Yasepha

“Yasepha – tra le colonne del tempio” è questo il titolo della silloge poetica di Bartolomeo Theo Di Giovanni edita da PlaceBook Publishing & Writer Agency. Di Giovanni è nato a Palermo nel 1975, laureato in filosofia, vive in Campania dal 2008. La sua passione per la Letteratura nasce molto presto in lui, fin dagli albori della sua gioventù. In particolare tra i suoi poeti preferiti c’è Alda Merini, tanto che nel 2013 ha fondato il movimento “Una piuma per Alda” per cercare di salvaguardare la famosa parete della casa poetessa dei navigli milanesi. E nel 2022 diventa promotore della Repubblica dei poeti con WikiPoesia. Lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.

Perché e chi è Theo scalzo 44?

Theo non è altro che un diminuitivo di Bartolomeo, si dice che il vero nome dell’apostolo Bartolomeo fosse Natanaele (dono di Dio) El è la radice di Elohim tradotto in greco è Theos, nel 2015, ho voluto essere il dono di me stesso, cioè di Bartolomeo, decisi, qualche giorno prima di Natale di cambiare il mio nome. Bartolomeo era andato via lasciando il dono della volontà del cambiamento. Scalzo, è il l’uomo che cammina sulla nuda terra, che ama sentire il contatto con la madre terra e percepire le sue vibrazioni. Un giorno, parlando al telefono con il mio amico Luigi Montanino, con tono scherzoso mi chiese che misura di scarpe, consuetamente, indossavo, ovviamente risposi: Quarantaquattro, e allora mi disse: da oggi sarai Theo Scalzo 44. In un secondo tempo accostai la simbologia numerica, ma la genesi la devo a Gino (Luigi).

Presentati ai lettori, chi è Bartolomeo Theo Di Giovanni?

Bartolomeo Theo Di Giovanni, è un uomo con tante etichette, spesso ho faticato a riconoscermi, mi sforzavo di essere colui che gli altri volevano, ero come una polpetta succulenta, probabilmente avvelenata, perché quando non ne potevo più esplodevo, o mi allontanavo da chi aveva troppe pretese, o nascevano veri e propri litigi. Nel 2015 la somatizzazione era sempre più evidente, percepivo un malessere reattivo, era arrivato il momento di bere la mia coppa di dolore. Sappiamo bene che la discesa dentro sé stessi non avviene in modo indolore. E’ normale che qualcuno chieda il motivo di tutte queste etichette, beh ci sono questioni che è meglio lasciare senza risposte, probabilmente Homo homini lupus, il più debole è visto come una probabile preda, sì perché la società ce è composta da ognuno di noi interpella sempre il sentimento della libertà, della sincerità, della bontà, il voler fare come si vuole, e appena incontri qualcuno che non fa caso ai dettami delle bon-ton, apriti cielo, tutte le diagnosi volano come falchi.Ho notato che sui social si vede sovente quella slide con un pensiero di Anna Salvaje: “Il mondo lo hanno cambiato i folli, gli eretici, le streghe, ed i ridicoli, non le greggi”.Credo però siano parole appiccicate ad un cadavere,si il mondo e soprattutto in Italia si ama il Post Mortem, diceva Totò che per essere una brava persona si deve prima morire. Proviamo un attimo ad essere i tanto amati folli, eretici, ridicoli, streghe, ci accorgeremo subito che non è cambiato nulla, dal presunto oscurantismo medievale alla era computazionale, il senso critico-dispregiativo non sia mai cambiato. Insomma in questi otto anni ho distrutto le etichette, ognuno pensi come vuole, dobbiamo concentraci con chi è capace di amare, di ricambiare, è vero siamo tanti branchi, ognuno con una propria natura. Quindi Theo è un uomo, che sia poeta, filosofo, etc… non è poi rilevante, è un uomo che scrive per dare un messaggio, per dare delle chiavi di lettura, mi servo della poesia della prosa, talvolta, per dire altro, per fornire tutto ciò che elaboro studiando e per confrontarmi. Theo è uno che ama le sfide, che ama le provocazioni costruttive, ci sono i difetti, che chiamo distinzioni caratteriali, ci sono i pregi che riconosco grazie ai difetti stessi. Se mi chiedessero quale è uno dei miei difetti io risponderei, senza indugio, di essere lunatico, periodicamente ho bisogno di staccare e rifugiarmi nella mia amata solitudine, conquistata con sofferenza, oggi non potrei farne a meno. Un pregio: eccessivamente generoso, ma da qualche anno mi sono ridimensionato, e poi incline al perdono, però non più di tanto, ho imparato che perdonare sempre è pericoloso, è segno di connivenza, come se autorizzassi qualcuno a commettere, con me, sempre lo stesso errore, quando però mi stanco, faccio fatica ad accogliere nuovamente, a meno che non si pongono i limiti, che secondo il mio vivere, sono giusti. Il cosmo ci ha donato una territorio che dobbiamo saper custodire.

Come hai scelto il titolo del tuo libro?

Il titolo del libro nasce dall’incontro con una persona, premetto che non è l’amante di turno, (sorrido), sono di quegli incontri fondamentali che arricchiscono la vita, Yasaph, significa: Dio aggiunga, accrescere, questa amicizia è stata l’inizio di un percorso di studi, di conoscenza, di analisi, di confronto.

Che significato ha per te “l’incontro di anime”?

