Riflessioni sulle challenge

Le challenge non sono altro che delle sfide e sono diventate un fenomeno sociologico molto diffuso, grazie all’introduzione di Internet nella nostra vita quotidiana. Il target di questo fenomeno si focalizza in particolare sull’età adolescenziale e i giovanissimi. Nel 2017 la protagonista assoluta fu la Blue Whale, nel 2018 la Bird Box ispirata al famoso film interpretato da Sandra Bullock, dove le persone dovevano svolgere le incombenze quotidiane completamente bendate, con relative conseguenze annesse. Solo per nominarne alcune.

Ma perché un adolescente dovrebbe parteciparvi, quali sono le motivazioni di base?

Che i giovanissimi siano attirati da sfide che mettano alla prova le proprie capacità per acquisire notorietà nell’ambito della propria cerchia di amici, non è certo una novità. Sia i film che la cronaca sono pieni di azioni sconsiderate fatte da giovani o giovanissimi per il brivido del superamento della sfida. L’archetipo cinematografico di tale comportamento ha le sue origini nella Chicken Run, resa celebre dal film interpretato da James Dean.

Cosa rende così di successo le challenge per i ragazzi? Quali sono gli elementi di fascino verso queste attività così pericolose e rischiose?

Un elemento principale che spinge alla challenge è l’intrattenimento. Si presentano come brevi video che in poco tempo diventano virali e sono motivo di discussione con i coetanei, vengono condivisi e visualizzati in motori di ricerca come YouTube e Tik Tok, diventando un modo per passare il tempo.

Il secondo elemento di fascinazione è la determinazione della propria identità, e le sfide ne diventano lo strumento. L’adolescenza è il periodo di costituzione e costruzione della propria identità, e il modo più immediato per testarla è quello di provarne i limiti. Le challenge hanno fascino proprio per questo: sono sfide.

Terzo aspetto: la questione di appartenenza, che non è soltanto emulazione ma anche dimostrazione del proprio valore all’interno di un gruppo. Se lo hanno fatto gli altri, allora devo esserne capace anch’io per dimostrare di essere degno del gruppo, di poterne fare parte. Più o meno il meccanismo innescato è questo.

Il quarto elemento è l’accessibilità. Tanto più una challenge è semplice, tanto più facilmente si dimostrano le proprie capacità, si dimostra agli amici di che pasta si è fatti.

Il quinto aspetto è la persistenza della challenge. La dimensione della ripresa video è fondamentale. Non è soltanto la prova provata della bravata, si entra in una community in cui può diventare virale. La base di fondo, come si può ben vedere è sempre l’inclusione, l’accettazione all’interno di un gruppo.

Ultimo ma non meno importante, il fattore moda. Da ricerche condotte su adolescenti, è emerso che si viene considerati sfigati se ci si cimenta in challenge ormai fuori moda. Un video di cui si è protagonisti in una sfida ormai sorpassata è considerato un video imbarazzante, cioè “gringe”, in gergo social teen.

In conclusione, bisogna essere consapevoli che lo spazio educativo del nuovo secolo, va ben oltre al di là del cortile sotto casa, ora comprende lo spazio immenso dei social media. E bisogna essere dotati di una buona bussola per non perdere l’orientamento con conseguenze a volte, irrimediabilmente nefaste.

Sonia Filippi