Fronteggiare il vuoto

E’ con la silloge poetica “Fronteggiare il vuoto” che Federico Falchi, oristanese del ‘96, entra a far parte della squadra di autori targata PlaceBook Publishing & Writer Agency. Falchi si definisce come un “aspirante poeta” la cui vita è stata profondamente influenzata dalla sua passione per la poesia. Diplomato allo Scientifico, Falchi si laureato in Bioingegneria a Pavia dove tutt’ora risiede e lavora inqualità si Software developer. Proponiamo ai lettori la sua intervista.

Raccontaci qualcosa di te, chi è Federico Falchi?

Mi chiamo Federico Falchi, ho 27 anni e sono originario di Oristano, in Sardegna. Attualmente, risiedo a Pavia, dove mi sono trasferito prima per motivi di studio e successivamente per lavoro. A 23 anni ho completato il percorso di studi laureandomi in Bioingegneria e ho immediatamente intrapreso la mia carriera come Software Developer presso un’azienda situata nella provincia di Pavia, a Trivolzio. Esternamente, posso apparire come una persona estroversa, amichevole e incline allo scherzo, ma in realtà nutro una particolare attenzione per i dettagli, per le persone e per le loro emozioni. La mia natura è intrinsecamente altruista, e mi dedico con passione a comprendere le sfumature delle relazioni umane. I miei interessi sono vari e comprendono la passione per il calcio, la lettura, i viaggi, il mare, le montagne, i paesi. Sono una persona che cerca di sfruttare al massimo ogni istante della vita, sia dedicandomi alla lettura di un libro durante momenti di relax che uscendo per esplorare il mondo che mi circonda. La mia avversione per la perdita di tempo guida la mia vita.

La lettura occupa una parte significativa delle mie giornate, spaziando dai romanzi ai classici, fino alla poesia. La mia raccolta poetica è un riflesso autentico di me stesso, attraverso la quale esploro emozioni, esprimo critiche e descrivo personaggi e situazioni vissute in prima persona, cercando di coglierne appieno il significato.

Come hai scelto il titolo della tua silloge?

Il titolo “Fronteggiare il vuoto” è emerso spontaneamente mentre rileggevo la mia silloge poetica. Questa scelta riflette il mio intento di contrastare il concetto di vuoto in modo più ampio, andando oltre l’assenza fisica o l’abbandono e toccando aspetti più profondi come la mancanza di chiarezza o la contemplazione dell’ineffabilità dell’esistenza. L’utilizzo del termine “Fronteggiare” suggerisce un atto di coraggio e un impegno attivo nel confrontarmi con le incertezze, le emozioni oscure e le domande senza risposta che permeano l’esperienza umana. Il vuoto, in questo contesto, non si limita solo a una mancanza di presenza fisica, ma abbraccia una gamma più ampia di significati, come la ricerca di senso nella vita e l’affrontare momenti di solitudine profonda. Il “Vuoto” nella mia silloge può essere interpretato come l’assenza di chiarezza o la mancanza di significato, fornendo uno sfondo su cui dipingere le emozioni, le sfide e le speranze intrinseche alla vita. Questo concetto si manifesta attraverso personaggi come il “Pagliaccio”, il “Barbone”, il “Vecchio” e altri, che rappresentano individui spesso trascurati o emarginati dalla società. Nella silloge, sottolineo l’importanza della meraviglia come elemento chiave per superare i limiti esistenziali. La meraviglia diventa un catalizzatore che consente di osservare il “mistero di sfumature che sfugge”. Questo momento di meraviglia diventa cruciale nel superare paure e tormenti personali. La meraviglia diventa così una forza positiva che consente una nuova e più profonda percezione della vita.

Quanto è importante per te la relazione interpersonale?

Tantissimo, per rispondere a questa domanda inizio citando le parole di Cesare Pavese in una lettera indirizzata a Fernanda Pivano: “Si faccia una vita interiore di studio, di affetti, di interessi umani che non siano soltanto di <<arrivare>> ma di <<essere>> e vedrà che la vita avrà significato”. È necessario conoscersi, sapere cosa si vuole per evitare di far soffrire o di far capire cose sbagliate a chi ci circonda. La relazione interpersonale diventa, quindi, il ponte verso la comprensione reciproca e la possibilità di colmare quel vuoto. Le dinamiche umane complesse e cariche di tensione, riflessi dei drammi interiori, risuonano nei miei versi. L’importanza di questi legami emerge come un filo conduttore, capace di tessere connessioni significative tra le persone, superando l’isolamento e dando vita a un tessuto sociale arricchente. L’assenza che si fa presenza, la solitudine e la ricerca di significato delineano un paesaggio emozionale che trova riscontro nelle dinamiche complesse delle interazioni umane.

