Annotazioni dal vuoto

Si intitola “Annotazioni dal vuoto” il libro di Marco Florà, classe 1981, che entra così a far parte della famiglia PlaceBook Publishing & Writer Agency. Appassionato di ufologia fin dalla più tenera età, il suo cammino sembra contraddistinto da una ricerca interiore continua che dalle arti marziali lo porta ad approfondire alcune teorie delle culture sapienzali antiche, in particolare di quelle Indovediche. Proponiamo ai lettori una sua breve intervista.

Presentati ai lettori di Kukaos, chi è Marco Florà?

Se questa domanda mi fosse stata rivolta dieci anni fa la risposta sarebbe stata molto semplice, da manuale come si suol dire. Oggi per me è molto difficile identificare concretamente qualcuno come Marco Florà, se non per consuetudine sociale.

In tutti i casi racconterò qualcosa di me.

Sono nato e cresciuto a Giulianova, una città che si divide tra il lido che dà sulla costa e la parte alta verso il centro, lato più storico e classico della città.

La mia infanzia, per quel che mi ricordo è stata molto bella e spensierata, ma molto incentrata sull’introversione. Ero solito isolarmi e ritrovarmi a giocare da solo, molto spesso osservavo per curiosità i comportamenti dei bambini della mia stessa età, oppure, durante le rimpatriate famigliari per le festività, ascoltavo con interesse le storie raccontate dai grandi, ma sempre senza intervenire. Con il sennò di poi ho compreso che l’introspezione e l’osservazione sono stati i due perni cardini con il quale mi sono affacciato allo studio interiore, anche se inizialmente usati istintivamente, da autodidatta. Intorno al periodo dei sette anni circa, nasce la passione per l’ufologia, più un’ossessione inizialmente che una passione, che mi accompagnerà per tutta la vita e mi farà conoscere alcuni personaggi che cambieranno il mio approccio alla materia stessa. Ricordo che avevo un’affinità tale con determinati argomenti, da dare per scontato che ci fosse vita altrove, oltre che sulla Terra, così come di solito diamo per scontato che ci sono persone di altri paesi che parlano altre lingue e hanno usi e costumi diversi dai nostri. È in questo periodo che conosco Marco, un bambino con il mio stesso nome che considero un secondo fratello, che abita a poche centinaia di metri dalla mia vecchia casa e con il quale condividerò nell’arco degli anni molte passioni come musica, sport, cinema, ufologia, esoterismo. Tutto questo continua ancora oggi. Durante la pubertà, insieme ai problemi adolescenziali, cominciano a presentarsi i primi dubbi sull’esistenza, sentivo un impulso interiore che non mi dava pace, come se ci fosse una mancanza che niente e nessuno potesse colmare, una sensazione che penso sia comune a tutti gli esseri umani almeno una volta nella vita. Questa sensazione che mi portavo perennemente addosso, l’incapacità della scuola di darmi risposte adeguate e qualche trauma sparso qua e là, da parte di alcuni professori inclini all’umiliazione come metodo di insegnamento, mi convinsero ad abbandonare quelle quattro mura scolastiche, che insegnavano molto, ma niente di ciò che andavo cercando. Questo è il periodo in cui mi immersi nel mondo lavorativo e gradualmente mi allontanai da quella sensazione di mancanza interiore. Iniziarono le prime soddisfazioni legate al guadagno economico, mi tolsi molti sfizi che mi appagavano momentaneamente, quel tanto che bastava per sentirmi soddisfatto. Fu un tuffo completo nella materia con tutte le sue sfaccettature. Questo gioco ben presto finì e fu così che tornai in crisi, ma una crisi costruttiva, tornarono prepotenti le domande che avevo lasciato in sospeso, cambiai lavoro, feci altre esperienze e conobbi Elisabetta, quella che oggi è la mia compagna, arrivarono i miei due figli con tutte le conseguenze del caso e ci fu un’ulteriore spinta verso temi esoterici, filosofia e pratiche meditative. Nell’arco di questi ultimi 10 anni, a partire dall’età di 32-33 anni, si sono verificati i cambiamenti più concreti, sia percettivi che fisici, che mi hanno permesso di arrivare ad avere la visione che ho oggi, cioè che non c’è nessun individuo che si possa definire Marco Florà che ha una determinata vita, ma piuttosto l’essere umano è la vita e questa sensazione di ininterrotta esistenza che noi siamo non ha caratteristiche, né aspirazioni o aspettative, tutto accade spontaneamente e voi ne siete testimoni.

