Voce e volto

Ha scelto uno pseudonimo perché non ama il proprio nome e pur essendo nato a Pesaro, vive a Roma dove ha studiato teatro e doppiaggio. E’ Maury Incen, già noto alla Placebook Publishing & Writer Agency per il suo libro “Caro e stinto”. Da poche settimane è uscito il suo secondo libro, sempre edito dalla Placebook, intitolato “Voce e volto”. Incen è giovane ma ha già al suo attivo molto studio e diverse esperienze in campo teatrale, di doppiaggio e nel mondo radiofonico. Proponiamo ai lettori di Kukaos la sua intervista.

Raccontaci qualcosa di te, chi è Maury Incen?

Direi che è un curioso individuo che si diverte a cercare storie da raccontare e che fondamentalmente non ha mai accettato la realtà per quella che è, preferendo inventarsela. Abbandonando la terza persona, sono un quasi-trentacinquenne nato a Pesaro e sbarcato a Roma subito dopo la maturità per cercare di inseguire il mio sogno di diventare attore.

Perchè hai scelto uno pseudonimo?

Perché ho sempre trovato il mio vero nome (Maurizio Della Michelina) dal suono terribilmente sgraziato. E poi, quand’ero piccolo, mi immaginavo attore in un film hollywoodiano: si poteva mai sentire uno speaker di un trailer pronunciare MAURIZIO DELLA MICHELINA con tono enfatico senza rischiare di farlo sembrare ridicolo? No, no, meglio cambiarlo. Ho preso ispirazione dal calciatore interista Paul Ince (qualcuno penso se lo ricordi ancora), quando ancora avevo un briciolo di interesse calcistico.

Come hai scelto il titolo del tuo libro?

Mi piacciono molto i giochi di parole, come per esempio lo era “Caro e Stinto”, il titolo del mio primo romanzo. In questo caso ne ho usato uno con un’allitterazione, che mi sembrava ugualmente interessante. E poi io sono per i titoli sintetici, che restituiscano in poche parole il concetto della storia.

Tu conosci in prima persona il mondo del quale parli in questo libro, perchè hai studiato e ti sei occupato di doppiaggio, come il protagonista, hai voluto raccontare la tua vita o solo quel mondo?

A dire la verità in questo romanzo il doppiaggio fa un po’ da cornice alla vicenda umana ed emotiva del protagonista. Ho però voluto usarlo perché appunto, essendo un mondo che conosco avrei potuto essere più accurato. Di mio invece ho messo molte delle vicende “collaterali” che capitano al mio Gabriele, e anzi, dirò di più… alcune cose sono realmente accadute, anche quelle che vi sembreranno più assurde.

Perchè lo trovi interessante?

Il doppiaggio è un’arte, soprattutto in Italia. Non trovo giusto che nonostante sia sotto gli occhi (o meglio le orecchie) di tutti, in realtà se ne sappia veramente poco. Certo, adesso col web la situazione è migliorata, ma quando ero piccolo io (negli anni 90) interessarsi al doppiaggio era una cosa veramente nerd, non era facile trovare informazioni e nei titoli di coda di film e serie non sempre erano presenti i nomi di attori, dialoghisti e direttori…

Tu conosci anche il mondo teatrale, qui ti trovi meglio nei panni dell’attore o dell’insegnante? Sicuramente dell’attore, perché principalmente io sono e resto quello. Insegnare mi piace, certo, anche se cerco di essere rispettoso verso questo concetto. Cioè, io ho avuto veramente dei grandi insegnanti di teatro, e non mi sento minimamente paragonabile a loro. Mi piace più pensare di condividere la mia esperienza con chi ha voglia di giocare insieme a me.

Tra doppiaggio, teatro e radio cosa preferisci?

Il teatro senza dubbio. Quando ero piccolo pensavo di voler fare cinema ma poi… mi sono reso conto che la carica e il piacere che dà salire sul palco ogni sera davanti alla gente non è minimamente replicabile su un set. Il doppiaggio mi piace molto lo stesso, mi affascina l’uso della voce che poi ho ritrovato ovviamente anche in radio, mondo meraviglioso al quale mi sono affacciato per la prima volta da poco in effetti, ma che sento lo stesso appartenermi molto.

Questo non è il tuo primo libro, dove trovi l’ispirazione per le tue storie?

Non sono un grande fautore dell’ispirazione, penso che le storie vadano cercate, inseguite e catturate. Certo, esistono la creatività e l’immaginazione, ma io credo più nel lavoro a tavolino che mi porta quindi a torturarmi anche per mesi su un’idea e sulla sua gestazione. Poi ho un mio ambito di interesse, chiaro. Nel mio caso è la natura buffa e profondamente contradditoria dell’essere umano, noto che è un legame che attraversa diverse mie storie, anche quelle teatrali.

Ti piace raccontare la vita di tutti I giorni o quasi…

Sì, diciamo la straordinaria banalità (e comicità) del quotidiano. I miei protagonisti sono quasi sempre personaggi pieni di difetti che hanno il loro riscatto a portata di mano, ma con tutte le loro paure hanno sempre paura ad afferrarlo. Io cerco di esortarli a fare il salto, per così dire…

Progetti futuri?

Ottimi e abbondanti! Intanto ho lanciato da poco un podcast su Spreaker e Spotify chiamato “FLOPCAST”, nel quale recensisco umoristicamente film brutti, poi c’è una nuova commedia che ho scritto e che sto provando con la mia compagnia di Roma e poi… c’è la prossima storia da inseguire!

Bianca Folino