Caso Orlandi: una scomoda verità

Era l’ormai lontano 22 giugno 1983 quando Emanuela Orlandi, cittadina dello Stato pontificio, sparì nel nulla. Secondo gli ultimi testimoni attendibili, la ragazza fu vista l’ultima volta mentre faceva ritorno dalla sua lezione di musica, e poi, da come sembrerebbe, venne fatta salire su un’auto. Da lì, non si ebbero più notizie certe di lei. La famiglia si diede subito da fare, denunciando quanto prima la sparizione della figlia e affiggendo sulle mura della capitale il poster con la sua foto. Quel viso dolce e innocente che ormai è entrato a far parte dell’immaginario collettivo, come il volto più noto delle sparizioni in Italia. Il suo caso accrebbe a poco a poco di notorietà, fino a raggiungere la fama mondiale. Molte piste, alcuni avvistamenti. Telefonate dai possibili rapitori. Intrighi internazionali, Stasi e KGB. E infine la versione di Ali Agca, l’attentatore di papa Wojtyla. Fino ad arrivare ai tempi più recenti con tombe riesumate e analisi del DNA. Molto è sembrato essere un bluff, creato forse apposta per depistare chi era alla ricerca della verità.

Perché, la verità, da qualche parte si trova.

Il manifesto pubblicato all’epoca della sparizione della ragazza

Infatti, mettendo insieme il puzzle di come possano essere andate le cose, si può arrivare a ipotizzare la versione che sembra più vicina a ciò che è effettivamente successo. Secondo la testimonianza di un’amica, Emanuela sarebbe stata molestata da qualcuno di importante della città del Vaticano, e aveva paura. E non poteva che essere altrimenti. Poco dopo, infatti, è svanita nel nulla. L’idea di lasciare andare in giro libera per strada una ragazza che avrebbe potuto spargere la voce di ciò che le era successo – o addirittura denunciare – pareva non fosse digeribile da alcune persone importanti all’interno del Vaticano.

E un tassello è già a posto. Le sparizioni, del resto, di rado capitano per caso. Soprattutto se avvengono in uno stato così piccolo e particolare come lo Stato Pontificio. E a una famiglia, gli Orlandi, che di certo non erano abbienti a cui si poteva chiedere un riscatto.

Secondo tassello importante: la banda della Magliana. Sembra molto plausibile che la mafia abbia lavorato per ammansire la ragazza. E quindi, abbia aiutato con le mani sporche alcune persone del Vaticano a farla sparire. Forse non è un caso, che De Pedis (uno dei boss della banda della Magliana) sia stato sepolto nella basilica di Sant’ Apollinare. Perché, un mafioso, avrebbe dovuto meritare di avere una tomba lì?

Terzo tassello: il trasferimento di Emanuela a Londra. La pista inglese sembra essere l’ipotesi più convincente, anche perché era stata confermata dall’arcivescovo Georg Gänswein (allora segretario di papa Benedetto XVI) l’esistenza di un dossier a riguardo, che ne attestava la veridicità e che mostrava come il Vaticano pagasse per mantenere lì la ragazza. Esistenza poi smentita, per qualche motivo, dallo stesso arcivescovo.

Cosa sia successo dopo è senz’altro più difficile da capire. Emanuela è morta lì? Oppure è stata mandata da qualche altra parte? O addirittura… è ancora in vita?

Papa Francesco ha detto, tempo fa, a Pietro Orlandi che lei ora è in pace, quindi sembrerebbe esserci già una risposta all’ultima domanda. Ed è quindi ipotizzabile che il papa attuale sia a conoscenza, almeno, di quale sia stata la sua fine.

Il fratello di Emanuela continua instancabile a combattere, per raggiungere la verità, andando spesso contro i poteri forti. E non solo quelli della chiesa. Il Vaticano ha riaperto da poco le indagini sul caso, ma dopo che Pietro Orlandi ha mosso accuse contro Giovanni Paolo II, le suddette indagini si sono rivolte tutte attorno allo zio di Emanuela. E i tg mainstream gli hanno dato manforte.

Lo zio dfi Emanuela Orlandi mentre manifesta per avere verità sul caso

Quello zio che, tra l’altro, al momento della sparizione di Emanuela, era lontano sia dalla Città del Vaticano che da Roma. E che già in passato era stato scagionato da ogni possibile accusa.

Sembra quindi essere stata solo una triste ripicca. Una cinica vendetta. Contro una famiglia che ha già sofferto abbastanza.

Insomma, un altro bluff, giostrato da coloro che purtroppo hanno sempre il potere di celare la verità. Quando, come e quanto vogliono.

Una verità che sembra essere troppo scomoda.

E quindi insvelabile.

Davide Bernardin