Il sortilegio di Floreslonia

Si parte da Lunarmalia e passando da Diversità splendore e dall’Urlo melodico delle farfalle si arriva a Il sortilegio di Floreslonia, l’ultimo romanzo di Gianluca Piattelli edito da Placebook Publishing & Writer Agency. Piattelli è ormai conosciuto anche per aver vinto il premio messo in palio dall’Accademia Arcaista nella manifestazione dell’estate scorsa a Tarquinia. La Toscana è la sua terra natale e qui vive con la moglie e I due meravigliosi cani e lavora nel settore meccanico. Da sempre è appassionato di lettura in particolare dei romanzi di Stephen King che considera una sorta di maestro. In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo lo abbiamo intervistato per I lettori di Kukaos.

Tu scegli sempre dei titoli originali per i tuoi libri. Da dove prendi ispirazione?

L’ispirazione per il titolo me la dà, solitamente, la storia che ho scritto. Non parto mai dal titolo per iniziare un romanzo, ma lo estrapolo dalle caratteristiche della storia. Il mio primo libro avrebbe dovuto intitolarsi “Non ti scordar di me” come i fiorellini che uno dei protagonisti regala ad una donna e come il senso della storia in sé. Per fortuna Fabio Pedrazzi mi fece cambiare idea, dicendomi che non era il titolo adatto per un Fantasy e io pensai a “Lunarmalia”, molto più consono direi. Anche per gli altri libri il titolo è arrivato dopo aver chiuso il racconto, o quantomeno verso la fine. “Diversità Splendore” suona meravigliosamente bene. “L’urlo melodico delle farfalle” è un titolo che ha in sé un paradosso che mi avvince, “Canarian Blues” deriva dal Pistoia Blues, una rassegna musicale che si tiene ogni anno nel mio capoluogo di provincia.

E da cosa deriva il nome Floreslonia?

Per quanto riguarda l’ultimo arrivato, Floreslonia è il nome di fantasia di un borgo situato nei pressi di Volterra. Mi sono rifatto al suffisso -lonia dei nomi delle antiche e tuttora esistenti città toscane di Vetulonia e Populonia. Il prefisso Flores- è invece il termine latino che significa “fiori”. Per motivi che spiego nelle prime pagine del romanzo, le strade, le piazze, i vicoli, i muri, le case e perfino gli abitanti di questo borgo emanano un discreto profumo floreale. È una sorta di magia, caratteristica onnipresente più o meno in tutti i miei romanzi.

Di cosa parla Il sortilegio di Floreslonia?

Si tratta di una storia ambientata fra ottobre 1985 e aprile 1986, in cui le vicende dei personaggi si intrecciano con due eventi di rilevanza mondiale, il passaggio della cometa di Halley e il disastro nucleare di Chernobyl.
A Floreslonia, piccolo borgo immerso nelle colline toscane, si snoda la vicenda di Cecco e Pellegrino, due anziani clochard che vivono sotto un ponte. Nives, una giovane donna con un segreto inconfessabile e sua figlia Luna, una dolcissima bambina paraplegica di otto anni. Don Ataris, il parroco del borgo, tanto alto di statura quanto ambizioso, e la sua perpetua Velia, una vedova pettegola e bigotta. Infine c’è Giodante, detenuto nella vicina prigione di Volterra. La buona predisposizione d’animo di alcuni dei protagonisti si scontra con la tendenza alla malvagità degli altri, in un crescendo di tensione che conduce ad un finale da brivido.

Che genere di paese è Floreslonia?

Floreslonia è un piccolo paese di 1500 anime immerso nelle colline della Toscana centrale. Le vie, così come le piazze, portano nomi floreali. Via de’ Tulipani, Largo dei Girasoli, Vicolo delle Ninfee e Piazza dei Giglio Bianco sono degli esempi. La strada provinciale che lo collega a Volterra è un lungo rettilineo che tutti chiamano Sunset Boulevard. C’è un torrente che ne attraversa la periferia, si chiama Rio Cantante. Il ponte sotto cui vivono i due anziani e simpatici clochard si chiama Ponte della Luna. C’è ovviamente una chiesa (un edificio del ‘400 a croce latina) c’è la parrucchiera di paese, il Bar Centrale, l’Osteria del Grullo, c’è pure un piccolo pronto soccorso in cui è ambientato un capitolo del libro.

