Torna Roberto Capocristi, ma questa volta cambia ambientazione nel suo nuovo episodio della collana “Città in giallo”: Omicidio all’Alta Felicità. Un titolo particolare, un ossimoro che in realtà si ispira ad un festival della Valsusa. Da qualche anno ormai Capocristi fa parte della squadra di autori targati PlaceBook Publishing & Writer Agency con la quale, come lui stesso dice “si sente a casa”. Al suo attivo ha infatti 14 romanzi pubblicati con diversi editori, ma da quando è sbarcato a “Città in giallo” si è sentito subito a suo agio. Tanto da spaziare da Bardonecchia alla Valsusa. Lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.
Ci spieghi questo passaggio da Bardonecchia a Valsusa?
Avevo voglia di cambiare ambientazione. Lo si può intuire dal quarto giallo della collana, Una questione di principio, dove Elettra, la protagonista, è in aria di promozione al grado di capitano e disposta a sostituire il Comandante in carica a Susa. L’ho fatto sebbene la serie di Bardonecchia abbia venduto tanto e mi abbia regalato numerosi riscontri positivi e una partecipazione al Salone Off.
E perché proprio Valsusa?
La risposta è nella percezione che molti valsusini hanno di questo territorio: la percezione di città diffusa.
La Valsusa è una striscia di terra che va dal confine francese (Bardonecchia appunto) fino alle porte di Torino. Percorrerla avanti e indietro è normale, essere un po’ di tutti i posti e di nessuno in particolare, lo è altrettanto. Non c’è niente di strano nel rispondere “vengo dalla Valsusa” alla domanda dove abiti. La parte bassa, soprattutto, è un susseguirsi di piccoli centri e borgate e il senso di appartenenza lo si avverte da sempre. Parlando di gialli, la parte del territorio sotto la giurisdizione dei Carabinieri di Susa è ampia e abbastanza popolata da ispirare numerose trame e ambientazioni sempre diverse. Il clima non è mai scontato, perché passa dalla frescura della montagna al caldo opprimente del fondovalle e il paesaggio vira dai boschi grassi e umidi del versante meridionale, alle zone aride e arse dal sole di quello esposto a mezzogiorno e anche questo aspetto ha il suo fascino.
Inoltre la Valsusa è da secoli un territorio interessante dal punto di vista politico, turistico e commerciale, sempre conteso fra Francia e Italia dalle numerose casate che hanno di volta in volta esercitato il potere e mandato gli eserciti a bivaccare nei campi.
È stata terra di conquista per gli antichi Romani, per i Saraceni che avevano svuotato il grande lago dove ora sorge Bardonecchia, per Napoleone Bonaparte che ha distrutto molto e creato altrettanto e assai prima per Annibale con i suoi elefanti ma la questione è ancora dibattuta. La zona attira investimenti sul turismo e sulle infrastrutture e da qualche decennio, ahimè, quelli della criminalità organizzata e del malaffare. Qui si sono svolte le Olimpiadi invernali del 2006. Quindi tanto lavoro per il Comando dei Carabinieri.
Ma non ti mancherà Bardonecchia o porterai avanti tutte e due le città?
Di Bardonecchia mi mancherà l’atmosfera per così dire, hitchcokiana, che si respira in bassa stagione.
Bardonecchia, pur disponendo di una sua stazione dei Carabinieri, è compresa nel territorio sottoposto al Comando di Susa e perciò, se avrò una buona storia da ambientare lì, sarò felice di scriverla.
Come hai scelto il titolo di questo nuovo episodio?
Omicidio all’Alta Felicità. Il concetto di omicidio è diametralmente opposto a quello dell’Alta Felicità ed è questo il bello. Confido nella curiosità dei lettori e dei frequentatori del Festival, che ogni anno accorrono in migliaia da ogni parte d’Italia.
Il Festival Alta Felicità, nato anni fa dalla geniale intuizione di molti valligiani e dell’attore Elio Germano, che ora è cittadino onorario di Venaus, vuole opporre il concetto di felicità a quello di velocità, vuole proporre un nuovo modello di sviluppo a misura d’uomo.
Sono stato stimolato dalla sfida di descrivere un’indagine svolta in un ambiente ostile ai Carabinieri come quello dei NO TAV (a causa dei precedenti e mai perdonati atti di pesante repressione) e di come Elettra possa gestire una questione così delicata.
E come hai creato il personaggio di Elettra?
