Il deserto come paesaggio interiore

Si intitola “Et in Arcadia Ego – alla corte degli eroi” la silloge poetica di Davide Frumento che entra così a far parte della squadra di poeti della PlaceBook Publishing & Writer Agency. Frumento, classe 1986 è nato a Savona ed ha iniziato a comporre versi fin adolescence’s. Ha ricevuto diversi riconoscimenti letterari per le sue poesie. Ha fondato e tutt’ora amministra “Cultura ebraica”, il gruppo Facebook ebraico più grande d’Europa. Lo abbiamo intervistato per i lettori di Kukaos.

Raccontaci qualcosa di te, chi è Davide Frumento?

Sono un Ricercatore Biomedico ligure, impegnato anche in poesia ed arti visive. Scrivo versi dalla tarda adolescenza e sono alla continua ricerca di nuove parole, così come di orizzonti compositivi inesplorati. Nonostante i primi miei versi siano stati liberi e sciolti, questo primo libro contiene componimenti dalla metrica spesso regolare, spaziando dal quinario al dodecasillabo. Sotto il punto di vista rimico, cerco di evitare la rima baciata e lo schema, preferendo l’assonanza ed il verso sciolto. Credo inoltre che la tradizione poetica sia molto importante, anche quella appartenente a paesi differenti dal nostro, ragion per cui questa pubblicazione ha visto l’inserimento di alcuni Haiku. La silloge consta di 50 componimenti in cui ricorre il tema del deserto, al contempo immaginifico e reale, teatro di peregrinazioni e proscenio sul quale il poeta declama il verbo condensato sulle “sudate carte”. Altro leitmotiv lirico è il sangue, spesso metaforizzato nel miele e strettamente ancorato alla natura; il cantore ricorda gli antenati, financo rivolgendosi a loro con odi alle terre in cui vissero. Le origini Ebraiche vengono spesso discusse con nostalgia, travaglio interiore e riferimenti geografici molto precisi.

Come hai scelto il titolo del tuo libro?

Il titolo riprende un’iscrizione riportata in molti dipinti del Seicento. Nonostante tale motto simboleggi la transitorietà della vita e sia di fatto un memento mori, la scelta è piuttosto personale e legata ad eventi vissuti da studente universitario. All’epoca, infatti, discutendo con il mio amico e compagno di corso Dr. Luca Soattin, lo ascoltai dirmi appunto “Et in Arcadia Ego”, come augurio per il nostro lavoro. Auspicava, mi spiegò, il fatto che anche noi potessimo un giorno entrare nell’Arcadia, mitologica regione e patria della poesia bucolica, aggiungendo infatti “Anche noi tra gli eletti”. Il sottotitolo, “Alla Corte degli Eroi”, è il modo in cui chiamavo scherzosamente il centro di ricerca biomedica nel quale studiammo e facemmo pratica di laboratorio.

Come ti sei avvicinato alla poesia?

Ho iniziato a comporre cercando di emulare, goffamente, i grandi del passato. Sono stato incoraggiato, nel corso degli anni delle Scuole Superiori, dalla mia insegnante di Lettere, Anna Minuto. Iniziai a scrivere e a partecipare a qualche concorso poetico, senza successo, per poi riprendere le competizioni nel 2020. La vittoria del Premio Internazionale di Poesia “Besio 1860” come Miglior Autore Ligure e l’aver conosciuto l’ottimo Bartolomeo Di Giovanni mi hanno incoraggiato e permesso di vivere la stimolante realtà editoriale PlaceBook Publishing.

Hai degli autori di riferimento?

Un autore di riferimento è sicuramente Francesco Petrarca, dal quale cerco di carpire un certo linguaggio ed alcune atmosfere. Ho sempre ammirato Giacomo Leopardi, per il modello lessicale e per la tenacia artistica, ma non dimentico mai Dante Alighieri, la cui titanica opera ispira le mie povere composizioni dall’inizio della mia attività artistica. Spostandoci oltreoceano, non posso esimermi dal menzionare Pablo Neruda, colossale artista dell’Amore disperato ed eroico. Debbo infine citare Matsuo Basho, il geniale poeta nipponico del XVII secolo, che con la sua potenza espressiva riuscì a condensare racconti straordinari in un totale di tre versi, solamente diciassette sillabe. Devo ringraziarlo per avermi permesso di conoscere ed approcciare l’Haiku.

Cosa vuol dire oggi essere Ebrei in Italia?

Significa passare un testimone che ci identifica come depositari di una tradizione, sopravvissuta per quattromila anni. Talvolta è difficile, spesso è necessario combattere. L’Ebraismo è una etno-religione, una linea rossa che attraversa la storia dell’essere umano, e in Italia teniamo alta la nostra Fede.

Sei osservante e segui i riti e le celebrazioni Ebraiche?

Come detto altrove, mi definisco mediamente osservante. La società attuale richiede reperibilità permanente e un’adattabilità gravosa, ma cerco in tutto e per tutto di portare avanti la tradizione, in famiglia e nel mondo.

Che significato ha per te il deserto?

Il deserto è un ricorrente motivo della mia poesia, un paesaggio interiore. Si potrebbe pensarlo come privo di presenze, un’allegoria della non esistenza, ma sarebbe una percezione illusoria, proprio come un miraggio. Parliamo della pienezza nel vuoto, il dialogo diretto e pulito con sé stessi, libero dalle sovrastrutture messe in campo dall’ego.

Quali paesaggi Israeliani ti porti dentro?

Sicuramente il deserto del Negev, i suoi peculiari calanchi scavati dalle acque, molto simili a quelli langaroli e monferrini. Un’estetica che sfida il proprio concetto, l’assenza di sabbia e dune, luogo di peregrinazione del Popolo Ebraico appena entrato nella propria terra.

Ha ancora senso a tuo giudizio, oggi, scrivere poesie?

Il mondo avrà sempre bisogno di poesia e l’universo la chiederà sempre, anche quando la Terra non esisterà più. L’essere umano sviluppò il proprio linguaggio, lo rese complesso, ne fece uno strumento esteriore ed interiore. Poi ne colse la mistica, ed ecco, nacquero i poeti. Si dice che la complessità del pensiero sia proporzionale alla ricchezza lessicale: i nostri componimenti sono un ponte per l’altrove e le parole sono le pietre da cui è composto. Che cos’è un poeta, in fondo, se non un sacerdote linguistico?

Che messaggio vorresti arrivasse con i tuoi versi?

I miei versi portano impressa la forza delle generazioni passate. Desidero veicolare la purezza dell’Amore, la fratellanza tra i Popoli e la spinta dell’afflato spirituale. Resta difficile sormontare l’incomunicabilità che fa da sfondo anche ai concetti più chiari, ma il mio impegno è quello di scrivere poesie che abbiano l’effetto di una formula magica, giungendo oltre la comprensibilità dello scritto per svelare una leggibilità ascrivibile al solo inconscio.

Hai qualche progetto letterario in essere?

Il mio prossimo progetto letterario è una raccolta poetica di 75 componimenti, il cui titolo verrà reso pubblico tra qualche tempo. Sperando di trovarmi sul cammino dell’evoluzione artistica, desidero progredire verso stilemi poetici più definiti; la prossima raccolta conterrà infatti alcune elegie (canoniche e non), così come qualche sonetto. Sto costituendo un collettivo poetico di grande spinta artistica, del quale sentiremo presto parlare, e ho in progetto la seconda edizione del Concorso Poetico Internazionale “Popolo Errante”.

Bianca Folino