“Il patto divino”

Si intitola “Il patto divino” il romanzo della new entry nella Placebook Publishing & Writer Agency, Gabriele Villa. Classe 1979, Villa vive a Paderno d’Adda con la moglie e i due figli. Lavora in qualità di ingegnere in una società di impiantistica nel settore energetico, professione che gli permette di viaggiare. Ama dedicare il suo tempo libero ad associazioni di volontariato ed è da sempre appasionato di letteratura fantasy, saghe epiche e storia antica. Tra i suoi interessi c’è anche la musica, in particolare quella rock e l’heavy metal. Lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.

Raccontaci qualcosa di te, chi è Gabriele Villa?

Sono una persona molto grata a Dio per l’amore, la famiglia, le amicizie, il lavoro, la possibilità di viaggiare e conoscere realtà sempre diverse. Con una passione profonda per tante cose che, nonostante l’età, riesco a vivere ancora a livello quasi infantile nell’accezione del pieno trasporto e del coinvolgimento: la musica, le saghe epiche ed eroiche, lo sport e anche il mio lavoro. Mi piace molto poter dedicare del tempo per fare qualcosa di utile per gli altri: pur non avendo grandi talenti o capacità tento di fare del mio meglio e questo mi rende davvero felice nonostante talvolta mi scontri con i miei stessi limiti.

Com’è nata la tua passione per la scrittura?

Si sente spesso parlare di persone che arrivano alla scrittura come se fosse l’esito naturale di un percorso di studio, lavoro e opportunità. Per me tutto è nato quasi per caso, un’ispirazione fugace che tanti anni fa mi portò a buttare giù uno schema riassuntivo di un mondo e di un’avventura che piano piano hanno preso forma e colore in una storia. Essa, in realtà, ci ha messo tanti anni a rivelarsi. Forse il seme era stato instillato nella mente dalle tante visioni, letture e ascolti di materiale epico, partendo dai libri e passando per i film e la musica. Poi il tutto è germogliato più velocemente negli ultimi tempi avendo qualche ora in più a disposizione (ergo lockdown) e potendo sognare una pubblicazione.

E per il genere Fantasy?

Credo che sia germinato già alle scuole medie con le prime lezioni di epica e con i cartoni animati come ‘I Cavalieri dello Zodiaco’ e ‘Ken Shiro’, per trovare poi un naturale e ricchissimo prosieguo nella passione esplosa alle superiori per la musica metal e le letture fantasy e mitologiche: Brooks, Moorcock, Howard, Lovecraft, Martin e, ovviamente, Tolkien ma anche le riletture di grandi classici come l’Odissea, l’Iliade, il romanzo storico alla Valerio Massimo Manfredi. A proposito di queste passioni, ritengo che proprio la musica metal sia troppo sottovalutata e facilmente etichettata dal mainstream: è il genere musicale più vario, il più ricco in tecnica e in profondità delle tematiche trattate, troppo spesso scimmiottato o censurato forse perché talvolta complesso o troppo elevato come alcune opere d’arte, così intense da toccare le corde più intime del proprio essere. La seconda, ovvero il genere fantasy, è stato riportato in auge da alcune trasposizioni cinematografiche, ma da sempre è riuscito a rappresentare vizi e virtù del nostro mondo grazie all’uso di una simbologia e di una semantica a mio avviso potentissime ma allo stesso tempo comprensibili per tutti.

Quanto è importante per te la dimensione magica?

Non credo nella magia in sé come quella descritta nel libro o in qualsiasi altra forma si possa presentare nel nostro mondo reale. Questa mia posizione non è dovuta solo alla fede cristiana ma anche a una profonda e indubitabile fiducia nella scienza e nella ricerca: credo che le donne e gli uomini che dedicano la vita a migliorare quella degli altri in questi e altri settori siano i vari maghi dei nostri tempi, così come ogni persona che si impegni con passione e professionalità nella propria attività, qualunque essa sia. La formazione e la competenza, a mio avviso, devono essere un faro per lo sviluppo delle nostre generazioni. In realtà penso che la vera magia sia quella di tutte le persone che unendosi per un obiettivo alto mettano in comune fatiche, sudore, energie, amore, pazienza, perseveranza, capacità e talvolta anche sangue, ma sempre e comunque verso la ricerca di un bene più grande.

Credi che il mondo abbia bisogno di questa dimensione?