L’ho pensato in uno dei miei tanti momenti creativi e l’ho fatto scoprire e crescere con pazienza. Elettra è una donna meticcia di poco più di trent’anni, bella e molto intelligente. Figlia di un funzionario del consolato senegalese di Torino e di una benestante donna di pelle bianca residente in bassa Val di Susa, ha un passato di promessa del tennis non mantenuta e una svolta esistenziale violenta che la porta a iscriversi all’Accademia militare per accedere nell’Arma dei Carabinieri come ufficiale. Elettra ha gusti difficili in fatto di uomini e forse è per questo che quando incontra Piero a Bardonecchia, suo ex sparring partner sui campi da tennis – perso di vista diciassette anni prima a causa di un bacio negato – rompe gli indugi e lo sceglie come amante, mentore e compagno di avventure. Piero è a sua volta un uomo tormentato, uno scrittore di discreto successo che vive dentro case vuote non sue. Insieme, Elettra e Piero si stabiliscono presso la casa della nonna defunta di Elettra, un vero e proprio tempio nel quale non si deve toccare nulla, nemmeno i soprammobili fuori moda. Elettra è intuitiva, onesta al punto di rendersi antipatica e, se provocata, dispettosa ma nella stessa misura empatica, materna e protettiva. È fedele nei confronti del suo compagno ma detesta lacci e costrizioni.
Elettra ha servito nel Raggruppamento Operativo Speciale con incarichi nella lotta al terrorismo ed è viva per miracolo dopo di un colpo di pistola che le ha sfiorato l’osso del collo. Alla pari, anche Piero è stato colpito da un proiettile nell’addome, quello che lui definisce “la traiettoria perfetta” che non lo ha ferito gravemente anche se il colpevole non è mai stato individuato. È per questo motivo che non vuole avere una dimora fissa e scrive sotto pseudonimi sempre diversi. Il loro amore si rafforza sulla convinzione che se i due proiettili non avevano fatto il loro lavoro, uccidendoli, è perché il destino aveva già deciso per loro. Elettra adora le armi e l’azione e sopporta poco la divisa (che toglie con ogni pretesto). Sovente contravviene agli ordini e altrettanto spesso si assume in prima persona le responsabilità e i pericoli. I suoi superiori e nel nuovo capitolo il Prefetto in persona, la temono e l’ammirano nello stesso tempo.
Per le trame e per lo stile ti sei ispirato a qualche giallista in particolare?
Sono un lettore forte. Ho apprezzato negli anni lo stile di molti autori del genere ma non sono un purista, amo contaminare il giallo con elementi di thriller, hard boiled, noir e pulp, quindi per me è tutto valido, da Chandler a Scerbanenco, da Hammet a Spillane, da Koontz a King, da Capote a Fante, da Lansdale a Max Allan Collins, da Don Winslow a Jeffery Deaver, da Bukowski a Palaniuk, da Malet a Faletti. Confesso che il giallo non è il mio riferimento assoluto.
In questa storia tu vuoi omaggiare il movimento NoTav, ci spieghi la tua
scelta?
Il movimento NO TAV ha tante facce e ha vissuto momenti fra loro diversi. Ha sposato il concetto di democrazia dal basso e ha creduto nello sviluppo sostenibile ben prima di tanti paladini più alla moda. Qualche volta, anche perché aiutato a sbagliare dagli strateghi del dividi et impera, ha commesso degli errori ma la mia posizione è generalmente quella di comprendere e perdonare. Io l’ho vissuto dall’inizio, nei momenti della Libera Repubblica della Maddalena e contro le decisioni cadute dall’alto, le prevaricazioni e le menzogne. Ho visto subire gli assalti notturni, le manganellate e gli incendi.
Prima ho accennato alla storia della Valsusa, indegnamente perché la trattazione non si esaurisce se non con pesanti libri ma sempre, fin dai tempi in cui l’Imperatore Augusto aveva accettato le condizioni dei valligiani, la popolazione ha chiesto rispetto ed è questo che è venuto meno, il rispetto di un territorio e della sua storia. Il rispetto della salute di chi ci vive.
La zona è riconosciuta come una fra le più infrastrutturate d’Europa, con decine di centrali elettriche e relative strutture, due linee ferroviarie, due trafficate strade statali e un’autostrada altamente impattante. Da queste parti sono stati scavati centinaia di tunnel, comprese le miniere di uranio e tutto il territorio è posto a valle di un lago artificiale che contiene centocinquanta milioni di metri cubi d’acqua. Molta gente non sopporta la definizione di egoisti o montanari testardi e nemmeno l’appellativo di ignoranti e contrari al progresso che viene affibbiato a ogni occasione. Ignoranti non direi, dal momento che parliamo di una delle zone più scolarizzate del paese. Contrari al progresso? Parrebbe di no, visto che la ferrovia, anzi, le ferrovie, funzionavano da queste parti quando l’Italia andava ancora a cavallo. Oggi i media applicano le tecniche di sterilizzazione del dissenso ed ecco che il movimento è dipinto come un coacervo di cattive persone. Omicidio all’Alta Felicità, con garbo e il dovuto rispetto, porta all’attenzione questo messaggio.
Stai già scrivendo un nuovo episodio?
Sì. Sono a buon punto della prima stesura ma non anticipo nulla per il timore di essere copiato (ahimè è già successo).
Quanto ti stai divertendo a scrivere per la collana “Città in giallo”?
Moltissimo, si è creata una vera e propria dipendenza e qualche volta parlo dei miei personaggi come se fossero in carne e ossa.
Bianca Folino