Discriminazione come quotidianità

Forse in pochi conoscono la storia dei Rohingya, una minoranza etnica che è stata considerata la più discriminata al mondo dalle Nazioni Unite. Abbiamo deciso di raccontarvela perchè si tratta di uno dei più grandi gruppi apolidi, individui senza cittadinanza, del nostro pianeta. Sono mussulmani sunniti che un tempo erano milioni e oggi, dopo essere stati letteralmente sterminati, si sono ridotti a poche centinaia di migliaia. Abitano nel Myanmar, cioè nell’ex Birmania che è un paese in gran parte buddista.

Sono vittime di abusi di ogni tipo e lo sono da decenni ormai. I vari governi che si sono succeduti nel paese, dai militari fino al premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, hanno di fatto annullato le loro libertà e i loro diritti. Nei confronti di questa minoranza è stata messa in atto negli anni una vera e propria campagna di odio e per quanto il momento più buio per i Rohingya sia stato il 2017, ancor oggi vivono una situazione piuttosto difficile. Tanto che la negazione dei loro diritti e gli abusi si sono estesi nei paesi dove i Rohingya sono scappati (oltre un milione di loro se ne sono andati dalla ex Birmania), come è successo in Bangladesh. Sono una delle popolazioni più perseguitate al mondo e non riconosciuta in nessun paese. Interi villaggi sono stati saccheggiati e distrutti e nel 2017 si è parlato di pulizia etnica con l’intervento dell’esercito birmano che ha obbligato molti Rohingya ad emigrare.

L’origine di questa minoranza etnica si perde nella notte dei tempi, alcuni studiosi sostengono che risieda a Myamar da secoli. Sicuramente esistono documenti che fanno risalire la presenza di questo popolo al 1785. In concomitanta con l’invasione birmana ad opera degli inglesi che conquistarono successivamente lo stato di Arakan. Già in questi anni la minoranza iniziò a migrare stabilendosi in quello che allora era il Bengala orientale, oggi Bangladesh. I censimenti inglesi del 1871 registrano la presenta di 58mila e 263 musulmani che sono diventati 186mila nel 1911. Venivano impiegati come manodopera a basso costo nei campi della Compagnia delle Indie Orientali.

Nel 1948 la Birmania ottenne l’indipendenza ma nel ‘62 un colpo di stato rovesciò il governo portando al potere i militari per quasi 50 anni. Ancor oggi i Rohingya sono un popolo senza stato. Nella legge del 1982 sulla cittadnanza non vengono infatti inclusi e questo li rende degli immigrati illegali. Ecco perchè sono continuamente oggetto di abusi e discriminazioni. In Bangladesh il discorso non cambia. Appartenere a questa minoranza etnica non è semplice, bisogna ottenere un permesso speciale per sposarsi, viaggiare, cercare lavoro o commerciare, ma anche per poter accedere alle cure mediche. Queste persone sono spesso costrette ad arresti arbitrari, confische di beni. Non possono nemmeno frequentare le scuole. Perfino i monaci buddisti li considerano una minaccia. Esiste un movimento che fa di tutto per discriminarli ed incitare all’odio ed è il Movimento 969 guidato da Ashin Wirathu che è un monaco buddista appunto che ha scontato 8 anni di carcere per incidamento all’odio ed è stato rilasciato grazie a un’amnistia. Nel 2018 le Nazioni Unite hanno definito le violenze verso i Rohingya operazioni di pulizia etnica mentre l’Alto Commissario delle Nazioni Unite ha parlato di rischio reale di genocidio. Tanto che a luglio del 2021 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che condanna le violazioni da parte dell’esercito nei confronti della minoranza etnica, chiedendo l’immediata cessazione delle ostilità e delle violazioni dei diritti umani. Resta da verificare se l’esercito abbia ottemperato alla direttiva.

Redazione