Ha al suo attivo due romanzi e una silloge, tutti pubblicati dalla Placebook Publishing & Writer Agency. Lucia Apreda si ripresenta ai lettori di Kukaos con una nuova silloge poetica “Sotto mentite spoglie”. Apreda, è nata a Sorrento nel 1985 e lavora in una cooperativa sociale. Seppur giovanissima è già madre di tre figli maschi. La scrittura e le parole sono la sua grande passione che coltiva senza risparmiarsi, tanto che di se stessa dice “Quel che ho fatto (scritto, ideato, dipinto) ieri, un istante fa, prima, diviene subito già poco. Sento e scopro sempre un oltre, un di più… E questo mi rende perennemente scontenta del precedente, insoddisfatta. E forse questo è nascosto nella mia falsa umiltà, che altro non è che senso di inadeguatezza”. L’abbiamo intervistata per i lettori di Kukaos.
Come hai scelto il titolo?
Il titolo di un libro, sia esso di poesie o di prosa, non sempre nasce dall’idea della storia o delle storie. Un titolo arriva. A volte lo scopri solo alla fine, altre volta da esso nasce l’idea. Per questa raccolta di poesie è arrivato da una grande verità. Tutti abitiamo un po’ sotto mentite spoglie. E così io. Ci appartengono tanti ruoli e nessuno ci totalizza. La poesia mi nasconde dall’ordinario e mi veste di mistero, dove la maschera diventa intima e fatta di pelle.
Anche la divisione del libro ripercorre il titolo, è infatti in tre sezioni: sotto, mentite e spoglie, ci spieghi il perché di questa scelta?
In questo libro le parole, prese singolarmente, hanno più potere di quelle lette accompagnate dalle altre. Mi sono avvicinata alle parole da somara. E’ entusiasmante scoprire che in una parole ce ne sono racchiuse tante altre, intrise poi di tanti significati. Non mi permetto qui riferimenti alle etimologie ed alle derivazioni, perché non ne saprei abbastanza, ma faccio riferimento al puro significato mescolato ai sensi figurativi che un dato di fatto può celare. Sotto, Mentite e Spoglie hanno i loro significati grammaticali che gioco a trasfigurare in tanti piccoloi frammenti di immagini, da cui poi nasce appunto la poesia.
Hai dedicato questo libro ai pieni e vuoti della vita, cosa intendi con questa definizione?
Penso all’uomo come un recipiente. Dal momento della nascita questo comincia a riempirsi di esperienze. L’anima abita queste esperienze. In diversi punti del nostro vaso (che possono coincidere con presenze/assenze) ci sono zone rimaste vuote e zone invece affollate. I pieni sono le nostre certezze, fatte di persone, di sentimenti ed altrettanto posso dire dei vuoti.
Nei tuoi versi si sente molto la sensazione di spazio, usi spesso termini come altrove, al di là e simili, cosa è per te lo spazio?
Forse c’è spesso anche la parola “confini”. E’ tutto là lo spazio. Dove ognuno riesce a porre picchetto dei propri confini (mentali e sentimentali. Dell’anima insomma, che spesso non coincidono con i confini stretti del nostro corpo). Il mio corpo ha confini piuttosto larghi, ciò nonostante non estesi abbastanza per contenere i miei desideri e la mia anima. La poesia mi allarga questo spazio… mi espande e spero mi possa accompagnare altrove.
E il tempo?
Il tempo… Quanti dibattiti su questo buffo signore chiamato Tempo. Non oso dargli definizione. Tempo è tutto ciò che ho e che non ho. Il tempo prende importanza per come lo usi. Il tempo lo scarto come un dono con allegato una sola istruzione: “non sprecarmi!”
Nei tuoi versi si ritrova anche una certa fisicità, c’è un peso delle cose e una concretezza delle immagini, ce li spieghi?
Le immagini hanno il sopravvento su tutto nella mia vita. Io dipingo. Non mi definisco artista perché sarebbe da presuntuosa. Non lo sono. Ma anche quando scrivo, amo associare ai sentimenti, le immagini. Io penso per immagini e per colori. Come se dipingessi ciò che provo e non ciò che vedo. ( Anche il dipinto in copertina è un mio quadro 50X70 e tutti mi pongono la stessa domanda: che rappresenta? Rappresenta ciò che puoi pensare oltre l’immagine). Le cose prendono peso e forma dal modo in cui le sentiamo, con tutti i sensi e soprattutto con l’anima, col cuore.
Preferisci la prosa o la poesia, in quale delle due ti senti più a tuo agio?
Preferisco scrivere per stupire. A volte si leggono testi apparentemente privi di significato logico o che nascondono palesemente significati più profondi, ma sono raccontati scandendo le parole e scendendo in esse. Ecco, alla fine ti ritrovi con un “wow” sulle labbra. Aspiro a quello, non importa se ci si arriva tra i versi o in treni di parole. Cerco il “wow”.
Quanto sono importanti per te le parole?
Penso di aver risposto già nelle altre domande anche a questa. Le parole significano ciò che il lettore vuole leggerci. Le parole se ne stanno su un pezzo di carta, su una tastiera, dentro uno schermo… Ma quando riesci a farle danzare in te… diventano idee…stili di vita…sogni.
Progetti futuri?
Progetti: scrivere e dipingere. Sogni? Un libro in prosa poetica (esiste?) con quel “wow” finale.
Perché i lettori dovrebbero comprare il tuo libro?
Per sentire. La poesia non va spiegata. Spesso, soprattutto chi mi è più vicino, mi domanda o neanche osa farlo, “ma che significa?”. Forse questo può sembrare un fallimento, perché se è vero che scriviamo per comunicare e la comunicazione non riesce per incomprensione, significa che abbiamo sbagliato qualcosa. Io mi prendo il piacere dei pochi che invece sentono. Sentono che in quel guazzabuglio di versi c’è dell’altro e forse in se stessi sanno anche che forma ha.
Bianca Folino