Se intesa come dimensione fantasy direi: assolutamente. I luoghi comune del “restare bambini”, “non perdere il sorriso e la fantasia” restano sempre attuali. Ciascuno di noi preferisce un genere letterario e cinematografico ma credo sia davvero importante che tutti si possano creare una sorta di vita parallela che, si badi bene, non deve diventare sostitutiva di quella vissuta, ma complementare. Un luogo ove poter vivere avventure, risolvere enigmi, suonare su grandi palchi, nuotare sotto i grandi oceani, camminare tra verdi e immensi prati, scalare vette, volare, sfidare mostri e cattivi. Un posto dove alcune archetipi si possano concretizzare per permettere il pieno sviluppo delle nostra coscienza e delle nostre potenzialità che così possono essere applicate al meglio anche nel mondo reale senza perdere in serietà, professionalità, delicatezza e sensibilità ove necessario.

Nell’eterna lotta tra bene e male, chi vince?

Sarebbe scontato dire il bene anche perché proprio la realtà stessa ci sottopone ogni giorno ben altri esiti. Ma il bello del fantasy è proprio questo: in virtù della sua forza può aiutarci a spiegare le ali della nostra volontà, dell’immaginazione e della creatività per permetterci di portare un po’ di quello spirito indomito tra le strade del mondo per provare a migliorarlo, per tentare di far trionfare il bene anche laddove sembra impossibile che vi possa riuscire. Credo davvero nella benevolenza del disegno divino e nel messaggio d’amore di Gesù Cristo e ho sperimentato, anche conoscendo persone di tutto il mondo, che esso rappresenta davvero la forza più grande. Siamo come tanti piccoli hobbit che possano tentare di fare un piccolo passo nel solco dei loro sentieri per provare a migliorare l’umanità anche solo un granello alla volta.

Quale messaggio vorresti arrivasse ai lettori?

Non importa quale sia il mondo dal quale vieni, al quale ti senti di appartenere o che ti immagini. Se dimostri apertura, curiosità, se provi ad annullare i pregiudizi avrai molte più possibilità di incontrare davvero l’altro e arricchirti della sua diversità e della sua cultura. In ogni caso questa ricerca, che parte prima ancora dalla piena consapevolezza di sé, non è gratuita: seguire le proprie aspirazioni richiede passione, perseveranza e sacrificio e spesso anche dolore perché ci porta a scontrarci anche con parti di noi stessi che non amiamo. Ma se lavoriamo nell’ascolto di tutte queste voci interiori per incanalarle nel modo giusto, se ci spendiamo con generosità e solidarietà, allora potremo realizzare in pieno la nostra felicità che, a mio avviso, raggiunge il suo apice massimo quando scaturisce dalla ricerca di quella altrui e dall’amore, permettendoci così di “assaporare il più possibile il midollo della vita”, come si diceva nel meraviglioso ‘L’attimo fuggente’.

Questa è la tua prima esperienza editoriale com’è andata?

Molto bene, con un po’ di sana e giusta fatica. Non avendo assolutamente la pretesa di sentirmi uno scritto fatto e finito, ho dovuto lavorare molto non solo sull’architettura della storia e dei mondi ma anche alla coerenza narrativa e stilistica. Il lavoro di revisione è stato davvero lungo, complice anche qualche piccolo intoppo che, grazie a Dio, si è risolto relativamente in breve tempo. Devo ringraziare Ambrogio (Andreotti ndr) che mi ha fatto conoscere gli splendidi Claudia e Fabio che a loro volta mi hanno dato la possibilità di realizzare questo piccolo grande sogno! Ovviamente un grande grazie, con tanto amore, a mia moglie Elena per il sostengo e l’ispirazione continua così come ai miei due figli Anna e Mario. Anna, poi, si è rivelata una disegnatrice di mappe sopraffina.

Sogni nel cassetto?

Mi piacerebbe potermi spendere ancor più in prima persona per quelle persone che, vicine o lontane da casa nostra, vivono in condizioni più sfortunate rispetto alle nostre. Nel libro ho usato il termine “Secondogeniti”. In realtà Dio non ha fatto preferenze: spetta a noi ristabilire un mondo più equo affinché si possa vivere tutti insieme con più pace, giustizia e felicità diffuse. Credo che questo sia un obiettivo alla portata di tutti, anche senza dover per forza stravolgere le propria vita, sia che la stiamo programmando da studenti sia dopo tanti anni di lavoro. Gli impegni quotidiani sono preponderanti e spesso ci troviamo ad affrontare sfide e difficoltà che paiono insormontabili come qualcuno dei nostri cari che non sta bene o altre difficoltà pratiche. Però credo ci sia sempre un piccolo soffio di vento che possiamo decidere di ascoltare per provare a migliorare la nostra giornata e quella di qualcun altro.

E progetti futuri?

Continuare con responsabilità nell’avventura della vita familiare e del lavoro, cercando di fare il più possibile del bene, con un occhio e più di un’intenzione al sogno nel cassetto e, perché no, pianificando prima o poi una nuova avventura per Arjen e i suoi amici!

Bianca Folino