Perché hai voluto scrivere questo libro?

Fondamentalmente credo sia tutto nato da un gioco, una sera mentre ero a cena con un gruppo di amici. Eravamo in un pub e durante un discorso incentrato sullo sport, dato che uno del gruppo era ed è ancora oggi un grande amante dello sport, provocai questa persona chiedendole se fosse più utile allenarsi fisicamente o mentalmente. La domanda era, dove sarei arrivato se avessi messo da parte lo sport e mi fossi dedicato ad un equivalente sforzo mentale per parecchio tempo?

Non mi rendevo conto all’epoca che il grande lavoro che avrei dovuto fare non era assolutamente incentrato sull’intelletto, al contrario, la mente è lo strumento meno adatto per determinati scopi, ma all’epoca non avevo ancora intuito la via da prendere e questo mi bastò. Con la consapevolezza che acquisii dopo, mi resi conto anche che un lavoro prettamente intellettuale accresceva una parte di me, ma ne tralasciava un’altra. Cerano sicuramente cose che avrei potuto aggiungere al mio bagaglio culturale, ma nessuna di queste letture mi soddisfaceva, erano come montagne russe che mi entusiasmavano al momento, poi ad ogni giro tendevano ad affievolirsi e a rimanere dei concetti mentali e niente più. È da questo periodo in poi che cominciai ad applicarmi sulla base di alcuni testi che presi in considerazione durante le mie serate con il solito gruppo di amici. Ricordo una sera in cui il mio amico Franco mi presentò Alessandro, un ragazzo appassionato di testi spirituali, che tra le altre cose ha scritto un libro (Dog-mi – tra me e il cane) molto bello, incentrato sulla spiritualità e il rapporto tra l’essere umano e il suo migliore amico. Ci confrontammo e scoprii che molti dei concetti che mi si presentavano davanti erano già all’interno di me, ma come se fossero stati nascosti fino a quel momento, una sensazione incredibile, perché nonostante mi fossero del tutto famigliari, continuavo a non capire da dove fossero usciti. Fu da quel momento che riallacciai completamente l’ufologia alla spiritualità, un’unione per me inseparabile oggi, tanto da poter rappresentare la stessa materia. Cominciai a prendere in considerazione libri come il Potere di Adesso di Eckart Tolle, qualcosa di Salvatore Brizzi, testi un po’ antiquati come gli scritti della Quarta via di Gurdjieff, fino ad arrivare alla teosofia di inizio ‘900, con Madame Blavatsky e Alice Bailey. Libri molto interessanti, ma ancora inadeguati per ciò che cercavo, non c’era nulla che mi scattasse oltre una comprensione prettamente mentale, perché continuavo a non cogliere il punto della situazione. Passai così in rassegna testi di vari guru, in un arco di tempo molto lungo, alcuni anni, finché un giorno accadde qualcosa di particolare che non mi è mai più accaduta e che capovolse del tutto anche la percezione con la quale consideravo la parola “comprensione”.

Ero in una libreria, in una città costiera non molto lontana da Giulianova, una delle librerie più grandi della zona. Questa libreria è suddivisa in tre zone, seminterrato, piano terra e primo piano, andai verso il primo piano dove solitamente spulciavo i testi che poi decidevo di comprare.

Tra i vari libri l’occhio mi andò su un titolo, parzialmente nascosto dagli altri volumi, il titolo era “Sii ciò che sei”.

Presi il libro in mano e mi ritrovai un volto in copertina che mi pietrificò tutto il corpo, un volto di una semplicità e umiltà fuori dall’ordinario. Non credo di poter spiegare a parole per quale motivo ebbi quella reazione, nonostante non sapessi minimamente chi fosse l’uomo in copertina, ma per un attimo mi spensi completamente, persi la cognizione della realtà per qualche secondo, non sapevo più dove fossi o chi ero, sentivo i suoni intorno a me ben distinti e per qualche strano motivo, come se mi fossi distaccato da me stesso, mi chiesi chi fosse colui che stesse ascoltando quei suoni.

