Straboccando di avventure

Parlando con Gerardo Russo si comprende subito cosa voglia dire la frase “il viaggio apre la mente”. Con il suo libro “Straboccando di avventure” entra ufficialmente a far parte della famiglia Placebook Publishing & Writer Agency. Russo, classe 1991, è un giovane campano che ha cambiato spesso casa e lavoro. Questo gli ha permesso di avere una esperienza davvero unica che porta anche nella sua quotianità fatta di molte passioni, dalla scrittura al teatro, dai viaggi fino alla musica. Ha vissuto, oltre che in Italia, in Grecia, a Malta, in Belgio e in Senegal. Attualmente scrive articoli per il web. Con lui abbiamo fatto una breve chiacchierata che vogliamo proporre ai lettori.

Che significato ha per te il viaggio?

Il viaggio per me è l’equilibrio perfetto. L’unica attività in cui non serve chiedersi quale sia la propria strada, il proprio lavoro o la propria passione. Tutto sembra così chiaro e semplice nella propensione a muovere il prossimo passo. Quando mi muovo incontro cose, storie e persone. Si potrebbe dire che tutto mi arriva addosso, come il vento, e non c’è più bisogno di pensare ma solo di lasciarmi assalire dall’immensità del mondo che mi circonda. Non percepisco dubbi e incertezze, ma solo sogni e progetti, a volte da realizzare anche nei prossimi minuti. Tutto sembra più facile quando poi si è già in corsa. A volte il difficile è fermarsi o ripartire dopo una lunga pausa.

E le proprie radici?

Le radici rimangono, nel bene e nel male, il modo di declinare il mondo che ci portiamo sempre dietro. Credo che ci sia un inevitabile scontro culturale ogni qualvolta ci approcciamo a qualcosa di lontano, ma ciò non è necessariamente un aspetto negativo. Dalla fusione di idee e culture nascono spesso nuove tradizioni, storie e a volte anche parole. Se guardo alla storia della mia terra, la Campania, non posso non notare le tante contaminazioni internazionali che ha ricevuto nei secoli. Le mie radici me le porto dietro e mi aiutano a avere un punto di vista solo mio su tutto ciò che incontro nel viaggio, ed è bellissimo scoprire qualcosa che ti ricorda a casa a migliaia di chilometri di distanza. Mi è successo scoprendo un palazzo ministeriale nella piazza di Tirana con la stessa e identica architettura della scuola elementare, ora abbandonata, che ho frequentato da bambino.

Come hai scelto il titolo del tuo libro?

Cercavo qualcosa che desse l’idea di una necessità di viaggiare, di vivere avventure, talmente forte da non poter essere mai appagata abbastanza, come una dipendenza. Mi frullava in testa un contenitore che doveva essere riempito continuamente, ma non riuscivo a configurare esattamente l’immagine. Così improvvisamente pensai a un bicchiere, talmente colmo e instabile da non riuscire a mantenere integro il suo contenuto. Nello straboccare c’è il rischio insito in ogni nuovo viaggio, quello di aver subito bisogno di un nuovo viaggio e la paura sottesa di lasciar cadere e dimenticare le avventure già vissute, per la voglia di rincorrerne altre.

E perchè hai voluto scriverlo?

Non avevo l’idea di scrivere un libro, era una cosa a cui pensavo più da giovanissimo ma poi non c’era mai stata la volontà da adulto di impegnarsi in tal senso. Direi che c’è stata invece l’idea di non dimenticare tutte quello ciò che avevo vissuto viaggiando. Ho iniziato pubblicando alcune cose online, facendole circolare tra persone che in un modo o nell’altro avevano condiviso con me delle esperienze di viaggio. Quasi naturalmente ho poi continuato a scrivere, andando a ritroso in tutti i viaggi importanti della mia vita, notando che potevo collegare ogni destinazione a una grande impresa avventurosa, come una sorta di “morale della favola”. Erano venute fuori un bel po’ di pagine e così ho pensato che sarebbe stato carino raccoglierle in un libro, quasi come un omaggio al me più giovane che tanto si era impegnato nel girovagare qua e là.

