Dalla professione alla passione. E’ il caso di Beatrice Ruscio e Massimo Cerbera che hanno scritto un libro a quattro mani. “Better world” questo è il titolo di questo romanzo che li fa entrare a pieno diritto nella squadra di autori targata PlaceBook Publishign & Writer Agency. Beatrice Ruscio, classe 1974, è una insegnante, scrittrice e sceneggiatrice laureata in lingue e letterature straniere. E’ appassionata di viaggi, libri e serie Tv. Massimo Cerbera, classe 1970, è nato in Puglia e fin da giovane ha dimostrato una grande passione per le arti visive e il disegno tanto da farlo diventare un film maker professionista. In passato gli autori hanno collaborato lavorando ad alcune scengeggiature. Da qui nasce la loro amicizia e la volontà di scrivere un romanzo insieme. Proponiamo ai lettori la loro intervista.
In tre frasi presentatevi ai lettori di Kukaos…
Beatrice: Sono un’insegnante, una cantastorie, una viaggiatrice e un’anima inquieta ancora alla ricerca del suo posto nel mondo. Sono una divoratrice di libri che continuo ad acquistare anche se ho una pila altissima di volumi ancora da leggere. Amo scrivere fin da quando ero piccola, cosa che in passato mi ha permesso di vincere la mia timidezza e comunicare le mie emozioni e adesso, da adulta, mi aiuta a tirare fuori le storie che ho dentro e che aspettano di essere raccontate.
Massimo: 1_ Mi definisco un’anima creativa a 360 gradi, un curioso, sempre affamato di sapere, conoscenza, ma soprattutto esperienza, un fine esteta, un viaggiatore amante del confronto di culture.
2_ Sono un amante delle arti visive, soprattutto del cinema, come espressione artistica principalmente, nelle sue mille sfumature, e nelle sue sperimentazioni.
3_ Mi ritengo un fine osservatore, del “sociale” principalmente, un cultore affascinato delle pulsioni umane, e dalle mille contraddizioni che affliggono l’uomo.
Perchè avete deciso di scrivere questo libro a 4 mani?
B. L’idea di scrivere una storia insieme ci frullava per la testa già da un po’ di tempo. Io e Massimo abbiamo collaborato in passato alla realizzazione di varie sceneggiature per cortometraggi e ci siamo sempre trovati bene. Abbiamo due modi diametralmente opposti di vedere il mondo, due sensibilità diverse, due distinti stili di scrittura. Ma questa diversità ha sempre arricchito la nostra collaborazione e i lavori che ne sono derivati. Qualche anno fa Massimo mi chiese di lavorare con lui alla stesura della sceneggiatura di Betterworld, un progetto filmico nato da una sua idea a cui teneva tantissimo e, successivamente, abbiamo deciso di trasformarlo in un romanzo. Avendo già lavorato insieme alla sceneggiatura è stato naturale continuare a farlo anche per l’adattamento della storia in libro.
M. Il libro non è propriamente scritto a 4 mani, nel senso che non c’è stata una assegnazione per capitoli, come solitamente avviene in questi casi, ma piuttosto una vera ricostruzione, un rimaneggiamento della sceneggiatura di partenza. Beatrice ha giocato un ruolo fondamentale nella trasposizione, avendo più di me l’esperienza e gli strumenti per scrivere da romanziere.
E che genere di esperienza è stata?
B. Per me personalmente è stata un’esperienza molto bella e intensa. Abbiamo lavorato a distanza, anche per via del Covid, ma costantemente in contatto telefonico o via skype per confrontarci sugli sviluppi della storia, la caratterizzazione dei personaggi e i cambiamenti necessari da apportare per rendere il romanzo piacevole da leggere e fruibile a più livelli. Quando si scrive una sceneggiatura ci sono molte cose che devono essere sacrificate per esigenze sceniche e di produzione ma quando ci si dedica alla scrittura di un romanzo c’è spazio per le sfumature, per descrivere in maniera ottimale il carattere di un personaggio, la sua backstory, il mondo in cui vive. Ci si può divertire molto.