E l’amore?

L’amore è fondamentale, dovrebbe essere presente nella vita di tutte le persone, che sia l’amore per una persona amata, per la famiglia, per degli animali, per dei luoghi, per dei libri. L’amore è un anestetico fondamentale, ma deve essere un amore che aggiunge, non che toglie, deve essere un pezzo in più di anima nel quale puoi rifugiarti e sentirti al sicuro, sentirti protetto. Per questo l’amore non deve essere la privazione di qualcosa, deve asciugarti le lacrime nei momenti di difficoltà, perché essere lo specchio di un tuo sorriso in un momento positivo è semplice.

Nelle mie poesie, l’amore emerge come un tema intriso di sfumature ed esperienze umane profonde. Attraverso immagini evocative e sensazioni intense, cerco di dipingere l’amore come un’esperienza che trascende i limiti fisici, avvolgendo in uno stato di estasi e trascendenza. La descrizione delle sorprese e delle meraviglie nelle relazioni sottolinea il percorso amoroso come un viaggio continuo verso l’infinito. L’attrazione eros e il desiderio emergono come elementi centrali in alcune delle mie poesie, con il corpo dell’amato che diventa un richiamo erotico che supera i limiti del proprio io. La fusione tra la sfera fisica e quella intellettuale apre un piano del non essere, sconfinando nell’infinito piacere di essere abbandonato all’attrazione. L’assenza, intesa come mancamento, diventa un elemento pregnante, accompagnato dall’attesa di una verità futura, creando una tensione emotiva palpabile. Ogni momento è consumato ripetutamente in epoche interiori, sottolineandone la percezione dell’eterno nei brevi attimi d’infinito. La distinzione tra sogno e realtà si dissolve in un idillio che si dilata all’infinito, influenzando e dando significato a ogni ciclo della vita.

L’amore, quindi, sopravvive attraverso la leggerezza dell’essere, riaffermandosi come forza vitale e fonte di significato anche oltre la fine della mia esistenza.

Qual è per te l’amore non detto?

L’amore non detto, per me, è la più autentica espressione dell’affetto, poiché alcune emozioni e momenti sono così intensi e profondi che sfuggono alle limitazioni del linguaggio. Nelle mie poesie, cerco di catturare e trasmettere proprio questa dimensione dell’amore, quella che va oltre le parole pronunciate. Parlo di regali che diventano ricordi indelebili, di gesti silenziosi che parlano più di mille parole, di attimi di intimità che sfuggono alla descrizione diretta. Lontano dai cliché e dai luoghi comuni, l’amore non detto per me si manifesta nei dettagli quotidiani, come la cura di un genitore, un gesto di conforto in un momento di difficoltà, il sorriso condiviso che trascende le parole convenzionali. Questa forma di amore è tangibile nei momenti più semplici e genuini della vita, come l’abbraccio caloroso in un momento di bisogno o lo sguardo affettuoso di un animale domestico. Ritengo che spesso le parole siano sminuite dal loro frequente e superficiale utilizzo, come “ti amo” o “amore”, che vengono pronunciate senza piena consapevolezza del loro significato profondo. L’amore non detto, al contrario, si manifesta attraverso azioni e attenzioni quotidiane, nel silenzio eloquente di un gesto che parla direttamente all’anima. In questo mondo frenetico, riconoscere e apprezzare l’amore non detto richiede una sensibilità importante, un’attenzione ai dettagli. Ogni giorno è intriso di questo amore sottinteso, ma è necessario dedicare il giusto tempo e considerarlo con la serietà che merita. È un linguaggio sottile, ma potentemente eloquente, che trova la sua espressione più autentica nei gesti, negli sguardi e nei momenti condivisi che vanno al di là delle parole convenzionali.

E il vuoto?

Il vuoto, delineato in questa silloge, si presenta in molteplici sfaccettature, offrendo una visione poliedrica degli aspetti più profondi della vita umana. Essa abbraccia la mancanza di significato, rivelando un’assenza di connessione autentica nelle relazioni umane, come se le distanze emotive tra gli individui fossero un elemento intrinseco di questa condizione. Nel contesto della transitorietà e dell’impermanenza, il vuoto si fa sentire attraverso immagini che suggeriscono la fugacità della gioia e la consapevolezza della perdita nel corso della vita. Il passato, con il suo divario incolmabile rispetto al presente, diventa un terreno fertile per la manifestazione di questo vuoto, rievocando una profonda consapevolezza della temporalità e della mutevolezza dell’esistenza. Ecco che qui la mia poesia, con la sua penetrante introspezione, si propone di esplorare la lotta interna tra autenticità e mascheramento, mettendo in luce la complessità delle emozioni e delle relazioni umane. In questo contesto, il vuoto non è solo un’assenza, ma anche la quiete interiore, un momento di riflessione che apre la porta a una consapevolezza più profonda, suggerendo che, in mezzo alle oscure complessità della mente umana, esiste uno spazio per la comprensione e la trasformazione.