Credo che le anime siano molto giocherellone, ma al tempo stesso maestre severe, loro decidono gli incontri, e non è vero che ognuno arriva per insegnarci qualcosa e finito il suo compito va via, sì l’incontro insegna, sta a noi scoprire la capacità di costruire qualcosa che duri. Detesto il “per sempre non esiste”, possiamo tradurlo così: Data l’instabilità dell’essere umano e l’insaziabilità dei sensi, ci piace cambiare periodicamente amici, partner, diciamo che sono quelle frasi così usate che è anche deleterio pronunciarle, ogni tanto si disturba Buddha e il concetto di impermanenza, sempre però a proprio uso e consumo. L’uomo si evolve interiormente, un amico, un compagno, un marito, una moglie, possono perdurare per tutta la vita, ma ci sono tanti blocchi che non ci permettono di “Evolvere insieme”.

Tu lo hai definito un racconto scritto con un linguaggio lirico, ci spieghi perché?

Ho deciso il linguaggio lirico perché, credo, sia più da impatto, un verso rimane impresso, memorizzare un capitolo è più difficoltoso, si concettualizza, ma le righe incisive rimangono meno impresse, viceversa ti colpisce un verso, ed il lettore lo fa suo, ci specula, aggiunge una sua esperienza. Infatti, quasi sempre, ogni componimento richiama il precedente o anticipa il successivo, ci sono vocaboli che ripeto più spesso. Diceva Dostoevskij che le parole devono essere come una piccozza, devono rompere lo strato di ghiaccio e divenire scorrevoli, devono danzare nella nostra memoria come un fiume in piena.

Siamo dunque anime incarnate?

Siamo anime dense, compresse dalla forza di gravità, arriverà il giorno della decompressione, ovvero la morte, che mi suscita tanta curiosità, se venissero abitanti di altri mondi e mi donassero un elisir di lunga vita, o addirittura dell’immortalità, rifiuterei, dovrò vivere quel giorno, dovrò sperimentare la fine di questo soggiorno terreno, mi spiacerebbe che oltre questa dimensione non ci sia più nulla, se così fosse non ce ne renderemmo conto, quindi è anche inutile dolersi. Ciò che mi incuriosisce con quel pizzico di terrore, è il passaggio, gli ultimi istanti, ma siamo qui, arriverà anche quel momento…

E l’amicizia?

L’amicizia è una grande parola, chi è veramente l’amico: colui che c’è anche in silenzio, colui che non ti giudica, che sa chiedere e sa donare,conosco molte persone, ma i veri amici sono pochissimi, forse due o tre… fortunatamente ho pochissimi amici su cui contare e loro stessi contano su di me, perché sanno che ci sono, ci sarò.

L’umanità ha bisogno di un nuovo paradigma di bellezza?

L’umanità si sta scontrando con un vecchio paradigma, fa fatica, però, ad accoglierlo, forse lo interpreta in modo disordinato, ma il Nuovo è chiaro, è sulle nostre mani… la chiave per accedervi è un imperativo: “AMA”.

Dai tuoi versi e da quelli di Joshua sembra quasi che stiate cercando quel verso “che mondi possa aprirti”, quello che potrebbe essere salvezza per molti…

Si è alla ricerca del completamento di quel verso, ma come detto prima si fa fatica… sia nell’universale che nel particolare… oggi IO-TU non riesce a diventare un NOI decostruttivo e ri-costruttivo…

La Poesia potrebbe essere di aiuto?

La Poesia non è solo aiuto, ma è la sottile propedeutica che ci permette di portare a compimento il detto nel fatto.

Come è stata questa esperienza editoriale?

Sono molto felice di questa seconda esperienza editoriale, la prima è stata con Alexander und Dedalus, soprattutto perché non ci sono pretese da parte dell’editore e dell’autore, non ci sono false promesse, non c’è la pretesa da parte di entrambi di fare di un dono un vorace business, di svendersi in quei salottini per fare bella figura. Certamente si è felici delle vendite, non dobbiamo negarlo, ma si è più felici quando vendi a chi sa apprezzare, a chi sa leggere. Sono circa trenta anni che mi occupo di poesia, la prima pubblicazione risale al 1994, oggi però, ci sono troppi poeti o presunti tali che non leggono poesia, Giovanni Raboni insisteva sul fatto che dalla poesia nasce la poesia, è mortificante leggere coloro che non si ricordano neanche chi ha scritto il canzoniere, Zibaldone, la Gerusalemme Liberata, quando noto che di letteratura conoscono ben poco o niente, non li leggo più. E’ vero, sono troppo severo, ma lo sono soprattutto con me stesso.

Stai già scrivendo qualcosa di nuovo?

Ho in cantiere alcune cose, penso che la prossima pubblicazione sia una sorta di traduzione del Cantico dei Cantici, e del Qoèlet, che ho cercato di elaborare, di farne poesia tralasciando l’interpretazione religiosa, sia dal punto di vista del Vecchio testamento che l’interpretazione profetica neotestamentaria. Diciamo che ne ho voluto cogliere il sentimento d’amore tra due anime, voglio usare una affermazione del maestro Franco Battiato circa un suo lavoro: Ho fatto un distillato, e non è facile”. Potrebbe sembrare pretenzioso fare riferimento a Battiato, ma non voglio peccare di falsa umiltà, perché non posso utilizzare un’affermazione di un maestro dall’eco mondiale, che ci ha dato molto molto di più di ciò che potrebbe sembrare, altrimenti ritorniamo al concetto che ho espresso prima, ovvero che siamo bravi con le parole, col voler essere i folli del cambiamento, ma non appena metti in atto. sei giudicato come presuntuoso… bisogna superare, soprattutto tra coloro che si ritengono intellettuali, che gli intelligenti sono tutti morti.

Bianca Folino