“Le colonne dell’Ade” questo è il titolo dell’ultimo libro di Adriana Antoci che da ormai diverso tempo fa parte della famiglia della Placebook Publishing & Writer Agency. Da sempre coltiva il suo amore per la scrittura e la lettura, oltre agli hobbies più manuali come il ricamo e l’uncinetto, ma anche l’amore per la sua terra: la Sicilia. Ed è proprio questa terra che ricorre spesso come paesaggio di sottofondo delle sue storie. Al suo attivo ha due romanzi e due gialli della serie “Città in giallo”. L’abbiamo intervistata per i lettori di Kukaos.
Raccontaci qualcosa di te, chi è Adriana Antoci?
64 anni quasi compiuti, un lavoro a Ragusa, una casa piena di libri e animali, una figlia, tanti progetti. Mi piace scrivere, inventare, creare personaggi, farli muovere su un palcoscenico immaginario. Voglia di creare qualcosa, storie di persone e sentimenti.
Al tuo attivo hai due romanzi e tre gialli, in queli di questi libri ti ritrovi maggiormente?
Forse ne “Le colonne dell’Ade”
Com’è stato scrivere con tua figlia Giulia i gialli Placebook?
Divertente e non solo. Costruttivo. Da due idee è venuta fuori una stesura omogenea, consequenziale, congruente. Giulia mi ha aiutato nella scrittura compatta e veloce, quasi da sceneggiatura e ha utilizzato la sua profonda conoscenza di divoratrice accanita di gialli per creare la struttura. Esperienza che mi piacerebbe rifare.
Nei tuoi testi c’è sempre una verità da svelare, un velo da togliere alle apparenze, quanto questa visione corrisponde alla tua visione del mondo?
Moltissimo. Avvenimenti del passato si riverberano sempre nel presente, le conseguenze di un’azione buona o malvagia si rivelano a volte dopo anni.
In “Mi chiamava con un fischio” fai parlare le gargolle, come ti è venuta questa idea?
Le gargolle profetizzano, cioè “parlano per”. Espediente letterario per riferire la vox populi di un paese dove tutti dicono di sapere e nessuno sa veramente. In altri libri questa azione è stata demandata ad un personaggio, una lavandaia o una cameriera. L’idea dei mostri di pietra, così impassibili e crudeli, mi è venuta guardando mia figlia piangere e disperarsi per la milionesima volta davanti all’amore impossibile di Quasimodo per Esmeralda nel cartoon della Disney “Il gobbo di Notre Dame”. Le gargolle rappresentano la cattiveria che così tanta devastazione può portare tra i rapporti e le relazioni umane.
A tuo giudizio la storia di un paese è sempre corale?
Nei paesi piccoli dove ambiento i miei racconti, credo di sì. Si conoscono tutti, sono per la maggior parte imparentati tra di loro, come accade ad esempio nei gialli, hanno vite vissute in comune tra piazza, chiesa, bar e mercato. Si vive di altri e per gli altri.
Quanto sono importanti i paesaggi per te, quelli della tua Sicilia?
Fondamentali. L’esasperazione dei colori e delle stagioni, per usare parole non mie, riesce a creare il pabulum indispensabile per quello che scrivo. La varietà dei panorami, dal mare alla montagna, la commistione di stili e la stratificazione storica come quella che è accaduta nei secoli nella mia terra è volano per la fantasia, unico elemento per scrivere.
Paesaggi, odori e sapori, sono in un certo senso rievocativi?
Assolutamente sì. Dalle madeleinettes proustiane passando per i profumi della mia infanzia a Venetico, fino alla fioritura delle zagare o al profumo strardinario dell’olio appena spremuto, tutto concorre a far ricordare; e ogni ricordo si porta dietro la nostalgia.
Rispondono all’esigenza dei paesaggi dell’anima?
Sì. Dico sempre che scrivo ricordando il mio posto dell’anima, cioè Venetico, paese in provincia di Messina, luogo di nascita di mia madre, dove ho trascorso estati indimenticabili e dove conservo ancora le amicizie più sincere.
Progetti futuri?
Vorrei riprendere a scrivere con Giulia e continuare insieme i racconti gialli. Ho un’idea, una storia di famiglia, come quasi sempre nei miei racconti, legata ad avvenimenti storici realmente accaduti nella mia terra.
Bianca Folino