Quanto è importante il silenzio?

È un elemento importante e ricorrente nelle mie poesie. Il silenzio nei miei versi non è semplicemente l’assenza di suono, ma una dimensione complessa che svela le profondità dell’animo umano. È uno strumento poetico che cattura l’ineffabile, fornendo un terreno fertile per l’esplorazione delle emozioni, della solitudine e della condizione umana in tutta la sua ricchezza e complessità, la ricerca di significato o il confronto con l’inesprimibile, come un qualcosa che sfugge, un ricordo che riappare e ti riscalda l’anima, ad esempio quando parlo del silenzio di una casa dopo il trasloco e dopo tutto ciò che si è vissuto all’interno di essa. Si sottovaluta il silenzio e molto spesso si ha paura di questo, riempendolo di cose futili, per cercare di fuggire da esso.

Nei tuoi versi sembra esserci spesso un’assenza che si fa presenza…

Sì corretto. Attraverso le mie poesie emerge il concetto di assenza, versi si fanno eco di un vuoto sottolineato e reso palpabile. L’assenza si fa presenza, tessendo una trama di sospiri e mancanze che si riflettono nei monologhi, nelle descrizioni di attese e nelle immagini evocative. Come, ad esempio, l’intreccio di due solitudini che diventa il palcoscenico in cui si conserva un’intimità non compresa e incompiuta. L’assenza di una connessione profonda si fa risuonare in questo dialogo mancato, mantenendo viva la speranza di riscoperta e di svelamento di un incanto celato. L’essenza dell’assenza si riflette anche in una lontananza dalla persona amata, dove l’assenza stessa diventa un elemento tangibile del proprio essere. L’assenza è astante, ma non portatrice di perdita, perché, nel luogo e comunque ovunque, si avverte la lieve presenza di un movimento che si fa sentire e poi resta. La vita continua a fluire, e l’assenza diventa parte integrante di un continuo vivere l’altro.

Questo tema si amplifica nel concetto di assenza trasformata in attesa. L’attesa diventa un elemento centrale nel desiderio di bastare nei giorni in cui tutto sembra irraggiungibile. L’assenza si combatte oltre i limiti, si cerca in un sorriso che si vuole intrappolare e non vederlo mai partire. La notte diventa il teatro in cui l’assenza si fa desiderio, e si cerca rifugio l’uno nelle braccia dell’altro.

In queste poesie, l’assenza non è solo il vuoto, ma si carica di significato, diventando una forza che plasmerà il presente e l’eterno. L’amore non detto diventa un tema centrale, sottolineando che ci sono cose che le parole non possono spiegare. L’assenza, dunque, si fa linguaggio poetico, un modo di esplorare le complessità delle emozioni umane attraverso ciò che viene lasciato non detto.

Come hai scoperto la Poesia?

La scoperta della poesia è avvenuta durante l’ultimo anno della scuola superiore, quando mi sono imbattuto nell’opera “L’antologia di Spoon River” di Edgar Lee Master. Rimasi profondamente affascinato da questo testo, e da allora la poesia ha assunto un ruolo centrale nella mia vita. La mia passione per questa forma d’arte si è ulteriormente sviluppata, alimentata dall’amore per figure come Leopardi e De André. Ecco che poi questi interessi hanno ispirato la mia tesina di maturità, intitolata “Fabrizio de André: Il Suonatore Jones e la felicità”. Questa si basa sulla canzone “Il Suonatore Jones” di Fabrizio De André, tratta dall’album “Non al denaro non all’amore né al cielo”, e prende spunto appunto dal personaggio Jones presente nell’antologia di Master. Durante il periodo universitario e, in particolare, negli ultimi due anni, ho iniziato a coltivare la mia passione per la scrittura poetica. In questo percorso, ho scoperto autori illuminanti come Caproni, Ungaretti, Montale, Quasimodo, Pasolini, Kafka, Merini e soprattutto Pavese.

Credi che il mondo abbia bisogno di Poesia?