Parlaci di te, chi è Gerardo Russo?

Sono una persona che ama viaggiare, informarsi e conoscere, organizzata nell’approccio ma disorganizzata nel modo di provare di emozioni. A volte posso essere anche molto pigro ed è proprio questa paura a volte che mi spinge a ripartire subito.

Questa è la tua prima esperienza editoriale, ce la racconti?

Non avevo grosse aspettative, pensando alla miriade di aspiranti scrittori che ogni anno scrivono libri. Ho mandato mail a diversi editori, giusto per avere un parere e ho provato anche a lanciare un crowdfunding. Quasi a sorpresa, quando neanche ci pensavo più, è venuta fuori una proposta che ha dato fiducia al testo. Ho vissuto tutto intimamente fino al giorno della pubblicazione ed è stato bellissimo ordinare le prime copie del mio libro online e andarle a ritirare in bicicletta in edicola dopo pochi giorni.

Hai abitato in diversi paesi, c’è un luogo che ti è rimasto nel cuore?

Sicuramente il luogo a cui sono più legato è il Senegal, un posto totalmente diverso dai luoghi in cui avevo sempre vissuto. Ha rovesciato qualsiasi schema avessi in testa, creandone di nuovi e rompendo anche quelli. Lì ho capito che ogni singolo momento della giornata può essere una grande scoperta, se guardato dal punto di vista di uno straniero. Anzi, più che da straniero, direi che è stato come vivere un’altra infanzia, abituandomi un po’ alla volta a un mondo totalmente nuovo, con la sua lingua e le sue regole. Direi che il ricordo che ho del Senegal è nostalgico come ricordare l’infanzia.

Tu scrivi anche articoli per il web, è diverso dallo scrivere un libro?

Per me non particolarmente, in quanto ho iniziato scrivendo per il web. Inizialmente scrivevo tanto di musica, articoli di approfondimento sui significati delle canzoni o sugli artisti emergenti. Scrivendo per un blog di viaggi sono nati poi i primi racconti di Straboccando di avventure. Oggi scrivo molto nelle didascalie delle foto pubblicate su Instagram. Mi sembra un ottimo metodo di scrittura quello di commentare una foto con poche righe, descrivendo le sensazioni che un’immagine riesce a dare. Direi quindi che sono più incline allo scrivere per il web e forse non ho ancora capito come si scrive un libro. D’altro canto il web forse sta dimenticando la scrittura, consegnandosi totalmente al potere dei video e delle grafiche accattivanti, quindi mi sa che avrò vita breve.

Fai anche l’attore amatoriale, di tutte queste tue passioni quale preferisci?

Non vedo una grande distanza tra la recitazione e la scrittura. Lo stesso vale per la passione del viaggio. La recitazione può nascere interpretando un testo e l’attore può essere anche autore. Nel mio caso poi è stato viaggiando che ho trovato l’ispirazione per scrivere e mi piacerebbe un giorno poter trasformare tutto questo in una simpatica opera teatrale. Che cos’è poi un attore se non un viaggiatore che si sposta da una storia all’altra? A volte ci creiamo da soli dei percorsi e delle strade da seguire ben definite, ma nella testa è tutto fluido e contaminato. Credo di avere un’unica grande passione che comprende il teatro, la musica, la scrittura, il viaggio e tante altre cose a cui ancora non so dare un nome. Da poco per esempio ho scoperto l’arrampicata sportiva, una disciplina di cui avevo sempre ignorato l’esistenza.

Progetti letterari futuri?

Sto scrivendo da un po’ dei racconti brevi ambientati in Campania, ognuno dedicato a un sito o una città in particolare. Direi che mi piacerebbe realizzare una sorta di guida turistica regionale, dove però tutto quello che c’è dentro è un po’ ispirato alla storia, alla cultura o all’ambiente, e un po’ è inventato da me. Un modo anche per diffondere nuove modalità di viaggio, più responsabili, promuovendo posti stupendi ancora poco conosciuti e raccontando storie che aumentino la consapevolezza di un viaggiatore sui luoghi che sta visitando.

Bianca Folino