Comprai il libro, tornai a casa e appurai che il volto in copertina era quello di Ramana Maharshi, un uomo Illuminato, tenuto in grande considerazione in India. Lessi il libro tutto d’un fiato e quel qualcosa che non era scattato negli anni precedenti con altri volumi si accese di colpo, come se il libro parlasse una lingua a me comprensibile. Fu solo dopo che rileggendo gli altri volumi dapprima difficili da comprendere, tutto divenne più facile e scorrevole, non era più una questione di capire ma di essere. Fondamentalmente è questo il motivo della stesura di questo libro, che sia rilevante o meno è solo una delle tante conferme riguardo questi stati di consapevolezza particolari. C’è molta gente che soffre, a volte per nulla, sta male solo per strati e strati di immondizia mentale che la società ci riversa addosso e che noi aiutiamo ad erigere. Questo libro vuole essere solo un aiuto a questi tipi di disagi interiori, è una dichiarazione sul fatto che la via d’uscita c’è, ma siamo noi a tenerla perennemente bloccata.

Come hai scelto il titolo?

È stato scelto in base al fatto che il libro, cosi per come lo vedete, non è nato come un classico libro.

Sono stato abituato per necessità ad appuntarmi alcune intuizioni che nell’arco degli anni mi sono arrivate e quando dico arrivate intendo che, so che mi sono giunte, ma il più delle volte non saprei dirti da dove. Semplicemente osservavo qualcosa o mi imbattevo in una circostanza e sentivo il bisogno di scrivere, sul diario se era disponibile o su un pezzo di carta recuperato alla buona. Molte volte mi è capitato di svegliarmi di notte, stranamente sempre intorno alle 3:30 e ritrovarmi a cercare un foglio sul quale scrivere.

Da qui annotazioni dal vuoto, cioè sono appunti messi insieme in un secondo tempo sotto forma di libro e che il più delle volte ho scritto di getto a seguito di un impulso spontaneo.

Che messaggio vorresti arrivasse ai lettori?

Sinceramente non mi sono dato nessun obbiettivo, non ho qualcosa in particolare da dire se non quello che i lettori riusciranno a cogliere da ciò che ho scritto. Fondamentalmente, per il motivo di cui sopra, potrebbe accadere come è accaduto a me, cioè leggere decine e decine di libri e non comprendere nulla, per poi leggerne uno e comprendere tutto. Ognuno nasce con un livello evolutivo tale da comprendere solo ciò che ha già all’interno di sé, questo ovviamente riferito alla parte più sottile di noi, alla parte spirituale, i concetti mentali sono tutt’altra cosa. In tutti i casi sarebbe consigliato, sempre se pensate di essere pronti, di trovare il modo di tenersi a debita distanza dall’identificazione che ognuno ha nella personalità che pensa di essere. Questo può aiutare a risolvere un’enorme quantità di problemi, che visti da un punto di vista diverso problemi non sono.

Quanto c’è della tua esperienza in questo testo?

Praticamente tutto. Già nei romanzi penso che lo scrittore riversi molto della sua esperienza, questo libro non è un romanzo, sono annotazioni senza filtri e il più sincere possibili, su ciò che penso sia di vitale importanza per l’uomo moderno. Innanzitutto vorrei specificare una cosa sottintesa, ma non scontata, cioè che se posso dire di aver portato a termine il libro, è perché ho una compagna come si suol dire con le palle, scusate il termine. Dovete capire che la spiritualità non manda avanti le pulizie di casa e le faccende domestiche, vi risolve la vita ma non in quel senso. L’avere accanto una persona che mi ha permesso di scriverlo è una fortuna rara al giorno d’oggi. Quindi per i lettori che apprezzeranno il libro dico, ringraziate lei, non me. Seconda cosa devo ringraziare la mia famiglia, i miei genitori per non avermi spinto in una direzione predefinita sin da quando ero piccolo, per avermi lasciato la possibilità di sbagliare invece di riprendermi costantemente e per non avermi inculcato nessuna ideologia di base, cosa molto importante in un paese in cui la Chiesa continua a condizionare così tanto le persone. A mia sorella che ha sempre affrontato la vita come una guerriera, dandomi l’ispirazione per fare sempre qualche passo in più. E a tutte le persone con cui ho condiviso, condivido e condividerò parte della mia esistenza.

Come superare la dualità a tuo giudizio?

È una domanda legittima, ma il problema di fondo a queste domande esistenziali è sempre lo stesso.

Cioè chi è quel qualcuno che pensa di pormi questa domanda? Dico questo perché, se chi mi chiede è lo stesso individuo che pone i limiti alla risoluzione di questo problema, la dualità farà sempre parte della sua vita. Per porre fine a questo dilemma bisogna dissociarsi completamente da quel qualcuno che continua a ostacolarci, chi può sapere chi è? Nessuno, perché quel qualcuno è più simile a un camaleonte che a un soggetto concreto e tangibile. Se chiedete a 100 persone chi siete voi, ognuno dirà qualcosa di diverso perché ognuno ha delle percezioni diverse, compresi voi stessi. Ciò che eravate ieri non lo siete più oggi, ciò che siete oggi non lo sarete domani. Può essere reale un qualcosa che continua a cambiare nel tempo? Cercate da voi la risposta.