M. Credo che il confronto sia sempre un arricchimento, poi partiamo da esperienze molto diverse, sia sul piano stilistico, sia di idee. Questo ha sicuramente in un certo senso ha mitigato un certo tipo di scrittura, che se fosse stata costruita in solitaria, avrebbe potuto soffrire, almeno conoscendo il mio modo di scrivere, essere troppo “personale” e quindi prediligere solo una certa tipologia di lettore. In questo modo invece, credo che abbiamo raggiunto un ottimo equilibrio stilistico, tant’è che i feedback ricevuti provengono da un pubblico eterogeneo.
Come avete scelto il titolo?
B. Il romanzo ha conservato il titolo originale scelto da Massimo per la sceneggiatura del film, e ad entrambi è piaciuta l’idea di conservare il titolo in inglese. Betterworld, il mondo migliore, è quello che inseguono i protagonisti della storia per tutto il tempo, un mondo lontano, irragiungibile, forse irrealizzabile e per questo tanto intrigante.
M. Il titolo è stato ripreso pari pari dalla sceneggiatura, ne rappresenta al meglio il significato intrinseco della vicenda.
Secondo voi è possibile “un mondo migliore”?
B. Dipende da noi. Gli uomini fino ad oggi hanno depredato il pianeta delle sue ricchezze, lo hanno sfruttato, inquinato, maltrattato ogni ogni dire. Sono decenni che gli scienziati lanciano l’allarme sull’inquinamento, sui cambiamenti climatici e, come nel libro, continuano a restare inascoltati. Se l’uomo si rendesse conto di vivere in un pianeta meraviglioso, iniziando a prendersene cura, forse riusciremmo a lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti un mondo migliore di quello che abbiamo trovato noi.
M. Per avere un mondo migliore, bisognerebbe arrivare ad avere un uomo migliore, ed è questa una delle riflessioni a cui porta il romanzo.
Quale è stata l’idea ispiratrice di questa storia?
B. Come ho già accennato l’idea ispiratrice della storia è di Massimo, io ho fatto del mio meglio per costruire una solida storia attorno a questa idea, caratterizzando i personaggi, creando intorno a loro un background verosimile e delle vicende che riuscissero ad emozionare, far riflettere e indignare. Mi rendo conto che alcuni dei personaggi hanno un carattere un po’ disturbante, profondamente egocentrici, insensibili e cinici, concentrati solo ed unicamente sul proprio benessere ma era proprio questo genere di umanità che Massimo voleva provare a raccontare. E se proviamo a guardarci intorno ne troveremo molti esemplari senza doverci allontanare troppo dal tempo presente.
M. L’ispirazione nasce dal bisogno di raccontarsi, attraverso dei personaggi, attraverso delle storie, dei conflitti, attraverso tutto questo si esprime la propria visione di quello che accade intorno a noi, una sorta di riflessione su qualcosa che ci colpisce maggiormente in un particolare momento della nostra vita. Volevo raccontare, senza retoriche, ne moralismi modaioli, una possibile e plausibile deriva umana, sociale, focalizzandomi senza appesantimenti psicologici sul confronto di differenti personalità, che spesso deludono o sorprendono in merito a quella che è la nostra idea di partenza, il tutto condito poi da quel pizzico di surrealismo, misticismo che un po’ mi appartiene.
E che messaggio vorreste arrivasse ai lettori?
B. Io e Massimo abbiamo raccontato un mondo distopico, una realtà molto lontana da noi in termini di anni ma, purtroppo, relativamente vicina. Viviamo in un mondo in cui la realtà virtuale sta soppiantando la vita vera, le persone non si guardano più negli occhi, costantemente concentrate sullo schermo di uno smartphone. La pandemia ci ha restituito un’umanità diversa, forse peggiore sotto certi aspetti. Lo scenario che dipingiamo in Betterworld è catastrofico, me ne rendo conto, ma è poi così inverosimile? Ognuno dei personaggi del libro cerca di trovare il proprio mondo migliore: chi provando a raggiungere un pianeta lontano, chi affidandosi in maniera cieca alla religione, chi alienandosi da tutti gli altri, chi pensando solo ad accumulare ricchezze. L’umanità che abbiamo rappresentato in questo futuro non troppo lontano è profondamente egoista ed infelice. Vorrei che le persone riflettessero sul proprio modo di vivere, sempre più insostenibile a livello ambientale, che usassero la tecnologia come un aiuto e non in sostituzione dei rapporti umani e che ci si rendesse conto che è necessario imporre al più presto un cambio di rotta.
