San Giovanni, senza priculu e senza dannu

San Giuvanni Battista senza priculu e senza dannu l’arma mia v’arraccumannu!” che tradotta vuol dire: “San Giovanni Battista ti affido l’anima mia, allontana da me ogni pericolo e ogni danno”. Ripescando dalla memoria dialettale siciliana vorremmo citare una frase tipicamente ragusana, molto diffusa tra i devoti del Battista e pronunciata specialmente quando si scatenano eventi disastrosi, calamità naturali e ogni qualvolta si cerchi la protezione del Santo. Le feste patronali, tripudio di fede e di gioia, sono un patrimonio ricco di significato da valorizzare e salvaguardare nel tempo. Innumerevoli sono i Santi venerati nelle varie città siciliane. Uno tra questi è San Giovanni Battista Patrono della città di Ragusa e di molte altre. La dedizione per l’ultimo dei profeti ha origini molto antiche ma il culto rinvigorì notevolmente dopo il devastante terremoto del 1693 che colpì molte città della Sicilia sud orientale, tra cui Ragusa. Della vecchia chiesa rimase illesa solo la statua del Santo, detta “San Giuvanni u niviru” tuttora esposta sull’altare maggiore della nuova chiesa. Con la nascita della diocesi il Battista fu dichiarato Patrono ufficiale della città. Ma contrariamente a quanto detto i ragusani condividono ancora oggi il patronato tra San Giovanni Battista e San Giorgio Martire patrono storico di Ragusa Ibla.

Anticamente il Battista veniva festeggiato il ventiquattro Giugno ricorrenza della nascita. Però a quanto pare, “i massari” cioè gli agricoltori che costituivano la maggioranza dei devoti, in quel periodo si adoperavano nel raccolto delle messi. Per non rendere vano un rito di fede tanto sentito fu presa la decisione di posticipare la festa il ventinove Agosto giorno in cui si ricorda il martirio del Profeta. Oggi come allora nei festeggiamenti l’aspetto determinante è il raccoglimento e la preghiera dei partecipanti. Fin sin dalle prime ore del mattino un susseguirsi di fedeli si accinge a partecipare alle varie funzioni religiose. Da notare anche i tanti ceri votivi accesi deposti davanti la statua dell’amato Santo sistemata nel giardino della cattedrale. Rito ormai consolidato dai credenti che non possono partecipare alla chilometrica processione del pomeriggio. La numerosa folla di fedeli con ceri accesi in mano segue silenziosamente l’Arca Santa accompagnata dalla banda musicale che precede il simulacro del Santo. La processione si snoda per le vie della città fino a tarda sera. L’immancabile spettacolo pirotecnico di mezzanotte conclude i festeggiamenti. Tra i devoti tante sono le donne scalze e che per grazia ricevuta indossano vestiti di colore rosso. Ancora una volta sono le donne che si adattano alle circostanze, si fanno carico dell’obbligo sancito con il Santo, chiedono protezione per sé stesse e per la propria famiglia e insieme si condividono momenti spirituali significativi e intensi. Si rinnovano vecchie credenze popolari e antiche tradizioni culinarie. È usanza la notte del ventitré Giugno prima di andare a dormire mettere tre fave sotto il cuscino. La mattina seguente, con gli occhi bendati se ne sceglie una a caso. La fava con la buccia annuncia un anno pieno di ricchezza, quella sbucciata a metà un anno intermedio e ahimè quella senza buccia prevede un anno pieno di eventi poco favorevoli.

Sempre nello stesso giorno è tradizione andare nei campi a raccogliere i fiori di Hypericum Perforatun. L’iperico, noto come erba di San Giovanni serve a preparare un olio portentoso dalle proprietà cicatrizzanti. Nella medicina popolare è utilizzato per eritemi, scottature solari, frizioni muscolari, arrossamenti e punture di insetto. Nella cosmesi è indicato per idratare la pelle. Ricetta dalla facile preparazione, che richiede pochissimo tempo: basta mettere i fiori di iperico in un vasetto di vetro e aggiungere olio extravergine di oliva fino all’orlo. Chiudere ermeticamente ed esporre alla luce del sole per trenta giorni. Dopo filtrare e lasciare al buio. Non dimentichiamoci del nocino fatto in casa che si ottiene con l’infuso di noci, alcol, acqua, zucchero, cannella e chiodi di garofano. Il segreto per la buona riuscita del liquore è la raccolta delle noci, che deve effettuarsi rigorosamente il ventiquattro giugno, né prima né dopo.

E infine ma non per ultimo è doveroso parlare ro bruoru ri iaddina ca pasta ‘mpastata e u cinu. (Del brodo di gallina con la pasta impastata e il ripieno). Zu Turidu: Ma comu finiu? Stamatina u iaudu nun cantàu? Sta cosa nun mi cumminci, c’è traficu! Ciuzza: Mah… ci tirai u cuodu, rumani si mancia u bruoru, è a festa ri San Giuvanni. Vu scurdastru? Tratto da “A zia s’inniu e s’arrifriscàu” di Maria Gulino, Armando Sciliano Editore. Il pranzo festivo da tradizione popolare, che si tramanda da intere generazioni di cui i ragusani non possono fare a meno il ventinove Agosto. La ricetta prevede i seguenti ingredienti:

Per la pasta: farina, uova fresche, acqua e sale.

Per il brodo: Gallina o pollo ruspante sventrati, acqua, sedano, carote e sale.

Per il ripieno: Interiora di gallina o macinato di vitello, olio extravergine di oliva, sale, pepe nero, uova, pangrattato e caciocavallo ragusano.

Il tutto cucinato a sentimento dalle abili mani delle donne ragusane. Tra le attività ricreative legate alla festa bisogna menzionare la rassegna teatrale Monsignor Pennisi che si svolge puntualmente in piazza San Giovanni. La tipica fiera commerciale parte integrante della festa ne preannuncia l’inizio. Kermesse unica nel suo genere è punto di incontro per i ragusani, con i suoi tanti svariati prodotti suscita sempre una certa curiosità e garantisce una piacevole passeggiata. Una tradizione che simboleggia la fine dell’estate e l’inizio della scuola. Mamma e bambini insieme si va alla ricerca delle ultime novità scolastiche e non. L’odore emanato dallo zucchero mette di buon umore e fa venire l’acquolina in bocca. Torrone, mandorle, nocciole, arachidi abbrustolite, zucchero filato, mele caramellate, rosse e succose lusingano gli occhi e assumendo la parvenza del nettare deliziano il palato dei buongustai. E per chi al dolce preferisce il salato l’alternativa ideale è il tipico panino con salsiccia o carne di cavallo alla griglia. Da mangiare e gustare insieme agli amici rigorosamente in piedi. Come di consuetudine a farla da padrone è l’immancabile esercito delle piante di “San Giuvanni”. Piante di ogni tipo e genere: grasse, da interno, da terrazzo e da frutto catturano lo sguardo dei tanti visitatori, che a tale vista non possono non acquistarne una. La tradizione vuole anche che bisogna comprare almeno un pentolino o una padella grande o piccola che sia. Il ménage composto da preghiera, tridui, novene, lunghe processioni, suoni, musica e fuochi pirotecnici è motivo di vanto e orgoglio per i fedeli. Sacro e profano, unicum inscindibile.

Maria Gulino