Codex Gigas: il manoscritto del diavolo

Il Codex Gigas è il più grande manoscritto medioevale esistente al mondo, si tratta di un’opera unica nel suo genere non soltanto per le dimensioni, ma anche per il mistero inquietante che lo avvolge. Questo “volumetto” vanta un’altezza di 92 centimetri, una larghezza di 50 e un peso di 75 chilogrammi. In origine possedeva almeno 320 pagine, alcune delle quali sono state perdute nel corso dei secoli. La composizione del codice si colloca nei primi anni del XIII secolo, e sembra sia stata terminata nel 1229, dopo 20, 30 anni di lavoro da parte dell’ autore. Il manoscritto si contraddistingue anche per la sua bellezza, la copertina è in legno ricoperto di pelle e i fogli sono decorati con straordinarie miniature. Il testo su ogni lato del foglio è disposto in due colonne. L’opera contiene una trascrizione integrale della Bibbia, una Storia della Boemia, molteplici scritti di storia, filosofia ed etimologia, un calendario con una lista di santi, la Etimologiae di Isidoro Siviglia, un elenco con nomi di monaci, due lavori di natura storica di Giuseppe Flavio, alcune formule magiche, alcuni alfabeti come il cirillico, il greco e l’ ebraico, oltre alla Regola di San Benedetto da Norcia (l’ ora et labora per intenderci). Circa l’identità dello scrittore non abbiamo certezza assoluta. Molto probabilmente fu un uomo di chiesa dell’allora regno di Boemia, in quanto all’epoca il tasso di alfabetizzazione della popolazione era bassissimo ed era appannaggio dei ricchi, degli ecclesiastici, dei nobili. L’opera inoltre, è scritta in latino. Secondo l’ipotesi più accreditata, l’autore sarebbe Herman il Recluso, un monaco del monastero benedettino di Podlazice.

A tale monaco è legato un oscuro racconto. Secondo la leggenda, Herman il Recluso sarebbe stato condannato a essere murato vivo, per aver disatteso i voti monastici. Il giorno prima dell’esecuzione della condanna, il monaco avrebbe fatto una proposta ai suoi carnefici: se nell’arco della notte fosse stato in grado di realizzare un’opera meravigliosa che celebrasse il monastero, sarebbe stato liberato. Tuttavia, Herman si rese conto subito dell’impossibilità della realizzazione, e per questo motivo avrebbe chiesto aiuto a Lucifero. Il diavolo si sarebbe manifestato concedendogli il suo soccorso, in cambio dell’anima. Perciò sarebbe stato lo stesso Lucifero a comporre l’opera sotto lo sguardo del monaco, che fu liberato il giorno successivo. Questo racconto si lega anche a un dettaglio segnalato dai filologi: l’uniformità calligrafica dell’ opera, che si presenta dall’inizio alla fine, non mostrando cambiamenti nella grafia dovuti all’invecchiamento dell’esecutore. Questa leggenda ha fatto sì che il Codex Gigas fosse ribattezzato la Bibbia del Diavolo che è presente davvero nell’opera. Infatti, a pagina 290 si trova un’ immagine di Lucifero di circa 50 centimetri. Un segno di gratitudine del monaco nei confronti del suo salvatore, o un autoritratto dell’effettivo esecutore?

Leggenda a parte, l’immagine del diavolo è affiancata, nella pagina precedente, da un’immagine della Città di Dio, quindi forse l’obiettivo dell’autore era semplicemente quello di rappresentare il bene e il male, uno a fianco all’ altro. Per quanto riguarda l’uniformità grafica, con buona probabilità l’opera è stata realizzata da un solo autore certamente, ma in meno di vent’anni. Inoltre il termine “Inclusus” associato a Herman si riferisce, non come l’essere murato vivo, ma come la scelta di reclusione in un monastero per dedicarsi alla preghiera e alla composizione dell’opera. Il manoscritto è conservato a Stoccolma presso la Biblioteca nazionale di Svezia. Un’opera sicuramente affascinante su cui aleggia il misterioso incontro tra il monaco e il suo diabolico aiutante, la cui sinistra rappresentazione nel testo, ne accresce ulteriormente il fascino, e insinua ulteriori dubbi.

Sonia Filippi