M. Come ho anticipato, BETTERWORLD è una visione personale, un punto di vista soggettivo, ma nel quale molti aspetti sono assolutamente oggettivi. Non c’è, almeno ci siamo sforzati, di evitare di rilasciare, come spesso accade “messaggi” educativi, la ritengo una lettura scorrevole, avvincente, con un suo spessore, e molti spunti di riflessione, con un finale nel quale ognuno può cercare una sua interpretazione.
Possiamo dire che voi lavorate “sul campo”, che suggerimento dareste ad un giovane che intende avvicinarsi alla scrittura e in particolare alla sceneggiatura?
B. Non smettere mai di studiare. Frequentare corsi di scrittura e sceneggiatura, imparare dai più bravi, leggere sceneggiature, soggetti, trattamenti e capire come vanno scritti. Guardare film con uno sguardo critico e dissezionare ogni scena per capire come lo sceneggiatore è riuscito a condensare in un dialogo tutte quelle emozioni e pensieri. E non scoraggiarsi per i tanti NO che, inevitabilmente, arriveranno ma continuare a lavorare a testa bassa, credendo sempre in se stessi e nel proprio lavoro.
M. Come dico sempre i migliori maestri ed insegnati di cinema sono gratis, nel senso che bisogna attingere, con il giusto approccio critico a chi ha fatto, e fa il cinema, i grandi registi.
Poi, frase che può suonare scontata e retorica, ma non lasciarsi scoraggiare dai fallimenti.
Per Beatrice: Preferisci scrivere un romanzo o una sceneggiatura?
B. Partiamo dal presupposto che io amo scrivere. Mi piace quando riesco a delineare il carattere di un personaggio attraverso le parole e vederlo prendere vita sotto i miei occhi. Con il romanzo ho la possiblità di lasciare la mia ispirazione a briglia sciolta, seguire i personaggi fino dove vorranno portarmi, immergermi nelle loro vicende senza preoccuparmi troppo di rispettare degli schemi. In una sceneggiatura al contrario è essenziale essere sintetici, ripulire i dialoghi e le descrizioni di una scena di tutto quello che non è fondamentale. Mostrare invece di raccontare, questo insegnano i grandi sceneggiatori e per uno scrittore che ama seguire il flusso dei suoi pensieri all’inizio può essere difficile adattarsi ma è una sfida affascinante e ogni giorno mi piace sempre di più.
Per Massimo: tra video e scrittura cosa preferisci?
M. Assolutamente sceneggiatura, è un habitat più confacente alle mie caratteristiche, nasco con la narrazione per immagini, per cui.
Da filmmaker, mi piace poi percorrere tutto il processo produttivo fino alla distribuzione dell’opera.
Pogetti futuri?
B. Ho finito da poco di scrivere una sceneggiatura per un lungometraggio e sto valutando altre proposte. Contemporaneamente sto lavorando ad una mia raccolta di racconti che vorrei terminare al più presto e provare a pubblicare.
M. Ho due altri romanzi in cantiere, attualmente però sto lavorando su un lungometraggio, ho quasi finalizzato la sceneggiatura, e dovremmo passare alla fase di pre-produzione a breve.
E desideri da realizzare?
B. Desideri ce ne sono sempre tanti nel cuore. Il desiderio è quella molla che ci tiene vivi, ci fa andare avanti anche quando è difficile e i risultati sembrano non arrivare mai. Mi piacerebbe vedere pubblicati i libri che ho ancora nel cassetto e leggere il mio nome come sceneggiatrice nei titoli di coda di un film famoso. È quello per cui sto lavorando duramente da anni e spero, un giorno, di farcela.
M. Per ora mi basterebbe riuscire a pubblicare gli altri due romanzi in cantiere, realizzare “DAUGHTER OF THE STARS” che è il titolo del lungometraggio di cui ho accennato precedentemente, e poi, magari davvero vedere sullo schermo BETTERWORLD.
Bianca Folino