Smiley face killer: la faccina che uccide

The Smiley Face Killers, noti anche come Smiley Face Gang o Smiley Face Murders sono un gruppo di individui ritenuti responsabili di morti apparentemente per annegamento, di uomini in età universitaria, negli ultimi vent’anni. Secondo tale teoria le dipartite di questi giovani, non sarebbero dovute a incidenti, ma a veri e propri omicidi, per mano di una rete di serial Killers. La loro presunta zona di azione si estenderebbe da New York alle città universitarie lungo l’interstatale 94 fino al Midwest superiore. La teoria sostiene che i Killers siano altamente sofisticati e comunichino tra loro tramite il dark web. Le presunte vittime sono tutte studenti universitari, bianchi, atletici visti per l’ultima volta lasciare un bar vagamente ubriachi. La prova che starebbe a indicare una cospirazione, sta nel ristretto ambito delle vittime, nel luogo e nel ritrovamento di faccine sorridenti dipinte nella vicinanza della scomparsa. Il movente? Secondo gli esperti che si sono occupati dei casi, gli assassini sono mossi da una rivalsa contro il ” privilegio bianco”. In altre parole i bersagli sono giovani maschi caucasici i cui genitori possono permettersi di farli studiare al college, eventualità che prevede un costo non indifferente negli Stati Uniti.

Al centro Patrick Mc Neil

La teoria dello Smiley Face iniziò nel 1997 con la scomparsa nel febbraio, dello studente ventunenne della Fardham University, Patrick Mc Neil dopo una notte di bevute in un bar di Manhattan. Il suo corpo fu ritrovato quasi due mesi dopo nell’East River. Anche se la causa della morte fu imputata a un annegamento, sia i familiari che il sergente Kevin Gannon, che si occupava del caso, furono scettici in quanto presentava delle ferite imputabili a torture, e nel sangue un alto tasso di GHB, la droga dello stupro. Inoltre sembrava essere stato tenuto sulla terra ferma per un lungo periodo, per poi essere buttato nel fiume poco prima del ritrovamento. Nel 2001 Gannon si ritirò dal dipartimento di polizia di New York per potersi occupare a tempo pieno del caso con il vecchio collega Anthony Durante e il giudice penale Lee Gilbertson. Curiosamente Mac Neil fu il primo di quattro successive morti misteriose di giovani uomini a New York, l’anno successivo. Tre dei quali furono trovati galleggiare nei corsi d’acqua intorno ai cinque distretti. Gannon e Duarte collegarono presto queste morti per annegamento ad altrettante di giovani uomini in età universitaria, in tutto il paese. Tra queste la scomparsa nella notte di Halloween del 2002, dello studente ventunenne Chris Jenkins il cui corpo fu trovato nel Mississippi quattro mesi dopo, con indosso ancora il suo costume di Halloween. Sebbene inizialmente la sua morte fosse classificata come incidente o suicidio, venne più tardi riclassificata come omicidio, in seguito a dichiarazioni da parte di un informatore. E fu proprio durante le indagini per l’omicidio di Jenkins, che i tre trovarono la faccina sorridente graffita nel punto in cui il corpo del ragazzo venne trovato in acqua. Le medesime faccine sarebbero comparse in altri dodici siti relativi ad altre sparizioni e successivi annegamenti di ragazzi in tutto il Midwest superiore.

Gli Smiley sembravano essere disegnati da una mano diversa, alcuni avevano delle corna ed erano accompagnati da messaggi cupi. Alla fine si contarono quaranta omicidi avvenuti nella stessa maniera e con lo stesso target, il che portò a pensare a una interconnessione tra gli stessi. Le morti si verificarono in 25 città e in 11 stati diversi. A causa della diversità dei graffiti e delle diverse linee temporali in cui avvennero gli omicidi, risultò praticamente impossibile che il killer fosse uno solo. Era invece altamente probabile si trattasse di più individui interconnessi. Gannon delineò la tipologia delle vittime, indicandole come maschi caucasici di età compresa tra i 19 e i 23 anni, con un buon curriculum universitario e tutti atletici. Gli investigatori ipotizzarono che gli omicidi potessero essere parte di un’iniziazione in un gruppo, che le vittime fossero drogate mentre si trovavano in un bar, poi rapite e in alcuni casi torturate, per poi essere assassinate.

Attualmente, anche a seguito di una categorica smentita da parte dell’Fbi, non esiste nessuna prova concreta sull’ esistenza di questa rete di Smiley Face Killers, la stragrande maggioranza delle suddette morti è stata attribuita a un abuso di alcool che ha portato le vittime al loro tragico destino. Nel 2010 il Centro per la ricerca sugli Omicidi con sede a Minneapolis, ha stilato una serie di punti fermi che tendono a smentire la teoria degli Smiley Face. Tra i quali la presenza delle faccine in tutto il mondo e la mancata datazione delle stesse, che ne impedisce la correlazione. La morte per annegamento riferita all’ ubriachezza inoltre, è una causa fattiva di morte di giovani individui, totalmente slegata dalla teoria. Che, bisogna dirlo, non ha portato all’arresto di nessun sospettato. Sui social rimane comunque viva, diventando quasi un creepypasta molto affascinante, soprattutto per gli amanti dell’horror e del crime.

Un’ultima considerazione. Secondo Gannon, Duarte e Gilbertson, le vittime sarebbero più di 350. Un numero di tutto rispetto, che lascia parecchi dubbi.

E voi cosa ne pensate?

Sonia Filippi