Stampa italiana: una tacita dipendenza dagli Usa

Dai dati recenti emersi del Word Press Freedom, l’Italia è risultata essere al 58° posto in merito alla libertà di stampa, dietro addirittura al Suriname. Non c’è da sorprendersi, pensando a come spesso i mass media puntino il dito contro quelli che hanno un’opinione diversa dal mainstream filoamericano. Secondo le analisi, i fattori che hanno portato a questa involuzione sono principalmente tre. Il primo, in modo sorprendente, l’autocensura. I giornalisti tendono al giorno d’oggi sempre più spesso ad autocensurarsi, ad evitare di pubblicare articoli che possano infangare la loro reputazione, e mettere in pericolo la loro posizione nel mondo del giornalismo.

Il secondo motivo è “un certo grado di paralisi legislativa”; la stagnazione del governo frena anche l’adozione di importanti progetti legislativi, che potrebbero snellire alcuni problemi che fungono da ostacolo alla libertà di stampa. Il rapporto punta anche il dito contro la pandemia. L’epoca del coronavirus ha creato in Italia (oltre che nel mondo) incertezze, paure. Secondo l’analisi, i media hanno accresciuto la loro dipendenza dal denaro e da eventuali introiti pubblicitari e sussidi statali, sfavorendo quindi le dinamiche democratiche sottese al concetto di press freedom. Sono diventati ancora più subordinati ai poteri forti, alle multinazionali, alle lobby, alle logiche di natura corrotta, mafiosa, che infangano da sempre l’Italia. Non sorprende ormai, quindi, vedere liste nere di persone filoputiniane nei giornali, parte delle quali sono solo giornalisti o filosofi che hanno una visione globale di quelle che sono le problematiche nel mondo. E non sorprende nemmeno, a dirla tutta, che si arrivi addirittura ad affibbiare del filoputiniano a chi condanni l’invasione russa dell’Ucraina, ma cerchi di dare una parte della responsabilità anche agli occidentali, che forse un po’ l’hanno fomentata questa guerra. Americani in primis.

Chomsky, uno dei più grandi filosofi statunitensi, ha definito gli Stati Uniti lo stato più terrorista al mondo. Se una frase così venisse riportata in tv o scritta da qualche giornalista in Italia, verrebbe sommersa dalle critiche, verrebbe addirittura -visto i tempi- etichettata come filoputiniana. Si farebbe di tutto per distruggere la reputazione di chi ha osato pronunciarla. Non è azzardato quindi affermare -da una parte- che l’Italia sia più filoamericana di quanto lo siano gli Stati Uniti di sé stessi. Sorge spontanea una domanda… perché? L’Italia sembra essere proprio il tappetino preferito dagli USA, fin dai tempi della seconda guerra mondiale. Sono stati gli americani, d’altronde, a rifocillare i mafiosi in Sicilia, concedendo totale libertà di manovra e trattando per favorire la vittoria nella guerra.

E da lì in poi, l’Italia è diventata, sempre più, una sorta di “protettorato” degli Stati Uniti. Sul nostro splendido territorio ci hanno costruito 120 basi militari, hanno portato le loro mode, i loro film, le loro catene alimentari, di vestiti… e chi più ne ha più ne metta. Si sono inseriti, infine, nelle nostre scelte politiche. In Italia la globalizzazione made in Usa ha trovato pane per i suoi denti come in nessun altro paese, perlomeno nella nostra Europa. Basti dare un’occhiata ad alcune scelte recenti di entrambi i governi: Sánchez non voleva finanziare l’Ucraina con le armi, Macron era stato il primo a dichiarare che gli interessi dell’Europa non andavano di pari passo con quelli americani. Draghi: mai è sembrato voler pensare con la propria testa, in un asservimento quasi totale a Biden.

E i mass media di targa mainstream non sembrano essere da meno.”

Davide Bernardin