Ti affezioni ai tuoi personaggi?

Sì. Ad alcuni più di altri, però. Mi piace quando uno di loro assume il controllo ed emerge, diventando sempre più importante ai fini della trama, o cambiandone il corso. A volte, scrivendo le loro battute, alcuni personaggi mi fanno ridere. In quei momenti mi sembra di essere stupido, anche se so che non è così. Non mi è mai successo di piangere per le loro sorti, invece, forse perché sono perfido e adoro quando gli va storta. Mi piace quando si comportano in modo folle, adoro quando gli salta l’embolo e fanno cose pazze, ma credibili. A proposito, lo scrittore deve sempre dire la verità, sempre. Deve credere fermamente in quello che scrive. Le sue storie sono finte, non false.

Riesci a lasciarli andare una volta finita la storia, o rimangono con te ancora un po’?

Diciamo che rimangono ancora un poco insieme a me, ma pian piano li lascio andare. Avrò creato una quarantina di personaggi finora e, se fossi un buon disegnatore, potrei immortalarli in una graphic novel. Ma forse non sarebbe giusto: sono convinto che i lettori immaginino i miei personaggi in modo completamente diverso da me. È la magia della lettura.

Ci racconti da dove prendi ispirazione per i tuoi libri?

Sicuramente dalla vita di tutti i giorni, partendo da una cosa realmente successa e sviluppandola a dovere, infarcendola di tanta, tanta fantasia. Ma l’ispirazione proviene anche dai romanzi che leggo. Per “Lunarmalia” ho creato una specie di mitologia, decine di altri autori hanno sperimentato una cosa simile. Per “Diversità Splendore” sono partito da una storia vera, cioè dalla mia meravigliosa esperienza in un centro per disabilità mentale. Ne “L’urlo melodico delle farfalle” sono molti i fatti di cronaca che mi hanno ispirato.

Quale metodo di lavoro usi?

Fondamentale è l’idea iniziale, che deve essere una buona idea. Poi cerco di ampliarla, abbozzando una storia e suddividendola in una decina di stralci. Dopodiché, se mi sembra ancora buona, stilo una timeline capitolo per capitolo, creando la trama. Sono come le scene di un film. L’intreccio è rilevante ai fini di una buona riuscita, così come i colpi di scena, che devono essere dosati, non troppo frequenti ma sparsi in diversi punti del racconto. Il finale è già scritto nella timeline, devo sapere come finisce la mia storia altrimenti non la inizio nemmeno. Capita, però, che cambi in corso d’opera, nel caso mi venga in mente un finale migliore di quello che avevo previsto. Lo stesso vale per i personaggi: può capitare che uno di essi assuma un ruolo diverso da quello che gli avevo affibbiato. Credo che accada a tutti gli scrittori.

Ci sono tecniche di scrittura che prediligi?

Non lo so, a essere sincero non le conosco. Scrivo come ho imparato, credo, leggendo in maniera compulsiva. Centinaia di libri, nell’arco di un decennio, sono serviti non solo a passare il tempo divertendomi e ad acquistare uno straccio di cultura, ma anche, spero, a insegnarmi un pochino a scrivere. E pensare che a scuola rimediavo sempre voti insufficienti ai temi d’italiano.

Perché i lettori dovrebbero comprare il tuo libro?

Perché, come tutte le mie storie, anche questa possiede un ritmo incalzante. Non amo annoiare il lettore dilungandomi in facezie, ho il timore che possa saltare le pagine (a me è successo leggendo alcuni romanzi ed è una cosa antipatica). Nel libro non c’è un messaggio che abbia voluto divulgare, a meno che non lo trovino i lettori. L’intreccio è buono, la trama non è scontata, non mancano i colpi di scena e la lettura è scorrevole: sono ottimi ingredienti.

E come lo promuoverai?

Un po’ sui social, un po’ nella vita reale. Ho in programma una intervista in web radio, con Rossana Fanny. Farò un firmacopie alla Libreria Mondadori di Montecatini Terme, ad aprile, dove porterò anche gli altri romanzi. E poi vedremo.

Progetti futuri?

Un libro di racconti. Non saranno istantanee come ne “L’urlo melodico delle farfalle”, ma più articolati. Ho buttato giù una decina di idee, ma ci vorrà tempo. Non c’è fretta.

Bianca Folino