E l’unità potremmo anche definirla integrità?

Certamente lo è, non per questo lo Yoga si è sempre posto come obbiettivo il significato del termine stesso, cioè Unione. Lo stesso motivo per il quale Gurdjieff tornò dai suoi fantastici viaggi in giro per il mondo, fondando l’Istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo. Nel momento in cui operate dal punto di vista dell’anima, in questo stato di coscienza particolare, l’integrità viene da sé, è l’eliminazione di tutte quelle paure e nevrosi che l’uomo si porta dietro. È il punto verso cui tutti faticosamente stanno andando dall’alba dei tempi.

Questa è la tua prima esperienza editoriale, ce la racconti?

Certo. Sono stato in dubbio fino alla fine se pubblicare o no il libro, avevo ormai messo insieme tutte le sue parti ampliando i capitoli lì dove serviva, senza però pensare concretamente alla pubblicazione. Sapete, questo argomento è molto complicato, è stato scritto di tutto e in diversi modi, il che mi portava a chiedermi per quale motivo avrei dovuto aggiungere altra carne al fuoco.

Col tempo però ho avuto modo di parlare con diverse persone interessate alla spiritualità, lunghe chiacchierate che mi hanno dato modo di capire che in qualche modo, nel mio piccolo potevo essere d’aiuto. A volte un sorriso sincero, in un momento veramente difficile, può fare la differenza.

È stato così che casualmente, tramite una mia conoscente, sono venuto a conoscenza della Placebook e del loro lavoro. Dopo una serie di email ho fatto conoscenza con Fabio e Claudia telefonicamente. La loro sincerità e la loro cordialità mi ha convinto a fare il passo successivo, ed eccomi qui in mezzo a voi.

Come promuoverai questo libro?

Attualmente sto cercando di fare il possibile con i social, punto parecchio però al passaparola, al resoconto delle persone che lo leggeranno e ai possibili risvolti nelle loro vite.

Ho in previsione di promuoverlo al salone di Torino, dove però ho dubbi sul fatto di poter essere presente fisicamente. Mi piacerebbe fare delle presentazioni in luoghi culturali o altre interviste di questo genere con scambi di idee molto informali, ma per adesso mi devo attenere ai piani iniziali per mancanza di tempo e la grande quantità di impegni che ho.

Cosa serve alle persone e più in generale al mondo di oggi?

La risposta potrebbe essere spiazzante, ma le persone non hanno bisogno di nulla, tranne quello che hanno già. Il problema di fondo infatti è che, ciò di cui ognuno ha più bisogno è costantemente davanti ai suoi occhi, ma volge lo sguardo da qualche altra parte, così come la società ci ha abituato a fare, rinviando così la comprensione di determinate dinamiche. Dal mio punto di vista ognuno merita esattamente ciò che ha nella vita, guai e sofferenze comprese e dovrebbe prendere in mano ciò che la vita ha da dargli per poter capire come uscire dalle disarmonie in cui è immerso.

Ci sono delle opportunità che la vita ci dona, ma l’uomo nella sua cecità è capace di trasformarle in fastidi e da che mondo e mondo nessuno va in cerca di fastidi, ma solo di soddisfazioni. Potrei consigliare di restare vigili nel rispetto, nell’amore, all’interno di una certa etica. Ma anche queste sono solo parole, che cambiano di significato a seconda del contesto culturale in cui l’uomo è immerso. Basti pensare al rispetto che l’uomo ha della donna nelle varie zone del pianeta, un rispetto che a volte lascia abbastanza basiti e perplessi, in controtendenza al significato stesso della parola. Dunque l’unico consiglio che mi sento di dare e di approfondire chi è colui all’interno di voi che cambia significato a termini e modi di vedere, di cercare chi è colui che di fronte al diverso, prova indignazione e odio, arrivando ad avere comportamenti che non hanno niente di etico, nonostante lui stesso pensi che lo sia. Mettete in discussione voi stessi e accertate da soli se davvero esiste questo tizio all’interno di voi con cui vi identificate. Sciolto questo dubbio capirete da soli ciò che più serve a voi e al mondo.

Bianca Folino