Il mondo di oggi è un caos, un vortice di frenesia dove sembra non esserci spazio per i sentimenti veri, l’amore, il sacrificio, i sorrisi veri e quei momenti condivisi che danno un senso alla vita. La gente scappa dai problemi, non ha tempo per affrontarli, e io con la mia poesia cerco di buttarli fuori, di dar loro voce. Provo a mettere in luce quei tormenti, quelle situazioni che possono capitare a tutti noi, ma che spesso preferiamo ignorare o tralasciare.

La mia poesia vuole essere come una pausa, un respiro profondo in questo mondo che sembra non fermarsi mai. La gente ha bisogno di comprensione, di qualcuno che si fermi ad ascoltare, di una spalla su cui piangere, di un po’ di compagnia in questo viaggio impazzito. Cerco di catturare quei silenzi che sono urla d’aiuto, perché so che molti di noi non hanno il tempo di affrontare o gestire le proprie difficoltà. La gente ha bisogno di comprensione, di una spalla, di compagnia, di dare eco ai propri pensieri e alle proprie emozioni, di essere ascoltato e di essere capito e la poesia perché no, può aiutare, per riscoprire in sé stessi, qualcosa che si pensava di aver perso.

A quali autori ti ispiri?

Sono indubbiamente molteplici, poiché ogni tanto mi imbatto in nuovi autori, cercando di assorbirne l’essenza nel modo più completo possibile. Tra i vari scrittori che ho esplorato, Cesare Pavese occupa senza dubbio un posto importante. Recentemente, ho avidamente letto tutti i suoi romanzi, ma è stato il suo diario, “Il mestiere di vivere”, insieme alle sue poesie a colpirmi profondamente. Apprezzo particolarmente il suo modo di affrontare la solitudine e l’alienazione umana, oltre alla costante ricerca di significato nella vita e al rapporto complesso tra individuo e società. Altri autori che hanno influenzato il mio percorso letterario includono Ungaretti, la cui abilità nel comunicare intense emozioni con versi brevi mi ha colpito. Poi ci sono figure illustri come Leopardi, Montale, De Luca, Merini, Caproni, Rilke, Candiani e Penna, ognuno dei quali ha contribuito in modo unico alla mia comprensione delle sfumature dell’esistenza. Attraverso lo stile crudo di Bukowski, ho esplorato una diversa dimensione della letteratura, mentre la profonda critica sociale di Pasolini e la sua preoccupazione per il degrado culturale e sociale dell’Italia contemporanea hanno aggiunto uno strato significativo alle mie riflessioni. Carmelo Bene, con il suo stile provocatorio, audace e il suo spirito iconoclasta, ha ampliato ulteriormente la mia prospettiva, contribuendo con una critica profonda delle convenzioni sociali e artistiche.

Questa è la tua prima esperienza editoriale, ce la racconti?

L’idea di questa silloge poetica è nata in modo piuttosto casuale. Nel corso dell’ultimo anno, ho sperimentato una notevole prolificità nella scrittura poetica, trovandomi a elaborare circa un centinaio di componimenti che, per me, sembravano quasi pronti per essere portati alla luce. Tuttavia, la mia autovalutazione rigorosa, una caratteristica che permea ogni aspetto della mia vita, mi ha spinto a esaminare attentamente ogni singola creazione. Diverse opportunità di pubblicazione si sono presentate, ma tra queste, l’opzione offerta da Placebook è emersa come la scelta più valida e seria. Questa decisione è stata motivata non solo dalla qualità della casa editrice, ma anche dalla considerazione che molte delle pubblicazioni precedenti rilasciate da autori di Placebook riflettevano uno stile letterario affine al mio. La somiglianza stilistica mi ha indotto a credere che questa casa editrice potesse fornire il giusto contesto per condividere la mia opera con un pubblico che avrebbe potuto apprezzarne la sottigliezza e la profondità. Ringrazio dal profondo Alberto Barina per avermi seguito in questo progetto e aver accettato tutte le mie revisioni, Mario Saccomanno per la stupenda prefazione che ha inserito nella mia silloge, e chiunque altro abbia permesso ciò.

Come promuoverai il tuo libro?

Oltre a costringere tutti i miei amici e conoscenti a comprare il libro e a fare passaparola, sfrutterò le mie conoscenze informatiche che ho acquisito con il mio lavoro sponsorizzando e creando post sui vari social. Inoltre, proporrò la mia silloge a diversi concorsi, riviste letterarie e diversi blog di poesia/letteratura per cercare di far conoscere a tutti la mia poesia e il mio mondo interiore.

Progetti letterari futuri?

Per adesso mi godo questa pubblicazione, nonostante abbia già diverse nuove poesie da proporre. Mi auguro di arrivare a più persone possibili sperando un giorno di uscire con nuove pubblicazioni.

Bianca Folino