo le denunce sull’uso e abuso dei prodotti chimici nell’agricoltura estensiva. Fin da bambina Rachel Carson, che viveva in Pensylvania con I genitori, aveva espresso il suo amore per la natura tanto da collaborare con il giornale scolastico scrivendo alcuni brevi racconti che parlavano proprio di questo. Dopo essersi laureata in biologia conseguì anche un master in zoologia e se oggi può sembrare cosa normale, dobbiamo considerare che lei viveva negli anni Trenta e questi erano traguardi davvero speciali per una donna dell’epoca.

Rachel Carson

La sua vita non fu per niente facile, costellata da lutti e difficoltà finanziarie oltre che da una salute piuttosto cagionevole. Carson, che oggi è considerata la madre dell’ambientalismo, subito dopo gli studi iniziò a dedicarsi a microscopi e laboratori focalizzandosi sulla Natura dalla quale avrebbe voluto carpire I segreti. Lavorò anche come biologa marina presso il Fish and Wildlife Service per il quale scrisse diverse pubblicazioni naturalistiche. Con il tempo iniziò a preoccuparsi del ruolo della Politica nell’ambiente che a suo giudizio era davvero marginale, nel senso che poco si faceva per la salvaguardia della Terra. Per questo le sue pubblicazioni assunsero sempre più il carattere di denuncia di maltrattamento del Pianeta.

Rachel Carson al lavoro

In “Silent spring” appunto denuncia con termini e accuse piuttosto forti l’uso dei mezzi chimici, dannosi per l’ambiente e per l’uomo. A suo giudizio quello era il modo migliore per stravolgere I cicli naturali ed oggi siamo consapevoli di quanta ragione avesse. Nel suo saggio però non c’è solo accusa e critica, ma piuttosto una forte voglia di “curare” il Pianeta. Il suo maggior merito è sicuramente quello di aver attirato l’attenzione dei politici sulla questione ambientale, anche se l’industria chimica reagì cercando di portare la biologa in Tribunale e imbastì contro di lei una campagna mediatica diffamatoria arrivando a chiamarla “un’acida zitella senza figli”. Un po’ quello che in tempi odierni è stato detto di Greta.

Nonostante questo l’allora presidente J.F. Kennedy istituì una commissione ad hoc per verificare la veridicità degli scritti della biologa. Nl 1963 apparve il rapporto della commissione che confermava l’allarme lanciato dalla scienziata sottolineando la necessità di iniziare ad utilizzare metodi biologici alternativi che potessero sostituire I pesticidi. Grazie a ciò Carson divenne portavoce di un’agenzia super partes per la tutela dell’ambiente ma non riuscì a vedere realizzato il suo progetto in quanto nel ‘64 morì per un tumore al seno. La sua eredità vive tutt’ora nei movimenti che ancora si battono per la salvaguardia ambientale, dalla messa la bando del Ddt nel 1972 (in Italia ciò avvenne nel ‘78) fino alle attuali proteste, comprese quelle di Greta Thumberg alla quale forse sarebbe ora di dare ascolto.

Bianca Folino