Un bambino di nome Pesce

Per lui scrivere un libro è un atto d’amore e ha già in cantiere nuove storie che prenderanno vita a breve. Antonio Ferragamo torna ai lettori con un nuovo romanzo, “Un bambino di nome Pesce” da poco edito dalla PlaceBook Publishing & Writer Agency. Ferragamo è nato nel ’59 in provincia di Taranto e ha vissuto i primi anni a Brindisi prima di trasferirsi a Milano. A soli 16 anni intraprende la carriera di sottoufficiale della Marina Militare e dopo sei anni inizia un nuovo percorso lavorativa che lo porterà a ricoprire ruoli direttivi in un Istituto di credito. Oltre alla passione per la pittura, sia in versi che in prosa, Ferragamo coltiva quella per la pittura e dagli anni Novanta vive a Apice in provincia di Benevento. In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.

Raccontaci, perché hai voluto scrivere questo libro?

Scrivere un libro è un atto d’amore. Qualcuno o qualcosa, un ricordo, una canzone, una promessa fatta, ti danno l’input e… si scrive. Si scrive per quel ricordo e per quell’atto d’amore, perché è parte di te, perché è dentro di te e scriverlo ti fa sorridere a quell’amore e a quella promessa.

“Un bambino di nome Pesce” è tutto questo, è molto di più di questo. È un romanzo di vita, una storia vera a tratti romanzata, dove realtà e romanzo si fondono insieme tanto da togliere il fiato e domandarsi “è mai possibile tutto questo?”

Ripercorre sessant’anni di vita che trovano, proprio nel momento del lock down mondiale dovuto a alla pandemia Covid 19, un risvolto inaspettato. Un anziano e un giovane professore di filosofia vicini di casa ma distanti in un tempo di normalità, si riscoprono vicini nel bisogno di confidarsi e di ascoltarsi a dispetto di quel contesto mondiale che ci voleva distanti e rinchiusi.

E come hai scelto il titolo?

“Un bambino di nome Pesce?”  Perché Pesce era il vero soprannome del bambino della storia. Un bimbo forse un po’ tardo con la parola ma con grandi sogni, sogni immensi… come il mare.

Ti sei ispirato a qualcuno di reale per i personaggi?

I romanzi quasi sempre sono frutto della fantasia dello scrittore. Il più delle volte si prendono storie vere, si cambiano i nomi e i luoghi e si scrive. Qualche altra volta invece i personaggi, i luoghi, gli avvenimenti sono cosi reali che diventa difficile cambiare nomi e vicissitudini e forse per questo la storia narrata in questo romanzo è così… incredibilmente vera.

Quanto c’è di autobiografico e quanto di romanzato in questo libro?

Gli scrittori il più delle volte sono così invischiati in quello che scrivono da sembrare a loro stessi di essere parte integrante della storia, ma un romanzo non è la vita, il romanzo si scrive, la vita… si vive e, “Il bambino di nome Pesce” è tanta vita tra le pagine di un romanzo. Per il resto, autobiografia o romanzo, lascio l’emozione e la scoperta al lettore.  

Durante la pandemia quanto ti sono mancati i contatti diretti con le persone?

Ho vissuto quel periodo con le stesse preoccupazioni di molti. Ho visto con malinconia droni sorvolare città deserte, ho percepito la tristezza degli addii, ho sorriso alla speranza degli arcobaleni dipinti sui lenzuoli stesi sui balconi, ho cantato e suonato il mio sax dalla finestra aperta e ho avuto paura di fronte a quell’immane mancanza di contatto. Forse per questo, come in un gesto apotropaico, la storia del mio romanzo si svolge in quel particolare periodo. Ho lasciato ai protagonisti principali l’alchimia del raccontarsi, del sapere ascoltarsi e del condividersi la bellezza dei ricordi, della vita, della speranza e la forza per un nuovo domani.

E gli abbracci?

Tanto, tantissimo. Mi sono mancati tantissimo. Tanto da scrivere una poesia per non dimenticarmi mai di quelli mancati e ricordare una promessa a non farli mancare mai più.

Quando scrivi segui una scaletta o ti fai uno schema, ci racconti come nasce un tuo romanzo?

Sono uno scrittore atipico, nel senso che non ho schemi. Mi piace un’idea e provo a metterla giù. Lascio libero il mio senso artistico. Mi invento la mia storia inserendo nella stesura del romanzo luoghi e personaggi, vicende e vicissitudini, amori e passioni travolgenti, intrigo e mistero che volta per volta incontro, rendendo in tal modo più accattivante la narrazione. Certamente so da dove voglio iniziare e quale sarà l’epilogo, il resto, scevro da ogni scaletta o architettura è solo un viaggio di fantasia con fermate impreviste e ripartenze non programmate. Sicuramente questo mio modo di essere scrittore è sbagliato, forse… anche questo è un piccolo atto di ribellione a tutto quello che impropriamente “Il bambino di nome Pesce” definirebbe “ethically correct”.

E l’ispirazione da dove ti arriva?

Leggere, viaggiare, osservare, emozionarsi, sono fonti preziose di ispirazioni.

Hai già avuto qualche riscontro dai lettori?

Chi ha già letto “Un bambino di nome Pesce” ha lasciato feedback positivi. Si è emozionato, ha sorriso, pianto e riflettuto. È stato anche per loro un ritrovare “nel nonostante tutto” la bellezza della vita.

Ora stai scrivendo qualcosa? Qualche anticipazione?

Scrivere per me è una piacevole necessità. Scrivo poesia e racconti e proprio perché mi piace farlo, appena finisco di scrivere un romanzo ne ho già in lavorazione un altro.

Adesso? Adesso ho già scritto i primi quattro capitoli del mio nuovo romanzo. Narra di una giovanissima ragazza somala e del suo viaggio di speranza. Un’avventura umana non priva di pericoli, soprusi, paure, nefandezze e dolcezze. Una storia vera? Forse! Il titolo? Al momento è provvisorio. Vedremo strada facendo.

Poi ho in mente qualcos’altro. Ho già un titolo intrigante e misterioso che ancora non svelo e del quale ho già scritto un paio capitoli. L’idea è nata da un mio viaggio in Sudamerica dopo aver toccato e visto la bellezza, la cultura, la storia e i misteri del popolo Inca e soprattutto le meraviglie della loro “Tahuantinsuyo – la Terra grande come il Cielo”.

Bianca Folino